L’America è un concetto e non un luogo

12 Mar

Pare che l’Argentina degli anni dieci, o venti, o trenta, fosse un casino ineguagliabile di elementi. Mi piace immaginarla come un foglio bianco, infinito, dove milioni di linee definiscono un’elaborazione astratta. Fusione di elementi, apoteosi della novità, celebrazione del Diverso: tutto esplodeva nell’assenza di regole, l’Uomo poteva allargare le braccia e graffiare la Libertà.

Quattro abitanti su cinque, nella sua capitale, erano immigrati. Quattro abitanti su cinque, e nessuno dei quattro parlava la lingua degli altri tre. Avventurieri, disperati, fuggiaschi, yugoslavi, quintogeniti, primogeniti erranti, italiani, coppie affamate, musicisti incompresi, spagnoli, affaristi falliti, pizzaioli, annoiati, esiliati. Ognuno sceso dal suo transatlantico in un Mondo Nuovo X, la chiamavano Buenos Aires ma avrebbe potuto tranquillamente essere New York, o Timbuctu: mio nonno stesso, ancora oggi, chiama tutto ciò che esiste dall’altro lato di un ipotetico oceano La Merica, un elemento indefinito dove tutto è presumibilmente più grande, più verde, più dubbio.

Vista da lontano, Merica (o Buenos Aires) era, allo stesso tempo, overdose e religione, ribellione e SecondLife, futuro e fantascienza, rinascita e morte.

Difficile immaginare un luogo migliore, di quell’Argentina degli anni venti.

p.s. nuove foto su flickr.

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8 Responses

  1. A.Russo ha detto:

    Io conosco una storia molto interessante sulla nascita del tango. Il tango sarebbe nato nei bordelli, dove gli immigrati, italiani, polacchi, russi e di altre parti del mondo aspettavano le donne. Durante l’attesa, questi lavoratori in cerca di fortuna si intrattenevano ballando uomo con uomo, imitando ironicamente i gesti della danza tra uomo e donna. Proprio da quei movimenti, spesso ironici, sarebbe nato il tango.

  2. A.Russo ha detto:

    So anche che molti argentini sono di origine veneta. la “diaspora veneta” vide fuggire dal veneto e dalla povertà dell’italia ottocentesca ben un milione e mezzo di persone. Era la classica catena di sant’antonio: un italiano si sistemava lì e chiamava con se mogli, figli, amici, parenti e così via.

  3. A.Russo ha detto:

    Mi piace (perdonami lo sfogo, caro Sandro) il fatto che in Argentina prevalga l’uomo virile e un po’ vecchio stampo, in tempi in cui va di moda il metrosexual e l’uomo narcisista e curato come una velina.

    Ricordo la differenza tra Batistuta ed Edmundo: Edmundo lasciò la squadra per diverse partite a metà campionato perchè doveva godersi il “Carnevale di Rio” (era una clausola del suo contratto).

    Batistuta, uomo temperamentale e suo compagno di squadra nella Fiorentina, commentò: “sta facendo ridere tutta l’Italia”.

  4. Cournot ha detto:

    “La storia di Buenos Aires sta scritta nel suo elenco telefonico. Pompey Romanov, Emilio Rommel, Crespina D.Z de Rose, Ladislao Radziwil ed Elizabeta Marta Callman de Rothschild – cinque nomi scelti a caso sotto la R – raccontavano una storia di eselio, delusioni e ansie nascosta dietro una cortina di merletti”

  5. Cournot ha detto:

    “Presi il treno per La Plata per vedere il miglior museo di storia naturale del Sud America. Nello scompartimento c’erano due delle vittime di ogni giorno del machismo, una esile donna con un occhio pesto e una ragazzina malaticcia attaccata alla sua sottana.”

    Bruce Chatwin, In Patagonia

  6. Baltic Man ha detto:

    Grazie per i vostri interventi pienamente in linea con il concetto del post.
    Cournot, ho visto su anobii che stavi leggendo In Patagonia. Merita??

  7. Cournot ha detto:

    Secondo me merita leggerlo stando in Italia, per te che sei in Argentina…
    Non è solo un racconto di viaggio (anzi forse mi sarei aspettato un po’ di più da quel punto di vista, unica pecca). In compenso porta avanti tutta una serie di storie e di personaggi legati alla Patagonia che ritrova nei vari luoghi in cui si ferma.

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