Archive for febbraio, 2008

On the road


11 Feb

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C’era quello che era partito con il primo treno, non importava la direzione, ed era finito in India. O quell’altro, che con due rollerblade ed un ingegnoso carretto voleva scivolare da Cuneo alla Normandia. O quell’altro ancora, uno studente tedesco: finita la maturità, aveva bisogno di pensare con calma sul suo futuro, e allora nell’atmosfera vecchio stile di un viaggio in mula sulle Alpi fino all’Italia avrà trovato la sua via. C’era uno spagnolo, se ne stava a Cuba da mesi e mesi, scriveva a qualche giornale e così sopravviveva. Ricordo anche l’australiano, rimasto imprigionato dalla vodka di Riga e intrappolato là per sempre, e c’era quell’altro che da Mondovì ha pedalato fino a Vladivostok. L’imprevedibile, solitario, stupefacente Matt, scomparso nella steppa del Gobi per riapparire mesi dopo sotto il castello di Kaunas. C’erano gli autostoppisti, tutti gli autostoppisti, che da Istanbul arrivarono ad Amsterdam e da Siviglia raggiunsero Odessa. Un napoletano, uscito da chissà dove, suonò con noi sulle strade di Spagna. Ce n’era un altro, un professore, che il giro d’Italia se lo fece in canoa, e c’era quell’americano che girava l’Asia vendendo software o cos’altro su eBay. C’era sempre il solito, quello collaudato, che se ne sbatteva di febbri gialle o verdi ma voleva fondere una Lada sempre dritto verso Est.

C’erano tutti, ed erano tanti, e li incontravo sempre e solo sulle strade del mondo, compagni di viaggio per cinque minuti ed eroi per sempre.

Gero miesto meras


10 Feb

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Amarcord dal web. Pillole di Lituania arrivano in Colombia. Collegamenti inaspettati tra passato e presente, fantasia baltica che fiorisce nella terra fantastica.

“Antanas Mockus Sivickas è nato a Bogotá (da immigrati lituani) nel 1952 . Professore di Filosofia e Matematica, è stato Rettore della Università Nazionale di Colombia e sindaco di Bogotá dal 1995 al 1997. Quando prese in mano le redini della città, il 75% degli abitanti considerava la sua città invivibile. Alla fine del mandato di Mockus il 67% dei bogotani dichiararono che la loro città era un posto gradevole dove vivere. Primo sindaco rieletto nella storia della capitale colombiana, dal 2001 al 2003 Mockus continuò la sua fantasiosa gestione della città. Nel 2004 si lanciò alle presidenziali della Colombia ma venne sconfitto dal presidente Alvaro Uribe.

Il fatto che Mockus sia riuscito nell’esperimento tanto complesso di trasformare in maniera così radicale e in così poco tempo la sua città resta per molti legato al grande carisma del cattedratico e ai suoi metodi pedagogici. Convinto infatti che “gli atteggiamenti dei cittadini possono cambiare”, Mockus svolge il ruolo di sindaco basandosi sostanzialmente sull’educazione dei suoi cittadini. Li porta ad avere fiducia nella sanzione sociale più che in quella legale. Come lui stesso sostiene, “il sindaco deve capire che governare non è solo gestire investimenti o emettere norme legali o decreti. Governare vuol dire educare.”.

Educare, ma con la fantasia. Il ruolo dell’immaginazione nel programma di Mockus è stato infatti preponderante. “Bisogna essere liberi non solo di immaginare, ma anche di aver fiducia nella fantasia, nell’esplorazione di nuove vie. Quando si prende in considerazione un’idea originale, si passa automaticamente dal repertorio famigliare e conosciuto a quello dove ancora si può colonizzare, costruire. Per pura disperazione pedagogica spesso ho attuato con immaginazione.”. Questa filosofia si può, secondo Mockus, applicare a realtà via via più complesse. “Quello di cui si ha bisogno è di governanti con maggiore capacità di comprendere e spiegare. Un cittadino non è un essere egoista. Essere cittadino vuol dire riuscire a trovare un certo equilibrio tra la richiesta dei propri diritti e la conoscenza dei meccanismi per lottare per questi diritti e per i diritti degli altri”.

