CatatumboSky

21 Ago

Ogni notte a Catatumbo il cielo si ribella. Sono le mangrovie, le mangrovie e il metano delle loro foglie, massa gassosa a spasso per il vento cercando di esplodere. Poi la miccia arriva, tra la bassa pressione del lago piú grande del SudAmerica e il filo di rame delle prime Ande e s’illumina di violenza il cielo di Catatumbo. I suoi lampi spaventano le iguane, risvegliano le scimmie ed accecano la selva, disturbano i pellicani ed incantano i pesci nella potenza della loro energia; semplicemente, succedono. I pappagalli lo sanno, e si addormentano sugli alberi più bassi per sfuggire a questo cielo che a mezzanotte si sveglia nell’amplesso tra aere e suolo, prepotente, e come un fotografo ubriaco acceca coi suoi flash continui i mille occhi che lo guardano, mille occhi rossi puntini gotici nel nero, radar e percezione nella scacchiera di questa selva. Il più grande e il più veloce e il più intelligente e il più fortunato vinceranno, alla faccia di chi non aveva le carte in regola con dimensioni riflessi cervello o destino, chi lo sa. E mentre scaglia sui vivi il suo energetico esistere, automaticamente ne illumina gli intrecci, e lo stanco pescatore, l’innamorato di uccelli tropicali, il cacciatore di caimani e l’inguaribile vagabondo piccoli appaiono, insieme, sotto il cielo di Catatumbo.

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Diary of a Baltic Man

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