Sono i giorni piu’ confusi, quelli che ricoprono tutto di una patina agrodolce con un incredibile potere di alterare i sapori, quelli che tracciano confini troppo difficili da definire. I giorni finali.
Risplende finalmente il sole su Nevsky Prospekt, per gli ultimi passi a 3 di un mese esatto di cammino, lasciando il tempo a riflessioni e paranoie confuse con i neuroni inebriati di strade, cose assurde viste e fatte, posti virtuali, Asia, persone incontrate vissute e salutate, tutto. I neuroni inebriati di tutto.
Intorno, dappertutto, il grandioso scenario di San Pietroburgo, citta’ giovane e pericolosamente bella, base di sviluppo di progetti per viverla ancora in un futuro lontano che scavalcano la linea tra fantascienza e realta’, con inevitabili ricordi futuri dei tempi attuali, piu concreti, vissuti sotto il guscio di una simpatica famiglia russa che travolge a colpi di cibo, drink e ospitalita’… degna sigla finale del Maestro.
Tempo di tornare indietro, di salutare il profondo Est e il mondo sotterraneo che ne disegna l’irresistibile fascino e tornare verso il punto interrogativo lituano, con una tappa tra i casini di Tallinn perche’ no, ma comunque con la bussola orientata, per la prima volta, verso una direzione precisa. Almeno geograficamente.
Tempo di riprendere l’autobus che aveva lasciato universita’ e responsabilita’ (minimali, ma comunque c’erano) dietro il finestrino, senza sapere come la metamorfosi del tempo avra’ trasformato tutto…
Tempo, non il primo ma nemmeno l’ultimo, di salutare il compare storico di tutti i viaggi piu belli, per progressione logica quindi il compare dei giorni piu’ belli, per prendere ancora una volta vie diverse che porteranno inevitabilmente allo stesso obiettivo, a studiare cioe’ un altro modo per intersecarsi un’altra volta, in quale angolo di globo non ha di per se’ importanza. Basta un punto d’appoggio, una bottiglia di birra e un’eliminazione totale di qualsiasi filtro per creare milioni di parole che riescono a dare un senso anche alla citta’ piu’ grigia di qualsiasi mondo.
Ho dato un’occhiata alla roba accumulata per l’intera area della stanza prima, come magliette libri di Mao incensi monete Kamasutra di ossa di cammello mongolo manifesti di propaganda te’ del deserto libri e altre assurdita’ che si sono aggiunte durante il cammino riusciranno a entrarci dentro proprio non riesco a immaginarlo. Ho dato un’occhiata alle centinaia di foto moltiplicate per tre, ai nastri della telecamera e l’impressione e’ stata buona.
Tutto il resto, tutto quello che conta veramente, non si esprime in materia o parole ma e’ la vera essenza di questo Aprile ad Est.