Pianura elettrica, spazio elevato al cubo. La città evolve verso l’alto, verso il lungo, verso le acque di un fiume che già sembra mare. Inguaribile rimpianto per un futuro che non esiste più, un futuro che non è mai esistito, agrodolce follia tra presente e passato e passato e futuro. Rock e distorsione per le strade, rock melodico da dehor francese sorseggiando mate, non ci sono monetine non c’è marihuana ma c’è rock, rock, sui marciapiedi di Avenida Alcorta. Generale positivismo di tempi incerti, il mondo va a puttane e noi ci stiamo tutti comodi sullo stesso taxi, hermano. Le tarde luci di un’estate invertita accompagnano l’effetto-placebo, la notte tarda a scendere tra i colori del parco, nella colonia dei disperati felici.
Archive for febbraio, 2009
Aires
Buenos Aires dall’alto é una roba semplicemente complicata. Un insieme di microchips sconnessi tra loro, reticolati geometrici radicati nel verde. Una cittá che non esiste, e cinque o sei cittá tangibili separate tra loro. E quel fiume, quel fiume enorme, l’acqua nera come il cielo. Luce fino a sera, estate nell’emisfero australe, caldo, caldo, caldo.
Baltic Man capitolo terzo
Il treno, ah, un treno è sempre così banale se non è un treno della prateria o non è un tuo “Orient Express” speciale, locomotiva di fantasia. L’ aereo, ah, l’ aereo è invece alluminio lucente, l’ aereo è davvero saltare il fosso, l’ aereo è sempre “The Spirit of Saint Louis” ,”Barone Rosso” e allora ti prende quella voglia di volare che ti fa gridare in un giorno sfinito, di quando vedi un jumbo decollare e sembra che s’ innalzi all’infinito. E allora, perchè non andare in Argentina? Mollare tutto e andare in Argentina, per vedere com’è fatta l’Argentina… Il tassista, ah, il tassista non perse un istante a dirci che era pure lui italiano, gaucho di Sondrio o Varese, ghigna da emigrante, impantanato laggiù lontano. Poi quelle strade di auto scarburate e quella gente anni ’50 già veduta, tuffato in una vita ritrovata, vera e vissuta, come entrare a caso in un portone di fresco, scale e odori abituali, posar la giacca, fare colazione e ritrovarsi in giorni e volti uguali, perchè io ci ho già vissuto in Argentina, chissà come mi chiamavo in Argentina e che vita facevo in Argentina? Poi un giorno, disegnando un labirinto di passi tuoi per quei selciati alieni ti accorgi con la forza dell’ istinto che non son tuoi e tu non gli appartieni, e tutto è invece la dimostrazione di quel poco che a vivere ci è dato e l’ Argentina è solo l’ espressione di un’ equazione senza risultato, come i posti in cui non si vivrà , come la gente che non incontreremo, tutta la gente che non ci amerà , quello che non facciamo e non faremo, anche se prendi sempre delle cose, anche se qualche cosa lasci in giro, non sai se è come un seme che dà fiore o polvere che vola ad un respiro. L’ Argentina, l’ Argentina, che tensione! Quella Croce del Sud nel cielo terso, la capovolta ambiguità d’ Orione e l’ orizzonte sembra perverso. Ma quando ti entra quella nostalgia che prende a volte per il non provato c’è la notte, ah, la notte, e tutto è via, allontanato. E quella che ti aspetta è un’ alba uguale che ti si offre come una visione, la stessa del tuo cielo boreale, l’alba dolce che dà consolazione e allora, com’è tutto uguale in Argentina! Oppure, chissà com’è fatta l’ Argentina, e allora… “Don’t cry for me, Argentina”
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Déja-vu
L’aria si fa rarefatta. Il respiro risuona nelle orecchie, poi nei timpani, da lì nel sistema nervoso e si trasmette ai muscoli e li contrae in direzione-spasmo. E il cuore è un muscolo, il cuore reagisce, il cuore accelera i battiti e li esalta e li esaspera e si converte nel motore stesso del meccanismo in atto, del processo inevitabili.
