Archive for ottobre, 2006

La luce della notte di Kaunas


30 Ott
Questa sera non ho ancora abbassato le tende, e dall’alto del mio settimo piano si vede una buona fetta di città.

Da qualche parte, e non so perchè, sale la voglia di spegnere il computer e ripartire, andare a vedere cosa c’è dietro quelle luci che si perdono laggiù in fondo, sicuro di trovare qualcosa anche se non dovessi trovare niente: solo la possibilità di vedere qualcosa di nuovo, che oggi è a portata di mano e domani chissà, avrebbe la forza di far scattare la molla.

E’ il motivo principale che mi ha portato qua, a volere a tutti i costi l’Erasmus il prima possibile e a scegliere questa base strategica per poterlo vivere sempre con lo zaino in spalla, consapevole del fatto che ogni direzione prenda il primo autobus disponibile sarà un posto da vedere.

Klaipeda, Riga, Vilnius non hanno fatto altro che farmi salire l’appetito, la voglia di posare i miei piedi su tantissime altre terre che tanto comunque non potrò mai assimilare pienamente, ma con un bombardamento costante di emozioni riuscirò comunque a farmi una mia personalissima cartolina mentale di ogni posto, che rimarrà dentro di me per sempre. Mio.

Non è un modo alternativo per dire che Kaunas mi sta stretta, che il solito demone che si è insediato dentro di me da un po’ di tempo mi porta ad essere in qualche modo fuggitivo sempre. Da che cosa, poi, non lo saprei nemmeno dire. I legami sociali che mi incollano alla sedia sono invece un’entità concreta, e si materializzano sottoforma di impegni universitari, di bisogno umano di identificare un qualcosa come la propria Casa, di stupenda cornice di persone che mi circonda in questo nido.

E poi c’è la necessità, necessità fisica, di rifiatare ogni tanto, lavare i vestiti e aspettare che si asciughino, togliere da sotto gli occhi per un attimo lo zaino e quando le pile sono cariche riempirlo di corsa e ripartire. E la necessità mentale di sentire l’impulso del ripartire, per evitare di sentire come un qualche impegno da assolvere una delle cose più naturali e primitive che si possano fare. Camminare.

Ho spostato lo sguardo, poco più in basso della finestra c’è un libro. L’unico libro che mi sono portato dall’Italia (finchè Alessandro non verrà a riprenderselo). Un indovino mi disse, di Tiziano Terzani. Per qualcuno un semplice libro, per qualcuno un insieme di sogni per i momenti di svago tra cumuli di stress, per qualcuno la Bibbia.

Per me, la forza che fa scattare la molla.

Quattro giorni a Vilnius


29 Ott
Se ne torna a casa, dopo dieci giorni, Marco, e arriva il freddo. Una vendetta pungente in tutti i sensi, quella del destino, questa volta: ho passato gli ultimi giorni a fare il furbo e a sottolineare come mi restino ancora un buon numero di giorni da passare qua ogni volta che lui allontanava dalla mente il momento del ritorno, e così se ne va lasciandomi nel freddo e nei primissimi accenni di neve. Logico.
Sarà con il freddo che tornerò le prossime volte a Vilnius. Una città che mi ha stregato, mi ha preso nell’inconscio con una forza troppo potente per sfuggire. Ma non avrebbe neanche senso cercare di sfuggire a questa piccola capitale degna di appartenere a quell’Europa che ha tanto cercato, e che ormai si materializza nelle sue strade, sotto ogni aspetto. Una città elegante, moderna e antica allo stesso tempo, ricca di chiese e pregatori vari di ogni religione, altrettanto ricca di culture e di popolazioni differenti. Soprattutto, ricca di cultura.
Un’impressione potente ti assale mentre cammini per le strade di Vilnius: si ha la sensazione di essere in una città dove non esistono avvocati ingenieri o mercanti, ma solo musicisti pittori e attori. Solo un’impressione ovviamente, che se ne sta racchiusa tra le vie della Vecchia Città, la nuova Vilnius ovviamente ti riporta alla realtà. Un’impressione dovuta magari ai pittori che espongono i loro quadri in ogni angolo, o ai mille musicisti che si spostano dai conservatori ai locali di live music. Impressione generata forse anche dalle troupes cinematografiche impegnate a girare un film in un’elegante casa del centro, in una delle tante zone protette dall’Unesco.
In più, il gioiellino di Trakai, un insieme di laghi vari coronati dal castello e dal suo museo che ne fanno una classica meta d’obbligo per tutti i turisti. Proprio a Trakai scende il tramonto.