Vediamo ora alcune delle iniziative sviluppate da Mockus durante i suoi due mandati come sindaco di Bogotà:

1. Ha impiegato 420 mimi che attraverso la gestualità chiedevano alla gente di rispettare i semafori rossi
2. Ha dato vita al programma Cavalieri della Zebra, per far in modo che i cittadini riconoscessero i bravi taxisti. In quindici giorni ne furono identificati 200, che formarono i primi Cavalieri della Zebra. Alla fine del suo mandato arrivarono ad essere 40.000.
3. Creò le notti delle donne, durante le quali gli uomini restavano a casa mentre le loro mogli uscivano per le strade che di solito evitavano per paura. La prima notte delle donne riunì 70.000 donne per le strade.
4. Propose di cambiare nelle chiese armi da fuoco e coltelli per buoni per regali natalizi
6. Creò una pista ciclabile di 277 chilometri per incentivare l’uso della bicicletta
7. Distribuì milioni di cartellini rossi e gialli perchè i cittadini esprimessero pacificamente la loro approvazione o disapprovazione verso gli atteggiamenti dei loro pari
8. Creò il programma 110% per Bogotá, perchè i contribuenti che lo desideravano pagassero il 10% in più di tasse che potevano destinare a uno dei 15 programmi proposti. Ottenne il contributo di 63,000 persone
9. Nel gennaio del 1996 Mockus si impegnò coi suoi cittadini nel trasformare la città in Bogotà Carina (in contrapposizione a definizioni come “Bogotá del terrore”, “Bogotá invivibile”, “Bogotá spazzatura”, etc.). Nel giro di due anni il 67% dei cittadini consideravano Bogotá come un posto molto bello dove vivere.
10. Guidò il dissenso pubblico contro i narcoterroristi mettendosi un giubbetto antiproiettile con un buco a forma di cuore all’altezza del petto.
11. Creò la Legge Carota e chiese a bar e ristoranti di chiudere all’una del mattino per diminuire il consumo alcolico e di conseguenza la violenza cittadina
12. In un momento di scarsità d’acqua Mockus apparve in televisione facendosi una doccia, chiudendo il rubinetto dell’acqua mentre si insaponava, e chiedendo ai suoi cittadini di fare lo stesso. In due mesi la gente usava il 14% in meno di acqua. Oggi questa percentuale è arrivata a 40.
13. Si presentò al palazzo presidenziale con una spada di plastica rosa per lottare per un budget più alto
14. Ideò il “vaccino contro la violenza”: chiese alla gente di disegnare su palloncini i visi di chi aveva loro fatto violenza e di lanciarli in aria. Parteciparono 50.000 persone.”

Mi dirigo verso la cucina, dove chiedo alla mia padrona di casa se conosce questo bizzarro personaggio. Ne viene fuori un ritratto se possibile ancora più colorato, un comprimario dei racconti nonno-figlio.

Gerai.

Sui facili pregiudizi


09 Feb

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Risolini e creative battutine erano la risposta costante all’annuncio “Vado a studiare in Colombia“. Allusioni, più o meno esplicite, da parte di tutti, alla principale qualità che rende famoso questo Paese in Europa: l’esportazione di droghe. I più anziani si limitavano a dignitose maliziosità sulla questione (“vai a studiare Chimica?“), molto più dichiarate erano le richieste dei giovinastri (“beh, portami qualcosa“).

Dunque. La sentenza è shoccante: si trattava di pregiudizi, dovuti principalmente alla disinformazione generalizzata che caratterizza il Sud America in Europa.

Non si discute il ruolo della Colombia sull’economia “di settore” a livello mondiale. L’esportazione di droghe, è noto, costituisce il principale finanziamento per le FARC e non solo. Quello che invece qua si cerca di difendere è la dignità dei colombiani, nell’immaginario di molti nostrani veri e propri strafattoni che ti si avvicineranno solamente per “fare affari” con te. Questi primi giorni insegnano invece tutto il contrario, dipingendo scenari sorprendenti: l’idea della popolazione locale sui consumatori di droghe è paragonabile a quella di Giovanardi, in quanto non esistono classificazioni tra cocainomani e fumatori di marijuana. La ragione è dovuta al fatto che non esistono fumatori di marijuana “part-time”, categoria molto rappresentata in Italia, dipingendo l’immagine del marijuanomane incallito come l’unica possibile.

