L’aria si fa rarefatta. Il respiro risuona nelle orecchie, poi nei timpani, da lì nel sistema nervoso e si trasmette ai muscoli e li contrae in direzione-spasmo. E il cuore è un muscolo, il cuore reagisce, il cuore accelera i battiti e li esalta e li esaspera e si converte nel motore stesso del meccanismo in atto, del processo inevitabili.
I timpani fuori uso riducono all’effetto sordina le voci del mondo di fuori. E’ una specie di autodifesa del corpo umano, un invito a nutrirsi di emozioni e rigettare il superfluo. S’ingozza lo spirito nella bulimia di eccitazione e timori, l’assimilazione è totale e l’accumulatore al limite. Un leggero strato di armonia sintetica avvolge e protegge l’equilibrio raggiunto.
Calci e pugni contro i pessimismi. Anatemi e domande rivolte al Destino, ed il Destino che smette di essere un’invenzione dei poeti e scende nel mondo fatto di uomini e bulloni. L’ennesimo bacio di addio appoggiatosi su guancie ormai inaridite da strazianti partenze e nebulosi arrivi.