Poi arriva la notte, con la sua solita metamorfosi. Che cambia la faccia alla città, cambia le faccie delle persone, ma soprattutto cambia il codice mentale con cui cerco di interpretare il mondo. Vilnius diventa ancora più bella, la sua magia si sposta dalle strade ai locali, la colonna sonora non è più solo musica classica ma un mix di tutto, non solo in senso positivo ovviamente. Arriva il solito cumulo di incontri, conoscenze e storie assurde, ma questa non è solo più storia esclusiva di Vilnius ma caratteristica essenziale di tutte queste zone.

Tornerò presto a Vilnius, anche se non ci sarà più Marco con me. Solo un motivo in più per altre conoscenze.

Persone


25 Ott
Sono la materia prima di una vita. Il motivo per cui vale la pena esistere, confrontarsi, agire. L’essenza dell’apparire su questo mondo, in una continua condivisione di ogni materia con qualcuno che da qualche parte ci sarà sempre. Massa indistinta, semplice contorno, ma anche prerogativa di vita, ancore di sopravvivenza.

Possono apparire sottoforma di gente, di esseri umani, di esistenze, di legami e di tutto, ma non possono non apparire, semplicemente perchè cancellarli vorrebbe dire cancellare sè stesso, annullare il motivo stesso per cui si è in questo mondo.

Ogni volto può apparire anonimo, uno fra tanti e nessuno un attimo dopo, ma può bastare un minuto per fissarlo su un piedistallo, protagonista attivo nel bagaglio forse infinito di ricchezza che si accumula nel corso degli anni.

Questi sono giorni all’insegna di conoscenze, sensazioni, sentimenti. E solo gli esseri umani possono essere in grado di regalare tutto questo…sono giorni in cui non si ha tempo di tirare le somme, perchè l’elenco infinito deve essere aggiornato continuamente. Senza permettere a qualcuno di fuggire, nemmeno se lo vuole, da un posto che ormai ha conquistato e non può più lasciare.

Ho conosciuto persone intriganti in questi ultimi giorni. Solo le ultime di una lunga serie, che non deve accennare a diminuire mai per me, come per chi crede nei normali rapporti umani più che in qualsiasi altra cosa. Persone che forse è possibile conoscere solo qua, e per quanon intendo solo il posto ma la combinazione fatale di ambiente, situazione e mentalità. Persone di ogni tipo e con ogni storia, che si sono avvicinate a me per mille motivi diversi e con cui ho cercato di condividere tutto per gli stessi motivi. Soprattutto, ho conosciuto meglio persone che subito erano solo volti, e solo con il tempo sono diventati parte di me, stanno entrando in quella specie di posto che da qualche parte in un essere umano c’è di sicuro e che mi seguirà in ogni posto. Mi viene in mente Paolo, che da domani se ne andrà dalla mia stanza ma solo in senso strettamente letterale…

Persone che arrivano, che si impossessano di me mentre io mi impossesso di loro, che mi intrigano per una notte e forse nello stesso momento mi intrigheranno per sempre, persone che portano insieme storie troppo lunghe da raccontare, che qualche volta mi fanno anche incazzare, che non cercano la presunzione di spiegare a qualcosa di concreto come una tastiera o di intangibile come inverificabili presenze lontane quello che vorrebbero dire…E persone che riappaiono nella vita senza essere scomparse mai, riportando a galla in un solo secondo milioni di attimi passati insieme, come in questi giorni sta facendo Marco. Purtroppo anche persone che vorrebbero cancellarmi ( ma che io non vorrei cancellare mai), in nome di una condizione migliore che difficilmente arriverà cercando di raschiare via dalla pelle sempre troppo viva masse di ricordi incancellabili…

Grazie a chi resiste dentro di me, a chi in qualche modo mi racchiude a sua volta, a chi conosco da sempre e in qualche modo non ho conosciuto fino in fondo mai, grazie a chi non conosco per davvero ma si fa sentire vivo attraverso una connessione Adsl. Grazie a chi mi regala momenti esaltanti e diabolici tormenti. E soprattutto grazie a chi mi pensa tutti i giorni anche solo un minuto quando legge queste pagine virtuali, non sta facendo altro che la stessa cosa di chi le scrive.