I timpani fuori uso riducono all’effetto sordina le voci del mondo di fuori. E’ una specie di autodifesa del corpo umano, un invito a nutrirsi di emozioni e rigettare il superfluo. S’ingozza lo spirito nella bulimia di eccitazione e timori, l’assimilazione è totale e l’accumulatore al limite. Un leggero strato di armonia sintetica avvolge e protegge l’equilibrio raggiunto.
Calci e pugni contro i pessimismi. Anatemi e domande rivolte al Destino, ed il Destino che smette di essere un’invenzione dei poeti e scende nel mondo fatto di uomini e bulloni. L’ennesimo bacio di addio appoggiatosi su guancie ormai inaridite da strazianti partenze e nebulosi arrivi.
Shantaram
Quest’omino qui sopra è l’autore di Shantaram, una storia tutt’altro che banale ricca di ottimi spunti di riflessione che vi consiglio di leggere, senza aspettare la trasposizione cinematografica che sta preparando Jonnhy Depp, o magari, di leggere, aspettando la trasposizione cinematografica di Jonnhy Depp (sono 1.200 pagine)…
Il mondo è governato da un milione di malvagi, dieci milioni di stupidi e cento milioni di vigliacchi. I veri malvagi non sono più di un milione in tutto il mondo. Quelli veramente ricchi e potenti, quelli che prendono le decisioni che contano…un milione al massimo. I dieci milioni di stupidi sono i soldati e i poliziotti che fanno rispettare le decisioni dei malvagi. Eserciti e polizia di una dozzina di nazioni importanti, più quelli di una ventina di altri paesi: in totale dieci milioni di uomini in grado di esercitare un potere effettivo. Spesso sono coraggiosi, non lo nego, ma anche stupidi, perchè sacrificano la vita per governi che li considerano soltanto pedine su una scacchiera. Prima o poi vengono traditi o abbandonati. Le nazioni dimenticano in fretta i loro eroi di guerra. Poi ci sono i cento milioni di vigliacchi, vale a dire burocrati, pennaioli e imbrattacarte che fanno finta di niente e permettono ai malvagi di governare. […] Cento milioni di vigliacchi che sanno la verità ma tengono la bocca chiusa, mentre firmano documenti che portano un uomo davanti al plotone d’esecuzione, o che condannano un milione di persone ad una lenta morte per fame.
240.000 copie vendute…
Ieri notte sono entrato in una libreria di Torino, uno di quei posticini dove si ostinano a non vendere le biografie di Cassano, ed ho sinceramente apprezzato il più giusto e ragionevole uso che un libraio d.o.c. dovrebbe fare dei libri di bruno vespa:
“…la strana idea che c’ho di libertà “
La Rai ha un’orchestra (notevole, considerata la migliore, in Italia. Con sede a Torino) i cui componenti sono a tutti gli effetti lavoratori della rete pubblica, 365 giorni all’anno. Eppure, al festivaldisanremo verranno assunti una settantina di musicisti “a chiamata”, e nessun musicista dell’orchestra ufficiale sarà fra di loro. Perchè? Non lo so. La domanda sarebbe piuttosto: perchè continuare a pagare il canone?
Avion Travel, Sentimento. Consoliamoci.
Signora societÃ
Hai firmato un mutuo di quarant’anni per comprarti il villino, e mi parli del mio futuro che è ormai fottuto.
Vai in chiesa a costruirti il mito di vite ultraterrene, e firmi decreti folli per esorcizzare – terrorizzato – la morte.
Sopporti un amore per inerzia, e pretendi d’infarcirmi coi tuoi discorsi del cazzo sul senso della coppia.
Spegniti, messaggero ipocrita di consigli non richiesti. Accetta e riconosci l’esistenza del bello, del diverso, dell’arte, della devianza, della prospettiva, del punto di vista, della personalità , di tutto ciò che può esulare da quelle due linee rette che hai tracciato per me. Lasciami vivere giorno per giorno finchè morte non mi separi o finchè ne avrò voglia, e se proprio vuoi salvare una vita, comincia dalla tua.
Niente da dire più
Tags: Blog, commenti, declino, democrazia
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Questo blog mi cancella i commenti. Questo blog vi cancella i commenti. Lo giuro. Sono segni inequivocabili del declino in cui il mondo sta precipitando.