Archive for agosto, 2009

Moderno notturno


25 Ago

Poi, si svegliò. Una spranga di ferro rovente sulla carne, o qualcosa del genere. Sulla sua pelle brillava sicura la luce del sole, figure geometriche ritagliate in due interessanti figure parallele dalla finestra sopra di lui, la tangibilità materiale degli elementi si focalizzava velocemente, stimolate dal frastuono ritmico dell’elica appesa al tetto. Impossibile resistere al risveglio tropicale. La notte, entità sacra per l’anima dell’uomo, era definitivamente finita, bruciata da una potenza superiore. Ogni attività umana sarebbe allora scivolata, già dal primo mattino, verso un placido sopravvivere, nell’attesa di un’altra notte.

Notturno moderno


21 Ago

Tornato a casa, si rifugiò nel computer. Non aveva ancora tirato via i piedi dalle scarpe, che già digitava la password. C’era qualcosa di inquietante, nella morbosità con la quale seguiva piccoli quadrati blu accendersi, sullo schermo. In un certo modo, quel computer non era nient’altro che uno scudo di protezione. Nei crepuscoli dalle ombre lunghe, quando le tenebre si mescolavano con il vento, i suoi vicini avevano imparato ad affidarsi alla notte. Tutto si spegneva quando si spegneva il sole, ed ogni comportamento deviante era considerato una palese mancanza di rispetto nei confronti di un’entità mistica come l’oscurità, secondo una regola universale tacitamente condivisa. F. non riusciva a sottomettersi pienamente all’autorità della notte ma tantomeno poteva sfuggirne, e lo schermo bianco pareva costituire una buona ancora di salvezza nell’inconsistenza degli altri oggetti intorno. Entrambi, lui come il mondo esterno, erano consapevoli della loro inermità nei confronti della notte,di un senso di smarrimento reciproco ed inevitabile -apatia obbligatoria-, di una tregua inevitabile ed imminente, della rivelazione. Ed era esattamente nel momento della tregua che il computer attirava nella sua rete l’inerme uomo, con l’illusione di poter offrire un rifugio e una direzione ai sentimenti più reconditi del suo pensiero.

Malditos gringos


18 Ago

Leer “La otra historia de los Estados Unidos“, de Howard Zinn, es una operaciòn dolorosa. Leerlo en tierras de bases militares, de “plan Colombia”, de “guerra al terrorismo”, peor aùn.

Howard Zinn cuenta la historia con otros ojos, los ojos de los jodidos. Indigenas, negros, obreros, comunistas, socialistas, anarquistas, migrantes, italianos, judìos, latinos, mujeres: todas esas categorìas que desde el 1492 encontraron una versiòn distinta al clàsico “American Dream”. La historia que sobresale habla solamente de guerra, de conflictos, de ganancia, de productividad, de enemigos, de “bien” contra “mal”. Desde sus primeros holocaustos, la masacre en contra los pueblos Arawak, el guiòn es un palabreo populista de dirigientes vulgares, incultos, guerreros.

Lo que màs parece absurdo, en esta deprimente realidad, es la actitud de los jodidos. O sea: de todos nosotros. Cada vèz màs engañados con historias còmo la del 11 de septiembre, o con cuentos de bases aereas y planes Colombia, de terroristas y comunistas y dictadores, mudos frente a un gigante que deja morir sus ciudadanos por la calle pero tiene toda clase de protecciòn legal para las sociedades acionarias.

Años y años frente a las pantallas de Hollywood, para darse cuenta, al fin, que el enemigo era el FBI.

There’s never been equality for me,
Nor freedom in this “homeland of the free.”
Say, who are you that mumbles in the dark?
And who are you that draws your veil across the stars?
I am the poor white, fooled and pushed apart,
I am the Negro bearing slavery’s scars.
I am the red man driven from the land,
I am the immigrant clutching the hope I seek—And finding only the same old stupid plan
Of dog eat dog, of mighty crush the weak.
I am the young man, full of strength and hope,
Tangled in that ancient endless chain
Of profit, power, gain, of grab the land!
Of grab the gold! Of grab the ways of satisfying need!
Of work the men! Of take the pay!
Of owning everything for one’s own greed!

Let America be America again – Langston Hughes

Sergio Fajardo


13 Ago

Hoy apareciò por ahì en la Universidad Sergio Fajardo, candidato presidente sin ninguna clase de relaciones con partidos politicos. Mucha gente, buena la actitud.

