Pechichona Style

16 Apr

pechichona.jpgPer uno strano scherzo del destino, nel mio errante cammino ho incontrato pochi professori geniali e un esercito di ciarlatani, paraprofessionisti messi là dietro una cattedra a insegnare il loro nulla. Non è dei secondi che val la pena parlare, ma delle poche e valide eccezioni: gente che ha sempre lasciato il formalismo fuori dalla porta, che senza remore ti chiama Coglione quando sopravvivacchi in un’università che paghi – eccome, se la paghi -, professori che ti trattano come figli ma come i figli si trattavano una volta, a bastone e carota si suol dire.

Ebbene, una di queste falle nel sistema è apparsa nella Uninorte. Professoressa, psicologa, marketinwoman, madre di un figlio che studia in Vietnam e di un altro che suona il sax contralto con Baltic Man in mezzo a un ufficio, la Nostra ha creato un’impresa senza particolari scopi di lucro se non quello di investigare giornalisticapsicologicamarketsocialmente nella disastrata Barranquilla. Un’impresa dove il personale è under30, e quando si festeggia un compleanno l’ufficio si blocca e appaiono pappagalli. Un’impresa dove, manco a dirlo, da un po’ di tempo passo i pomeriggi, e guarda lì che ti scopro che in Colombia, ebbene si, si può lavorare. E che lavorare, ebbene si, può essere un gioco.

Protagonista della storia è comunque una sedia. Una sedia, lo giuro, una sedia a dondolo. “La pechichona“, cosi si chiama, suole rievocare i bei tempi andati, quando a ritmo blando le nonne e le mamme lentamente ci trascinavano giù (o su) nel mondo (soprattutto in Colombia, dove quest’oggetto conserva il suo aplomb) richiama alla saggezza popolare: lì si siedono governanti, artisti, faccendieri, gente che viaggia in moto dall’Alaska alla Patagonia, futuri santi, poeti e navigatori. Un progeto di “marketing culturale”, nato dalla fantasia della Profesora di cui sopra e rapidamente diffusosi nel Barranquillese. Geniale. Assolutamente geniale.

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5 Responses

  1. Doppiafila ha detto:

    Sembra divertente… e c’é un tuo scritto in home page! Ebbravo Baltic 😉
    Saluti, Doppiafila

  2. Donquishote ha detto:

    Consumare, consumare ….anche la cultura e l’arte si consumano e quindi bisogna educare il consumatore. No la cultura non si consuma, l’arte non si consuma…la cultura è strumento per fruire dell’arte.
    La cultura si conquista con lo studio e l’esperienza, l’arte arricchisce lo spirito ma non dovrebbe essere mercanteggiata.
    Adesso per soddisfare il mercato si costruisce il pezzo artistico, basta che un intellettuale o un media dica che qualcosa è bello e dice…(qualcosa) ed ecco che frotte di consumatori si precipitano a comprare…ed ecco che qualcun altro si mette a studiare il fenomeno.
    Ciò accade perchè in fondo in fondo non sappiamo cosa far fare a 8 miliardi di esseri umani.

  3. Baltic Man ha detto:

    In sostanza si. Ma anche il produttore di Arte ha bisogno di mangiare!
    Niente comunque è più soggettivo di un concetto di Cultura, se non il concetto di Arte.
    L’oggettività è l’ignoranza, impartita come becchime quando un media (non serve l’intellettuale) dica che un film/canzone/libro vada visto/ascoltata/letto e la massa obbedisce compatta.

    L’arte, quella che di solito nasce nell’underground e muore con il primo contratto serio (è successo a tanti cantanti, scrittori o registi), è ancora viva e attiva. Se non in Italia, lo è nel nord Europa e negli Stati Uniti, e il Sud America ha il suo potenziale infinito lì sotto che spinge. E il suo consumo è per molti un bene di stretta necessità…

    …per inciso, i viaggi mentali che partono con Donquishote sono tali e quali a quelli che nascono col Donquishote jr…!

  4. Donquishote ha detto:

    Mi spiace di essere così pericoloso!!

  5. Baltic Man ha detto:

    Robe di famiglia 🙂

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Diary of a Baltic Man

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