Buenaventura, è Pacifico

28 Mar

sandro-351.jpgVagavo per la mattina afosa di Cali quando mi accorsi di un fatto importante: non c’era niente di mediocremente interessante da fare in quella città.

Andai così nella stazione degli autobus, e dopo un rapido check della situazione trovai in quel cartello “Buenaventura” un richiamo mistico. D’altra parte si trattava di una città sul Pacifico, e quella poteva essere l’occasione per pucciare il pollicione per la prima volta in quell’oceano così lontano. Controllai così la guida che però non contemplava quella meta, interrogai i passanti che, mantenendosi su livelli discordanti, giungevano alla medesima conclusione: quella città è pericolosa, non andarci.

Tre ore dopo ero così a Buenaventura. Per la prima volta, credo, non avevo passato il viaggio leggendo. Lo spettacolo naturale fuori dal finestino, l’incredibile sequenza di forme vegetali mai viste nè immaginate furono un incantamento continuo. Verde e nero, nero e verde. Il “nero” erano gli esseri umani, che a poco a poco apparivano sempre più a tinta unita, lungo quel cammino per Buenaventura.

D’un tratto, capii. Quella città era figlia di un'”importazione” schiavista-africana di massa, e il livello di povertà e disagio fotografava perfettamente la situazione. Ciònonostante, i colori del mare e i sorrisi delle matrone che mi scorrevano vicino con le loro ceste di maracuja o pesceboh sulla testa rendevano splendidamente sudamericano ed esotico quel posto. D’altra parte, notavo negli sguardi della gente e nei silenzi improvvisi come l’esotico ero io, bianco pseudogringo con una combinazione di vestiti assurdi in quel loro feudo portuale. In un attimo ebbi più di un amico, come accade a chi viaggia da solo e a chi viaggia in una città di neri.

Venne poi la sera, e da lì la notte. In un attimo quell’angolo di mondo cambiò faccia, e tutti i colori del pomeriggio s’incupirono pesantemente. Non c’era la luna, e non c’erano più le matrone dai loro cesti sulla testa. Le vie del porto diventavano adesso proprietà di altre genti, quell’esercito di persone che troppo ovunque popola questo martoriato Paese. A quel punto, comunque, ero lì, e l’Università del Mondo teneva quella sera un’altra lezione: giusto esserci.

Nessun pregiudizio contro quelle due puttane che con finto interesse mi avvicinarono, o contro il loro amico marinaio filippino. Nessun pregiudizio nemmeno contro lo strano sessantenne padrone di un italiano perfetto, e di un dichiarato amore per il Belpaese. Nessun pregiudizio, solo tanta pena, per il 13enne marijuanomane esperto in rapine e fratello del suo coltello. Nessun pregiudizio, solo tanta tantissima attenzione.

Per la cronaca, la notte finì con una cauta fuga in taxi, nonostante il giaciglio fosse a 500 metri dal porto. La prossima volta racconterò cos’è successo il giorno dopo, cioè oggi, il coronamento della Buona Avventura.

6 Responses

  1. Donquishote ha detto:

    Quello che hai visto non è altro che un aspetto della globalizzazione del degrado dell’uomo…cioè le stesse cose si sono viste e, purtroppo, si continueranno a vedere in ogni angolo del mondo.
    Quello che fa male è quando accade di sperimentarlo in zone che altrimenti si sarebbero ritenute incontaminate…il contrasto con il paesaggio è forte.
    La stessa cosa ci impressiona meno nelle nostre periferie.
    Ecco questo forse insegna viaggiare…a rendersi conto di quanto abbruttimento sia capace l’uomo e come questo contamini la natura e quanto ci scuota dentro…la musica lo potrà cantare…ma non salva. La denuncia non salva, l’attenzione non risolve…il pregiudizio chiude.
    Insisto che mi dici dell’aspetto spirituale dei colombiani?
    Scusa la prolissità

  2. Baltic Man ha detto:

    Sottoscrivo.
    Il contrasto con il paesaggio, soprattutto quello, è uno shock doloroso.

    L’aspetto spirituale dei colombiani, quello, merita un post a parte e piú un attimo di riflessione per scriverlo. Dopodichè, sarà sbagliato. Chi è stato da queste parti capirà…..

  3. donquishote ha detto:

    Sono curioso di leggere il seguito

  4. juano ha detto:

    Ragazzo.
    Escribeme a mi email, aun no tengo tu dirección.
    Todavía de viaje?
    Sigo leyendo las magníficas crónicas.

    a doppo,
    Heredio

  5. Karim Gorjux ha detto:

    Purtroppo andare in certi paesi senza una mimetizzazione efficace è dura. Noi italiani siamo riconoscibili dappertutto ed è molto pericoloso..

  6. Baltic Man ha detto:

    In determinate aree di molte città colombiane, comunque, nemmeno i colombiani stessi possono girare tranquilli per la strada.
    Il problema è serio, sì.

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Diary of a Baltic Man

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