P.s. Tra poche ore altro Trip: partirò per Vilnius, ultimi 4 giorni con l’esule ciclista in terra di pianure. La possibilità di mantenere i contatti col mondo è direttamente proporzionale ai minuti liberi che avrò per accedere a un computer.

Riga Mon Amour?


24 Ott
Un posto già visto, da qualche altra parte, forse solo nell’immaginazione. Una città che è tale a tutti gli effetti, degna fotografia di quello che i Paesi Baltici stanno diventando e diventeranno. Riga non è più quel posto lontano, sconosciuto, che poteva essere fino a qualche anno fa. Cinque minuti di centro storico lo testimoniano.

La frontiera tra Lituania e Lettonia, che serve solo più per dar lavoro a qualche poliziotto e a far perdere sane mezzore, non riesce ad interrompere la continuità di paesaggio che sale dal finestrino. L’immensa pianura che ormai mi ha imprigionato (dove sono le mie montagne?) non accenna a cambiare; sono sicuro che potrei non scendere dall’autobus per centinaia di kilometri ancora e sapere cosa aspettarmi. Di colpo, poi, nel tramonto, arriva Riga. Con i suoi ponti, con le sue mille chiese, con i suoi ormai centomila locali notturni pronti a rapirti.

La stazione degli autobus, enorme, è vicina a uno di quei mercati di periferia specializzati nel vendere praticamente tutto, anche mazzi di fiori raccolti da qualche giardino qualche minuto prima.

La città vecchia, è la Riga che tutti vanno a cercare. Strutturalmente bellissima, tipica città del nord tirata su a pietre e legno che la rendono magica. Festival di turismo, di locali di ogni tipo, di studenti e di internazionalità che si respira in ogni angolo, anche in un weekend di metà ottobre. Soprattutto nella notte, quando ogni città diventa uguale a tutte le altre a seconda degli occhi che la guardano, lo spirito del divertimento ti avvolge in un secondo: passano pochi minuti e credi di essere a Siviglia o Granada, nel pieno della movida spagnola, solo con ben altri panorami…

Più di una volta, però, ti chiedi se non sia giunto il momento di cambiare cittadinanza, almeno per una sera, e smettere di essere italiano…okay non è facile far finta di essere qualcun altro con Marco che parla solo italiano e piemontese, però la speranza di una via di fuga è sempre lì, sospesa tra mille miei coetanei che si avvicinano ogni dieci metri con un cartoncino diverso, a pubblicizzare l’ennesimo Strip Tease o paradiso vario…sempre parlando un perfetto italiano. Non siamo più nella Genova di De Andrè, o forse semplicemente non siamo De Andrè, e dopo un po’ la voglia di smettere di camminare è sempre più grande. A un certo punto appare addirittura la pubblicità di una discoteca dove è possibile provare l’esperienza di una prigione sovietica. Meglio fermarsi davanti a una birra o un Vana Tallin, a discutere di quanti danni abbia ormai combinato irreversibilmente nei posti più belli del pianeta una determinata e nutrita categoria di connazionali d.o.c., esportatori delle migliori qualità italiche negli altri lidi… forse a un certo punto ho anche iniziato a ridere da solo, pensando a fiumi di polemiche lette in internet sulla Lituania: forse il miglior modo di salvaguardare ancora per un po’ di tempo questo posto è proprio dire a tutti che qua fa schifo…!

Tutto il resto, è stato un insieme di cose assurde ormai normali, come i jolly che ormai escono abitualmente dagli Ostelli della Gioventù, come una discoteca vissuta fino alle 8.04 del mattino, come l’incontro con un “romano atipico” uguale a noi e quello con un Viaggiatore professionista, 5 anni in giro per il mondo senza aver più visto di persona la sua famiglia in Australia e altri 5 ancora da vivere viaggiando, per dire davvero di aver vissuto.

Riga Mon Amour


21 Ott

Un racconto anonimo del Quattrocento narra che ogni notte, dal fondo del fiume Daugava che attraversa Riga, emerge uno spirito che chiede se la costruzione della citta’ e’ terminata. Immancabilmente l’interrogato risponde di no, perche’ ognuno sa che, secondo la leggenda, quando Riga sara’ finita, sprofondera’ nel fiume….

