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Da una parte c’e’ l’evanescente universo di quello che e’ oggi. E cioe’ una vita fatta di programmi con scadenza oraria, di ritmi e velocita’ diametralmente opposte alla luce del giorno e della notte, di Lituania che diventa verde e calda, ancora piu calda, troppo piu’ calda per riuscire a come andarsene. Fatta di chorizo spagnolo e autobus, di pizze con la salsa assurda, di giochi e intrighi degni del Decameron, di viaggi mentali tentati in altre lingue. Tra follia e poesia. Di amici e facce (tante facce), universita’ di cioccolato e frutta candita, colazioni a Svyturys e tarallucci, litas e centesimi di litas, mondi immensi che spariscono all’alba.
Dell’altro mondo, quello lontano ma sempre piu vicino, che chiama. Appare nelle lucine arancioni nella parte bassa di uno schermo, sottoforma di relazioni faccia a faccia via Skype. Nelle mail degli amici, in quelle dei non-amici ma vanno lette lo stesso, nei calendari alle pagine “luglio-agosto-eccetera”. Nei vari “ti aspetto”, “quando torni”, “il 28 luglio ci sarebbe…”. Nelle case da affittare e lavori da trovare. Nell’accorgersi che se ne fa anche volentieri a meno di tutto, almeno di tutto tranne che degli amici.
Non e’ una bella condizione l’essere sospeso tra due mondi, ma ha i suoi lati positivi. Permette di giocare, di avere una via di fuga, di immaginare e distruggere cocktail. Di mischiarli tra loro, o di crearne un terzo.