Archive for ottobre, 2007

L’omertà impera incontrastata


11 Ott

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Questo blog sta diventando sempre più monologo.

E’ così: nessuno più contesta, nessuno più ne ha a dire, tutto va sempre bene e si è tutti “amici” anche se non ci si conosce.

NO! Che poi qua si inizia a anelare a mistiche incoronazioni a Maestri di Vita sinceramente poco richieste e menchemeno desiderate! Ohibò.

Perchè non si fa un po’ di buon casino, ogni tanto? Ma di quello buono, che ci si tirano le sedie e i bicchieri però poi si va via tutti insieme claudicanti e abbracciati. Eh?

Siete tutti dei cazzari spanzollati internauti falliti. Vere icone di questa gioventù che si fà le canne e si vende l’anima su Ibei e si sveglia all’ora dei Simpson e ascolta quel satanasso là, quello genovese. Andate tutti a lavorare, come si faceva una volta, voialtri, invece che starvene qua a dire sempre di “sì“.

Soprattutto tu, che leggi queste pagine e non sei d’accordo ma alla fine non ce lo comunichi. Perchè non sei deciso su come firmarti eh? Ti conosco, stai attento.

Puàh.

Requiem for a dream


10 Ott

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Requiem for a dream è un film scomodo, travolgente, vibrante, che prende lo spettatore – qualsiasi spettatore – per le spalle e lo scaraventa giù dal divano, sul freddo pavimento.

Requem for a dream parla di dipendenze, intese come droghe. Incalzanti strepitosi fotogrammi mostrano il multiforme effetto di polveri, solidi e liquidi nel momento in cui passano per narici, bocche o vene fino ad arrivare negli inarrivabili profondi di cervelli, cuori ed anime, e li mostrano utilizzando come filtro gli occhi, confine tra quello che vediamo noi e quello che vedono loro.

Requiem for a dream parla di dipendenze, intese come teledipendenze. Mostrandoci come la bramosia di showbiz possa equiparare anche il più candido dei personaggi (qui, la madre vedova apprensiva) con il figlio tossicodipendente. Le diete come i Trips.

Requiem for a dream usa tecniche innovative, filtri ottici speciali, e tutta la classe di un regista che descrive con immagini e musiche giuste al posto giusto qualcosa che ha provato su sè stesso.

Requiem for a dream non lascia speranze, perchè tra braccia dignità e vita tutti perdono qualcosa, e la primavera non arriverà mai. Requiem for a dream, dopotutto, significa “funerale di un sogno“.

Flussi migratori – a volte ritornano


08 Ott

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“I sangue blu della zona, gli americani protestanti, scoprirono d’improvviso di essere gli inorriditi vicini dei numerosi “dago” che lavoravano lungo i binari della Southern Pacific. Costoro si moltiplicavano in famiglie numerose di carnagione spudoratamente scura e stavano costruendo una chiesa cattolica romana per officiare le loro primitive superstizioni“.

Da John Fante, “La Confraternita dell’Uva“.

Ti ricordi?


05 Ott

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Non guardarmi così, l’ho dovuto fare. Una di quelle situazioni da “spalla al muro”, senza possibilità d’appello nè di fuga, sorta di obbligo morale nei confronti di qualcuno che in te ha riposto la sua fiducia.

E’ stato terribile, davvero. Non sapevo più come si facesse, come muovermi, ero vergognosamente macchinoso in quei movimenti una volta così elementari.

E’ durato poco, magico incantesimo di un momento, poi tutto si è fermato e l’Attimo evanescente si è volatilizzato, mentre simboli stranissimi apparivano illogicamente ai miei occhi. Il buio, là sotto, produceva rumori e suoni inquietanti.

E’ stata cosa di un attimo, l’ho detto. Ma erano anni, secoli, millenni che non usavo più quei tragicomici marchingegni chiamati floppy. Ed è stata come la prima volta.

Il concittadino


03 Ott

Ohibò. Pensandoci bene, anche lui ha abitato a Kaunas, una sessantina di anni fa.

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Genova è tra Bogotà e Kiev


01 Ott

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E’ lunedì mattina di burocrazie e lunghe code, personaggi lenti e scartoffie che profumano di Sud America. Le facce dell’università questa mattina sono fresche, sono teneramente speranzose, sono il nuovo nel vecchio all’inizio di un nuovo altro anno. Non le guardo e non ci penso, guardo Mac che non le guarda e pensa ad altro, pensa a cose assaporate e poi sfuggite, pensa a cose latine.

Immaginazione che vola nella tiepida Genova che si sta per arrendere all’autunno, viaggi mentali da tenere fermi al check-in prima che esplodano prima di tempi tuttaltro che certi.

Nel frattempo bisogna stare lì, in coda, tra le facce fresche, ad aspettare il verde coi motori accesi. Una porta mi parla, nell’anonima forma di un foglio bianco su mogano beige. Mi parla col tono giusto, quella porta mi sa prendere, mi dice quelle cose là che io voglio sentirmi dire. Senza appello.

E così, mentre qualcuno lassù in quegli uffici giapponesi stritola tra fotocopie e fax le mie speranze, silenziosamente aspetto i primi assaggi di “Lingua e Cultura Ucraina“.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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