Dopo aver sentito questo racconto, e’ inevitabile che io sia partito alla volta della capitale lettone per cercare lo spirito. Fino ad adesso non l’ho trovato, ma le sorprese non sono mancate…
Ci sara’ tempo per ripensare a tutto nel mio nido di Kaunas, questo ostello della Gioventu’ mi distrae troppo adesso. A lunedi!

Strana giornata


18 Ott
Strana giornata questa. Fatta di sole ma di freddo. Di vento e di silenzio. Svuotata da impegni, riempita di nulla. Passata soprattutto tra quattro mura, eppure sono riuscito ad essere in troppi posti comunque, da seduto. Una giornata libera, un po’ malinconica, ma dopotutto è autunno in tutti i sensi. Anche il computer l’ha capito, e va a cercare da solo nel mio Catalogo Multimediale colonne sonore adeguate. Mi aiuta a cercare di non-capire, lo stronzo, e adesso mi colora il cielo di Nothingness
Giornata passata ad inseguire persone che non mi possono, non mi devono scappare, non mi scapperanno perchè le funi forgiate dal tempo sono ormai di acciaio pesante e non si possono più tagliare. E giornata passata sotto lo squarcio di pesanti passi lasciati da persone che con prepotenza mi entrano nella vita. Strana giornata, quando è difficile prima di tutto capire cosa è strano e cosa è normale, prima ancora di chiedermi quale delle due opzioni è la migliore…
Strana giornata, perchè il demone che da qualche parte oggi si è insediato dentro di me prende per ogni scelta due direzioni diverse, ed andrò a dormire lacerato in due parti che probabilmente domani si ritroveranno unite. Strana giornata, passata a prepararsi all’arrivo del primo Cataclisma italico che entrerà da visitatore esterno nella mia nuova vita.
Strana giornata, che probabilmente tra poco finirà, o che forse non finirà mai.

Giornata che, per fortuna o purtroppo, è stata anche di cose concrete. Ecco il video creato da Paux l’altro giorno. Finalmente su youtube! E’ youtube che però non vuole venire sul mio blog…!

Vacanze in Patathouse

L’esercito delle forchette


17 Ott
Ieri sera solo nella notte, mi sono spostato da un locale ad un altro e poi da li’ a casa. Passeggiando tra cumuli di foglie ormai ingiallite e vita che dorme, mi sono accorto di non essere poi così solo tra le strade. Ogni minuto ne incontravo qualcuno, forse perche’ alla fine facevo caso solo a loro, forse perche’ e’ difficile non vederli, probabilmente perche’ quando la citta’ va a dormire i gatti randagi sono loro.
Li conoscevo gia’ prima di arrivare a Kaunas. Mi hanno messo in guardia tutti, appena sono arrivato, nei “giorni di assestamento”. Me li hanno descritti in ogni modo possibile, e forse alla fine la realta’ rappresenta efficacemente tutte le definizioni fantastiche che ho sentito su di loro. I lituani stessi ne parlano ridendo, a testimonianza del fatto che non sono solo un’immagine proiettata da occhi forestieri abituati ad altri campionari di espressioni ma esistono davvero, minoranza massiccia del popolo lituano. Mi dice una ragazza che c’e’ un comico, a Vilnius, che e’ diventato famoso proprio imitando queste caricature di se’ stessi.

Sono i Forsas, termine che vuol dire qualcosa come forzuto, ma nell’accezione totale del termine, cioè anche non proprio intelligente. Ragazzi o uomini lituani, ma lituani della “vecchia generazione”, quella figlia del sovietismo e dei primi barlumi di follia consumistica seguiti subito dopo Berlino. Alti sempre troppo piu’ di te, sono anche grossi troppo piu’ di te, e quando arrivano li senti sempre. Vestiti con l’ultimo grido dei cataloghi dei kitsch, fanno del capello rigorosamente cortissimo uno dei capisaldi della loro dottrina. Scendono da macchine niente male…negli anni ’90, ma che dopo l’ultimo incidente in Francia sono arrivate a Kaunas, per essere dotate dai meccanici di Fast and Furious della marmitta piu’ casinara o da impianti audio pensati probabilmente per discohouse.