Profesor de matematica en la Nacional, alcalde de Medellìn, este hombre està recorriendo desde hace veinte meses a Colombia con un mensaje bastante sencillo y jodido: la transparencia. Una piedra encima a la narco-farco-para politica, y volver a la realdad de los 4 millones de desplazados internos, màs allà del vidrio. Dejarse atràs la basura del Uribez, entendida còmo esta mezcla asquerosa de criminalidad y populismo que une las dos actuales superstars politicas del Caribe.

El lenguaje de Fajardo es un himno al obamismo. En su estilo, en el jeans con camisa, en sus power-points dibujados con el lapiz, en los grupos de apoyos llenos de jovenes que llenan la red y los facebooks en todo el paìs. Si no fuera que Obama pueda manejar mejor que Fajardo toda Colombia (gracias al tetrico invento del Plan Colombia y de unas cuantas bases militares), una similitud entre los dos podrìa sèr posible.

Serìa otro mensaje interesante para otros pueblos, que se  tachan de “primer mundo” y siguen eligiendo los Berlusconi.

Punti di vista


11 Ago

L’indiano era particolarmente sensibile a tutti gli attributi sensoriali di qualsiasi elemento naturale del suo ambiente. Viveva all’aperto. conoscev a ogni acquitrino, radura, collina, rupe, sorgente, ruscello, come solo un cacciatore puó conoscerli. Non aveva mai compreso del tutto il principio su cui si fondava la proprietá privata del suolo, che non gli pareva piú razionale della proprietá privata dell’aria, ma il suo amore per la terra comportava un’emozione piú profonda di quella di qualsiasi proprietario. Se ne sentiva parte proprio come le rocce e gli alberi, gli animali e gli uccelli. La sua terra natía era un suolo sacro, santificato dalle ossa dei suoi antenati che vi riposavano, ed era il tempio naturale della sua religione.

Dale Van Every, The Disinherited.

Sembra che alla natura umana sia quasi intrinseco un principio di miglioramento progressivo. Nel corso della vita tutti ci sforziamo di arricchirci di onore, potere o di qualche altra cosa, il cui possesso ci permette di realizzare i nostri sogni a occhi aperti; e l’insieme di questi sforzi costituisce l’avanzamento della societá,. Ma nell’indole dei nostri selvaggi questo principio é assente.

Lewis Cass, Segretario alla Guerra dei nascenti Stati Uniti d’America.

Gravitá permanente


10 Ago

C’è la completa lontananza, lo specchio migliore per osservare qualcosa di interessante attraverso nuove prospettive, e si manifesta sottoforma di goccie d’acqua di un rubinetto che perde. La lontananza come bene necessario, come barriera per difendere da orecchi terzi le lunghe ore di conversazione tra anima e coscienza. Il sentirsi straniero per ritrovarsi a pensare nella propria lingua, ed impararne la grammatica sulle cattedre di scuola. Paradossi a cielo aperto, proprio lí dove i paradossi abbondano, un destino maledetto perché maledetta è la storia di questa terra, prima dei bianchi prima dei neri e prima ancora degli Indios, prima dell’invenzione di un dio necessario per maledire. Una solitudine condivisa, incastro tra jing e jang, bianco e nero fondono tra loro. Lo specchio della lontananza ora che lo specchio non c’è più, spaccato in sette frantumi da un rospo imparanoiato terminato chissá come nella mia stanza, maledetto sia anche il rospo.

La disillusione nello scrivere storie assurde senza il bisogno di inventarle; la quotidianità stessa è una storia assurda e la sua rappresentazione, nient’altro che un capolavoro fotografico.

La rivoluzione della coscienza


03 Ago

Si parla e si straparla di “informazione“, di “cultura”. La verita è che, immerso su un’amaca sotto un mango, a mezzanotte, qualsiasi individuo connesso a un computer ha maggiore accesso all’Informazione italiana che l’italiano medio col suo digitale terrestre. Provare per credere.

Il potere di internet, una cosa formidabile. Se solo lo si iniziasse a considerare come un pozzo di conoscenza, e non come una latrina dove scaricare insulti e stronzate.

Prendiamo ad esempio Zeitgeist. Si tratta di un documentario interamente “prodotto in casa”, senza nessun altro scopo se non una spinta collettiva (ce n’è bisogno, ammettiamolo) alla rivoluzione della coscienza, un punto di riflessione superpartes per osservare il mondo e le sue dinamiche agghiaccianti. Eppure “la gente” preferisce i quiz beoti sul facebook,anziché usare il suddetto come si dovrebbe, cioè condividendo materiale utile allo sviluppo del cervello umano.

Buona visione.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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