Calle 84 6 a.m.

09 Giu

Una strana sensazione nell’aria. Una casa incomprensibilmente vuota, per la prima volta i muri sono bagnati di una sostanza riflettente che non contempla i fantasmi. La casa è vuota, la stanza è vuota, le anime stesse sono vuote e ripetitive e paranoiche. Empty, vacìo. Parlano i chiodi nei muri, urlano al fumo la disperazione totale: llevaban en ellos trozitos de vida, trozitos de vida ahora cerrados en malletas y recuerdos.

L’armata dei superstiti accalorata agonizza intorno a una tavola. Il fondo è di vetro, attraverso lo sguardo s’intravedono piedi e immondizie e battiti di ali. Una combriccola di zombies, incollata a vicenda da dadi e bottiglie, da miele e parole, da brividi e buio. La superficie vitrea riflette un computer, cordone artificiale e itinerante. Nei suoi viaggi sbatte nella notte piccanti individui dalla città dell’ovest al disordine costeño.

Le parole volano e le mani scivolano nel caldo umido di vertigine e furore. Mentre i clacson accendono, le luci uccidono, le carezze smuovono la moltitudine di depravata passione. ¿Hai perso il filo? Anche io. Nel tombino di una città senza tombini.

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3 Responses

  1. Donquishote ha detto:

    Possibile che il computer possa diventare un’ancora di salvezza per gli zombies?

  2. Baltic Man ha detto:

    Perbacco, una volta c’erano le taverne!

  3. Donquishote ha detto:

    Le taverne producono gli zombies e ne sono ricettacolo, come certi eventi “musicali”.

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Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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