Si muovono sempre in gruppi di almeno 3 o 4 persone, solo in quei momenti riescono a essere dei veri Forsas, quando sono da soli neanche li vedi perchè si mischiano alla gente. Ultimo accessorio indispensabile e rigorosamente presente, la bottiglia di birra in una mano, che finirà il suo corso schiantata contro qualche muro, a volte contro qualche vetro, quasi sempre contro l’asfalto.

E’ difficile conoscere l’aspirazione di un vero Forsas, mi piacerebbe un giorno parlare con uno di loro per capire se veramente è così bello cercare un pretesto per fare a botte sempre, e finire magari sanguinanti contro un muro perchè un altro gruppo è stato più forte. O mi piacerebbe capire il senso di scagliarsi contro qualcuno, anche solo verbalmente, solo quando la matematica ti dà la proporzione costante di tanti contro pochi. Magari, potrei anche chiedergli se è stato uno di loro a regalare due colpi di pistola in testa a uno, sabato notte, esattamente davanti al disco-bronx che c’è nel piano terra del mio dormitorio…

Ormai l’esercito dei Forsas è sempre più alienato anche nella propria casa, basta avere una visione d’insieme di tutta la popolazione per capirlo, ed è inevitabile che sia così all’interno di un popolo che studia, viaggia, capisce e lavora seguendo altri binari di vita, guardando a studenti stranieri (per esempio) come un’occasione di confronto e non solo di ostilità.

Resistono a Kaunas, che è un po’ la loro capitale, ma il sentimento che i propri concittadini provano verso di loro si sta trasformando sempre di più da paura a compassione, con buona rassegnazione per il comico di Vilnius, che dovrà reinventarsi un altro lavoro.

La mia casa, il dormitorio, con la discoteca…al piano terra!

Una vita da criceti


16 Ott
Segnalato da Enzo.

Fino all’età di quattordici anni ho vissuto in una casa senza frigorifero. Eppure, nonostante possa sembrare incredibile, il mio sviluppo psico-fisico non ne ha risentito. Erano gli anni Cinquanta e abitavamo in città. Nonostante ciò, non ricordo che ce ne derivassero particolari disagi, anche se eravamo in quattro bambini da crescere. E la nostra famiglia non era un’eccezione. Tra quelle che frequentavamo non c’era nessuna che avesse questo elettrodomestico.

All’inizio degli anni Sessanta, improvvisamente e in perfetta sincronia con i nostri conoscenti, abbiamo scoperto di sentirne la mancanza. Come in una sorta di disvelamento collettivo ci siamo resi conto che non potevamo più farne a meno per vivere dignitosamente. Da allora, chiunque mette su casa, lo considera uno dei pochi oggetti dal quale non si può prescindere, oltre al letto, la cucina, il tavo lo, un armadio e la televisione.
Ma qual è l’utilità del frigorifero? Beh, ti consente di conservare più a lungo i cibi deperibili, per cui puoi andarli a comprare una volta alla settimana e non ogni giorno. Tutti in fila con i carrelli davanti alle casse dei supermercati. Senza dubbio una bella comodità. Si risparmia un sacco di tempo. E di tempo ne hai sempre così poco. Sì, ma perché ne hai poco? Perché lavori tutto il giorno e in più ti ci vuole un’ora per andare e un’ora per tornare. Nel poco che ti resta, c’è il bambino da portare a nuoto, le commissioni, la casa da tenere in ordine. Sì, ma perché devi lavorare tutto il giorno? Per avere i soldi necessari a pagare il frigorifero che ti fa risparmiare tempo a fare la spesa, tutti gli altri elettrodomestici che ti fanno risparmiare altro tempo e le bollette dell’energia elettrica che consumi per farli funzionare. Li guardi, chiusi nelle loro automobili con lo sguardo perso nel vuoto, mentre affiancano la tua automobile ogni mattina negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine. Li rivedi ogni sera al ritorno, chiusi nelle lo automobili con lo sguardo spento, negli interminabili intasamenti sulle tangenziali e sulle vie cittadine. Se provassi a chiedere perché sono lì, a respirare fiotti di gas di scarico, ti direbbero che farebbero volentieri a meno di usare la loro automobile tutti i giorni sul tragitto casa-lavoro-casa, ma sono costretti a farlo. Non si rendono nemmeno conto che vanno a lavorare per avere i soldi necessari a comprare l’automobile di cui hanno bisogno per andare a lavorare. Se sommassero la svalutazione del capitale con i costi di gestione e manutenzione ordinaria, si accorgerebbero che assorbono cinque stipendi ogni anno. Se non hanno incidenti. E se non tengono conto di quella parte di tasse che vengono usate per costruire e manutenere le infrastrutture necessarie a far circolare le automobili, nonché per pagar e le spese ospedaliere degli incidenti automobilistici: 250.000 ogni anno, con una mortalità di 8.000 persone.
Lavorare per la crescita del Pil? Per produrre sempre più cose sempre meno utili e sempre più dannose? Per avere i soldi necessari a comprarle? Hai presenti i criceti che corrono dentro la ruota? Con l’aggravante che questo fare fine a se stesso, oltre a distruggerti la vita, comporta una progressiva devastazione del territorio, un aumento crescente dell’inquinamento, un progressivo esaurimento delle risorse, una sottrazione di ciò che è necessario a quattro quinti dell’umanità per seppellire sotto quantità crescenti di rifiuti il restante quinto di cui fai parte.
Vale la pena rileggere un passo del “Piccolo principe” di Antoine De Saint-Exupéry. “Buongiorno”, disse il piccolo principe. “Buongiorno”, disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che tolgono la sete. Se ne inghiotte una a settimana e non si prova più il bisogno di bere. “Perché le vendi?”,! disse i l piccolo principe. “È una grande economia di tempo”, disse il mercante. Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti alla settimana. “E cosa si può fare in questi cinquantatre minuti?”. “Si fa ciò che si vuole…”. “Io – disse il piccolo principe – se avessi 53 minuti a disposizione, camminerei lentamente verso una fontana…”.

