Caronte

19 Mag

Completamente immerso nel gioco di specchi tra Sinclair e Demian, non mi ero per niente accorto di essere fermo su un autobus da più di un’ora. Dal finestrino lì accanto s’intravedeva l’aura arancioneartificiale di Barranquilla, e Santa Marta era rimasta indietro 4 o 5 ore prima.

Svegliato dall’incanto da due spagnoli e compar Leo, in un attimo abbandonammo il sedile per incamminarci sotto la luna verso la città, in una lunga processione di massa fianco a fianco a figure di autobus, tir e mezzi vari abbandonati sulla carreggiata. I camionisti, intanto (sempre c’è da imparare, dai camionisti) legavano la lora amaca tra il serbatoio e il semiasse posteriore, e nel loro giaciglio godevano dell’imprevisto. Al lato, i colombiani lì residenti (sempre c’è da imparare, dai colombiani) improvvisavano i più svariati commerci, e in mezz’ora era possibile comprare qualsiasi sorta di bene desiderabile. Lume di candela e luna di Caribe erano la cornice naturale del tutto.

D’improvviso, e in tutti i sensi, la luce:  in una sorta di sciamanica messa, urla e fiamme invadevano la strada, non un ritorno allo spiritismo ma una moderna ed improvvisata protesta. Gli abitanti del barrio della “Tasejera“, povero insieme di capanne e polvere nei sobborghi di Barranquilla, protestavano così contro i tagli all’elettricità con cui erano stati puniti da ormai 3 giorni.

Non entrerò nel merito della protesta, semplicemente perchè protesta non fu. Si convertì piuttosto rapidamente, semmai, in un attacco di massa contro la folla errante e contro gli unici Kamikaze presenti (i taxisti) con l’unico e poco nobile scopo del saccheggio, saccheggio a mano armata (di bastone e bottiglie di vetro). Per una volta, non era quel branco di disperati a cercare di avvicinarsi al mondo ma il mondo stesso a fermarsi in mezzo alle loro capanne, e per di più al chiaro di fiamme e luna.

Uscirne non è stato facile. Basterà dire che, in un’amplesso di trasfigurazione e poesia, trovammo alla fine il nostro fiume e il suo Caronte. Per raggiungere l’altra riva del Magdalena, un formidabile taxista ha addobbato il finestrino del suo taxi con un paio di biglietti da 1000 pesos su cui la folla si è fiondata, liberando il cammino. Per ogni storia la sua morale: sempre c’è da imparare, dai taxisti.

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5 Responses

  1. Cournot ha detto:

    Tre semplici parole:
    da caghese acol.

  2. Baltic Man ha detto:

    Semplice e conciso. Un piemontese.

  3. Donquishote ha detto:

    Quanti maestri solo perchè in un barrio colombiano, a Napoli e giù di là, caro Baltic Man, scommetto che la tua sete di sapere sarebbe soddisfatta mica male. Ma si sa l’erba del vicino (10000 Km?) è sempre più verde; in questo caso forse anche di diverso aroma….

  4. Anonimo ha detto:

    Ciao,
    bhe che dire dopo una tal descrizione.Mi sembrava di leggere una poesia. Sono sempre affascinata dalle tue storie, complimenti davvero……Comunque è vero c’è sempre da imparare …. ma da chiunque e dovunque anche nelle situazioni piu’ inverosimili. Sai qui da noi sono periodi che i napoletani vivono giornalmente nell’aura rossa del fuoco che incenerisce la “monnezza” e sono convinta che anche a Napoli c’è chi saccheggia . Saccheggia la vita di chi è inerme davanti a sto’ scempio….Ti saluto buon proseguimento di avventura.
    Jenny.

  5. Baltic Man ha detto:

    Mi piace leggere di napoli sui quotidiani online di mezzo mondo. Mi fa sballare.

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Diary of a Baltic Man

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