Facile capire, quindi, quale sia il livello di rabbia dei colombiani quando gli si spiega la cosa. Per un popolo che ha una media di fumatori di sigarette bassissima (aiutano anche caldo e umidità), l’associazione di idee non è facile. Resta il fatto che mi proibiscono anche le birre nel caffè dell’università, e questo non va bene.

Cabrones


07 Feb

Dovresti provare a comprare una sim card in Sud America. Ignaro di quello che ti attende, ti rechi in un negozio qualsiasi con un tedesco e un italobrasiliano che nasconde agli altri pero’ il suo lato “italo”, e spieghi il semplicissimo bisogno. Per portarti avanti con il lavoro, hai gia` provveduto a selezionare anticipatamente le compagnie telefoniche, individuando dopo un sondaggio tra compagni di universita` quale fa al caso tuo. L’unanimitá di consensi ti rassicura.

Una volta nel negozio, non puoi immaginare di diventare ostaggio e spettatore allo stesso momento. Eppure accade. Il proprietario, subito, ti (vi) offre tre sedie e mentre tu accetti ti chiedi il perche’ della cosa: dopotutto, ricordi, ovunque una sim-card si compra in due minuti,  massimo tre. La situazione si complica leggermente perche’ l’italobrasiliano e il tedesco necessitano anche di telefono, e pronto il commerciante offre loro il modello “barato”.

Molto presto la trattativa prende innumerevoli altre vie, affrontando questioni rilevanti come la politica, l’economia colombiana, la situazione europea, la pennicillina, le scorribande ispaniche post-colombiane, la straordinaria virilita’ degli uomini costieri colombiani (li si conosce in tutto il Paese, per quello), le differenze sociali nel mondo. Si tratta, insomma, di uno show multitematico, che ogni tanto ritorna ad affrontare il tema della telefonia per rimarcare come gli europei siano “duri” quando si tratta di pagare il giusto prezzo.

Non mancano le incursioni estranee, con splendidi comprimari che entrano per confermare l’argomento principale: si, va detto, i costeños colombiani hanno una marcia in piu’ con le donne. E’ a questo punto che il seminario si sposta sulla geografia, perche’ il commerciante-showman incomincia ad elencare varie localita’ colombiane, chiedendo se siamo stati da quelle parti: ad ogni risposta negativa, il fenomeno non reagisce sbattendo i pugni sul tavolo e tenendosi la testa tra le mani, in un’immagine drammatica di pura disperazione, in quanto la’ si trovano le ragazze di volta in volta eccellenti in qualcosa (mirabile la citazione “a Medellin tienen un culito como dos pelotas Adidas-FIFA numero 5“).

Non mancano i momenti di relax, dedicati a gustare un delizioso intruglio al miele con millantate qualita’ afrodisiache, capace di permettere al nostro intrattenitore di aver sposato una 22enne a 40 anni. Di palo in frasca si ritorna poi alle economie internazionali, ed e’ a questo punto che l’imbonitore si interessa alle differenze tra Italia, Germania e Brasile.

Melodramma puro il finale. Al momento del pagamento, nonostante la dichiarazione di fratellanza verso poveri studenti europei che viaggiano a differenza degli altri stupidi turisti gringos, il commerciante-tuttologo non puo’ fare che lanciarsi in una lagna tristissima, piena di lamenti contro chi dall’europa viene da 600 anni a derubare queste genti, sottopagando il loro oro il loro petrolio e le loro sim-card e telefonini.

Non e’ passata nemmeno un’ora e mezza, e la missione e’ compiuta.

Un milione di voci contro le FARC


06 Feb

Foto del Leuniju!

Un milione di grida che si sono levate al cielo nello stesso momento, interrompendo per qualche ora i colori e le musiche dei carnevali di Barranquilla e il traffico impazzito di Bogotà, per richiamare l’attenzione globale su questo decennale problema che affligge la Colombia. Un milione di appelli che hanno varcato di gran lunga i confini nazionali, arrivando a coinvolgere i cittadini (colombiani e non) di 130 città mondiali per l’opposizione ad una piaga che comunque è comune, estesa a larga scala. Importanti sono i numeri di questa grande manifestazione congiunta che, da Roma a Madrid, da Washington a Buenos Aires, ha permesso ancora una volta di constatare il grado di esasperazione raggiunto universalmente nei confronti di uno dei gruppi terroristici più potenti al mondo.