Maurizio Pallante

Fonte: http://www.carta.org/ Carta settimanale numero 35 9.10.06

Kulautuva Caput Mundi


14 Ott
Eccomi di nuovo a casa, con la mia musica e il mio ormai consolidato mondo a ripensare a tutto distrattamente, in poche parole senza pensare a niente.

Eppure le ultime ore sono state particolarmente intense, difficili da dimenticare. Una notte bellissima in un posto sconosciuto ma già visto, forse nell’ambientazione di qualche fiaba o nei soliti film americani.
Lo scenario è un posto che non diventerà mai una cartolina, ci sono già stato mille volte nei dintorni di casa mia e infatti capivo di essere al posto giusto. Un bosco, un qualsiasi bosco, con i suoi suoni ed i suoi silenzi, il buio freddo della notte e i colori autunnali del mattino. Un pezzo di mondo a un’ora di autobus da Kaunas, un’ora passata a attraversare campagne lontane, dove i ricordi volano a cercare similutidini con altri posti e dove la gente va a raccogliere le patate con il carro e il cavallo. Uno spaccato di origini e provenienza, la macchina del tempo va indietro di pochi anni, che però corrispondono a un’altra epoca se ne hai solo venti.
Il set vero e proprio è però una meraviglia, ed appare tra i rami di mille pini. La villetta è quella classica del Nord Europa, con un tetto ripido che la dice lunga sul carico di neve che tra un po’ arriverà, e un giardino ancora verdissimo come i km quadrati di bosco che lo circondano.
Varcata la soglia, si entra nel vivo della classica casa dei sogni: solo il camino non è in legno, e una sauna all’ultimo piano fa capire che non mancherà proprio niente.

I protagonisti. Mancano solo loro. Gente di tutta Europa, ma soprattutto padroni di casa, l’anima di questa festa parauniversitaria che qualcuno ha voluto e saputo organizzare alla perfezione. Unico biglietto d’ingresso, un qualcosa di tipico da mangiare in rappresentanza del proprio paese per chi lituano non è, e io e Paolo abbiamo fatto…all’italiana. “Sti ‘azzi…e che facciamo?” “Pizza da asporto, che dici? Pizza d’asporto e problema risolto…io farei così”. Solo un barlume di lucidità trovato raschiando il fondo di noi stessi ci ha salvato, e una pasta alla mediterranea preparata in mezz’ora ha fatto la sua bella figura.

