Archive for aprile, 2009

Un popolo un perchè


27 Apr

“Gli argentini? Sono italiani che parlano spagnolo, vestono francese e sognano di essere inglesi”.

Valpo


20 Apr

Valparaiso è come scivolare giù per l’appennino ed incontrare il mar della Liguria.

No davvero. Lo dice anche una cartina, controllare per credere. Il Chile altro non è che una striscia lunga e sottile di montagne a ridosso del mare, in un’impressionante discesa che non si esaurisce quando inizia l’acqua, perchè le Ande continuano sotto il livello del mare e producono quelle onde impressionanti che solo il Pacifico concede ai surfers. In più, i cileni parlano uno spagnolo decisamente divertente, un po’ come i liguri con il loro accento (il 50% dei lettori di questo blog è ligure, l’altro 50% vi giunge digitando su google “fighe baltiche”.).

Valparaiso, si diceva, è – con ragione – una delle città più caratteristiche del globo terraqueo, salvaguardata tra l’altro da quella cosa mistica che è l’UNESCO. Immaginatevi una città anarchica, anarchica non solo nell’anima ma anche nell’architettura, dove ogni figlio del mare strappava qualche metro alla montagna per costruirsi la sua casa: Genova, per esempio. Valparaiso è uguale, ma le sue case sono più recenti, più colorate, più decadenti, più assurde. Più sudamericane.

E qualche kilometro più in là, cresciuta in una baia meno portuale e più pretestuosamente elegante, Vina del Mar, sede del festival di musica hispanica più importante e prestigioso in assoluto. Perlomeno negli anni cinquanta e sessanta, prima che televisioni e farandula lo convertissero, guarda caso, in una kermesse di personaggini insignificanti, e la musica decente scomparisse per lasciar posto a un’allegra banda di payasos

Pesce d’aprile boliviano


04 Apr

Giovedì non c’era nessuno nella città, fuori dal terminal del bus. Le strade vuote nell’ora della siesta, i ristoranti semivuoti e ogni negozio chiuso nella Mendoza post-meridiam. Un giorno di lutto nazionale, e non era per la commemorazione delle sciagurate Falkland, e nemmeno per la morte di Alfonsìn, il primo presidente post-dittatura.

Mendoza (e l’Argentina) era a lutto per il 6-1 rifilato dalla Bolivia alla Selecciòn, nei preliminali del mondiale di fùtbol. Sei a uno. Dalla Bolivia. Dalla Bolivia, i vicini di casa (ed immigranti) sfigati. Pressochè ultimi in classifica.

E tutti a ripensare a Maradona, al Maradona bolivariano che visitava Chavez ed Evo Morales, e contestava -  a fianco del Presidente boliviano – l’inagibilità sancita dalla FIFA allo stadio di La Paz, 3.600 metri d’altezza.  Non si è appellato alle difficoltà dell’alta quota, il buon Diego. Almeno per questa volta, è un ex-presidente morto a salvarlo.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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