Come spesso accade in presenza di iniziative di base popolare, non sono mancate le polemiche e le posizioni sospettose, voci che hanno riacceso il fuoco in realtà mai spento della contrapposizione tra Uribe e Chavez, alimentando ancora una volta fiumi di parole che hanno come unico risultato quello di allontanare la risoluzione del problema.

L’accusa è quella di strumentalizzazione politica, in quanto la “Marcia contro le FARC” non sarebbe altro che una “Marcia contro Chavez”, visti i continui riferimenti al presidente venezuelano e ai suoi presunti rapporti con il gruppo terroristico. La senatrice colombiana Marta Lucía Ramírez del ”Partido de la U” ha proposto per esempio di approfittare di quest’occasione per manifestare con cartelli che riportino la scritta “no all’appoggio del presidente del Venezuela alle FARC”. Chi non crede alle origini popolari della marcia accusa infine anche il network statunitense Facebook, dietro il quale ci sarebbero tre giovani americani legati all’alta finanza e all’ultraconservatorismo dell’estrema destra a stelle e strisce.Ancora una volta, il lato meno oscuro della vicenda sta alla luce del sole nelle piazze, ed è composto da tutti quei colombiani che per davvero vogliono dire al cancro infinito che coinvolge il loro Paese, e hanno scelto il colore migliore per allontanare ogni accusa: migliaia di magliette bianche, che con uno slogan chiaro e semplice sottolineano “la Colombia soy yo”. Pochi sono i cartelli contro il presidente venezuelano, mentre spesso ci si imbatte in gruppi religiosi che si rivolgono direttamente a Gesù per infliggere una sterzata importante nella politica contro le FARC.

La risposta più importante la si aspetta comunque dalle stanze del potere a Bogotà, negli ultimi giorni effettivamente abbastanza impegnate a ricevere le visite del Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti Michael Mullen e di Condoleeza Rice.

L’apoteosi dei sensi


05 Feb

Questa e’ la Barranquilla che mi ha accolto, in questi giorni di questo carnevale cittadino che e’ il secondo del sudamerica, nonche’ Patrimonio dell’Umanita’ Unesco: qualcosa di incredibile, soprattutto per chi non era mai stato prima nella Terra del Sur Latina e si trova in un mondo completamente diverso.

Tutto e’ iniziato gia’ dall’aereo, a Miami, dove sul volo per Barranquilla le hostess e gli steward non erano in solita divisa d’ordinanza ma addobbati di maschere e costumi, in clima carnevalesco. L’approccio in terra colombiana, poi, e’ stato semplicemente indimenticabile. Estasi di 5 sensi presi a calci dalla logica a cui erano sempre stati abituati.

Due milioni di persone per le strade, travestiti o meglio svestiti di ogni addobbo immaginabile, impegnati in un party no-stop che da venerdi’ a martedi’ decreta il vero Capodanno Barranquilleno. Strade intasate fino al limite del possibile, intasate da taxi muli carri carnevaleschi persone e vita. Atmosfera indescrivibile sotto questo cielo maledettamente afoso, davanti ad ogni singola casa si radunano gruppi danzanti ognuno la propria musica senza soluzione di continuita’.

Le prime immediate conoscenze dimostrano subito quanto la popolazione locale sia amichevole e aperta come descritto in milioni di siti e giornalacci, mentre la situazione generale della citta’ lascia intendere che la Colombia è comunque un Paese del Terzo mondo. Un paese del Terzo Mondo in festa, a massa nelle strade, a festeggiare questo rito antico che il mio taxi-driver definisce “diabolico, satanico. Portatore di disordine locuras e incremento delle nascite al nono mese successivo al carnevale”.