La festa è decollata in un attimo, come era logico che fosse in un contesto di simile. Più di una volta mi sarà capitato di ridere da solo, pensando a cosa sarebbe successo in Italia se avessi avuto con me una webcam collegata in diretta con i Mari del Sud, alla reazione davanti alla visione di uno spettacolo che dopo qualche settimana di Lituania inizia ad essere normale, ma che dall’Italia sarebbe puro delirio.

Adesso sono tornato nel mondo, ho passato tutto il pomeriggio a dormire per fare la pace con il mio corpo, a lavare vestiti con il sapore della Vita ancora sulla pelle.

François, antichi rancori tra Italia e Francia salgono a galla.

Pensieri affidati al vento


13 Ott
Ormai sta diventando il mio psicologo….guardo lo schermo di questo portatile come al riflesso della mia mente, gli parlo come se mi confidassi ad un amico, lo ascolto e rifletto su cosa mi dice, a volte ci litigo a volte non me ne separo. Dall’altra parte, sottoforma di cristalli liquidi che cambiano disposizione a seconda del momento, tutto il resto dell’iceberg, quello che è sott’acqua e non si vede, che ne costituisce però la parte importante.

Una massa di vita, che mi arriva sottoforma di mail, di commenti al blog, o che si collega anche con gli altri sensi e mi permette di materializzare volti amati in diretta e voci familiari nelle orecchie. Almeno in quei momenti, in una telefonata Skype ad esempio, mi sembra di essere meno cerebralmente leso, certo mi ritrovo sempre a parlare ad un computer, ma dall’altra parte ricevo quei feedback che mi confortano non poco.
In questo strabiliante cocktail di contatti con nomi conosciuti e volti immaginari, (Fabio è l’ultimo e uno dei più graditi, storia di pochi minuti fa), nuove conoscenze piovute dalla rete, in questo discutere costruttivo su posti diversi, il peso del senso della vita lo portano sulle spalle i miei Amici, tutti. Grazie a loro, grazie a Voi, capisco che alla fine non ha senso capire niente, solo vivere con la massima intensità possibile tutto. Nelle foto che ogni tanto vado a riguardare, mi rendo conto di essere un miliardario al contrario, non ho niente insieme a me ma ho tutto quello che serve dentro, impresso come un tatuaggio indelebile per sempre. Se è vero che il modo migliore per rivedere i ricordi non è una fotografia ma l’averli fissi in modo indelebile nella testa, non trovo il senso di aggiungere nessuna immagine per spiegar meglio quello che sento, però ho appena ricevuto un video clamoroso e mi piacerebbe metterlo qua.

Non è facile aprire il file, spero che ce la facciate…chiedo scusa se non uso ancora Youtube, ma sono un fagnan e cerco la via più semplice per me e più complicata per voi. In ogni caso, cliccate qua. Grazie Paolo per il CAPOLAVORO.

E mentre scorrono le immagini, flash abbaglianti mi colpiscono nella memoria. Al momento di salutarlo, sapevo che sarebbe andata a finire così. Lo conosco meglio di quanto lui conosca sè stesso, conosco il suo modo di essere, di sputare in faccia al mondo e sapevo che saremmo rimasti difficilmente in contatto. Io e LoBo siamo, tra noi, all’antica; l’inesistenza di rapporti comunicativi normali con lui è dovuta al fatto che davamo importanza solo a parole e silenzi in macchina, sempre e solo con Buona Musica. Qua manca la mia macchina, manca, effettivamente, la Buona Musica, perchè non c’è LoBo per poterla suonare. Di conseguenza, mi manca un casino anche LoBo. Che per me ovviamente è solo alla fine “Accordi Maledetti”, prima c’è ben dell’altro.

Seduti in macchina a parlare mentre vivi la luce che al mattino scompare
questa è l’ora giusta per sognare quando le frasi vengon fuori da sole

Voci dall’Italia mi arrivano confuse su di lui. Quindi cercatelo, trovatelo, portatelo davanti a un pc e contattatemi. E tu LoBo, boia porco, per una volta clicca su “commenti“!

E’ finita la parentesi dell’amarcord, chiedo scusa a tutti quelli che non mi conoscono e logicamente non possono capire. Dalla prossima volta si parlerà di nuovo di Lituania, a meno che un altra bufera non mi porti di nuovo fuori strada, tra le nuvole del cielo del Baltico.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


Ricerca personalizzata