Il dover di cronaca imporrebbe anche di parlare dell’importante manifestazione mondiale contro le Farc che si e’ tenuta oggi. Questa volta, però, il diritto di cronaca può aspettare. Là fuori la festa continua, chiama e strappa via…

The dark side of the moon


03 Feb

cimg0058.JPGPare dunque che il bestione in figura abbia portato l’uomo sulla Luna. Ok, non che la Luna sia quel gran posticino così accogliente (nonostante non è detto che la mancanza di atmosfera e l’assenza di esseri umani siano sempre da considerarsi in termini negativi) certo è però che la faccenda tutta profuma di impresa. Soprattutto considerando l’epoca a cui l’avvenimento risale, con un “touchè” ben assestato allo spocchioso nemico russo.

Già da tempo, però, presunte malelingue hanno innalzato fantasiosi sospetti sulla faccenda intera, bollata nientepocodimenoche “messinscena organizzata dal Governo Statunitense in collaborazione con la Nasa”. A sostegno di questa tesi complottistica vengono riportate alcune analisi effettuate partendo da dati di fatto, domande alle quali vengono date risposte non sempre giudicate convincenti. Poco chiaro, in particolare, lo smarrimento dei dati raccolti dalle missioni lunari Apollo, all’interno degli archivi Nasa.

Bisogna dire, a questo punto, che non è visitando la Sede Operativa Nasa di Houston che si risolverà l’enigmatico dubbio. Appassionati veterani e frammenti di Luna da toccare misticamente non rispondono a tutti i perchè.

Va comunque considerata una cosa: se questa gente e questo razzo hanno portato l’uomo sulla Luna, rivolgiamo a loro un sincero elogio. Se invece la Luna non l’hanno raggiunta nemmeno per sbaglio, ma con immagini create ad arte da qualche parte in un deserto ci hanno fatto credere per tutti questi anni una balla simile, bè allora si, con sincera e devota ammirazione, umili, ci inchiniamo.

American college


01 Feb

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Visto che casualmente il fato mi ha condotto in questa grande città dove altrettanto casualmente il mio brother sta frequentando la quarta superiore americana, mi sembra rientrante nei compiti del fratello maggiore controllare la situazione dal vivo.

E’ per questo che, indossata la mia brava uniforme bianco-beige della rispettabile Lamar High School, e con un po’ di complesso d’inferiorità per non essere riuscito a trovare una pistola o una mitragliatrice che i miei pregiudizi ritengono necessarie per districarsi in una grande scuola americana, alle 8.30 mi sono presentato col fratello ai cancelletti di partenza.

Lo shock è grande, soprattutto per chi come me ha passato i suoi 5 anni di superiori in una scuola di 300 persone e si ritrova adesso in un ambiente con 3.500 studenti. La situazione è esattamente come te l’aspetteresti, con lunghi corridoi adornati di armadietti ed affollati da ogni prototipo di teenagers mille e più volte vista nei vari film americani, tanto che appena entrati nei bagni qualcuno potrebbe pensare di trovarsi nella scena finale di American History X.

L’organizzazione della baracca è impressionante: le classi sono impostate in stile universitario, sono gli studenti quindi a scegliersi le lezioni che più gli interessano e ad agire di conseguenza. E pazienza se alcune cose possono sembrare ridicole (come il saluto alla bandiera all’inizio della mattinata), il progresso sono quei computer in ogni classe e la trasmissione “a reti unificate” alle 11.30 del telegiornale gestito e creato interamente dagli studenti. A discapito dei luoghi comuni va poi sottolineata l’importanza che le High School danno agli sport, forse per sana rivalità con le scuole nemiche o forse per smaltire cheesburgers e cocacole, un’importanza estrema: quasi tutti giocano a football o a basket o a soccer, e i coach spesso insegnano anche altre materie.

Altrettanto bizzarro è vedere come gli studenti si suddividono in clubs, come il “gruppo degli studenti gay” o il “gruppo italiano”, mentre i loro rappresentanti sono scelti tra il circolo dei repubblicani e quello dei democratici. Logico.

La ciliegina sulla torta è comunque la classe di italiano (inutile aggiungere che quel cazzaro di mioi fratello frequenta – e con inaspettato profitto – la classe di italiano), dove una pseudoprofessoressa messicana arricchisce le lezioni con preziosismi come “abbiamo riduto” che rendono tutto decisamente più divertente.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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