Archive for gennaio, 2010

David, di Michelangelo (Rojas)


26 Gen

DavidCome funziona? Semplice.

La Colombia è uno tra i paesi detentori del triste record di mine inesplose, nel suo ricco sottosuolo.

Il soggetto nella foto, che di mestiere fa il soldato e casualmente si chiama David, è una tra le migliaia di vittime del conflitto civile nazionale.

Un fotografo, che casualmente si chiama Miguel Angel (Rojas) e di mestiere fa l’artista, ha pensato bene di captare le coincidenze, ed immortalare una sua versione fotografica di un’opera d’arte tutta colombiana.

La foto, che è stata successivamente acquistata da Elton John, gira oggi per i musei di tutto il mondo, contribuendo una volta di più al buon nome di questo strano paese malato di violenza.

Allontanarsi dall’immagine permette di mettere a fuoco i diversi colori


24 Gen

L’essere umano ritrova sé stesso quando le candele finiranno presto, e resta un intero capitolo da leggere. Quando per lavare i pomodori deve prima rubare un secchio d’acqua al fiume, e la guerra contro gli insetti si gioca in termini d’arguzia, non di forza. Ritrova sé stesso nel canto dei grilli, o nel rumore di un motore che rompe il silenzio, ritrova sé stesso nei piedi sporchi e nelle mattine pulite, nel fuoco e nell’acqua nella sabbia e nel vento. L’essere umano ritrova sé stesso nei libri riletti e nei poemi scritti sui registri della mente, nell’incontro con la solitudine ed i suoi mille monologhi, osservando il cielo della Pampa ritrova la stessa luna di Langa. Ritrova sé stesso nel momento in cui si accorge di aver perso da tempo le chiavi di casa. Ma soprattutto l’essere umano ritrova sé stesso nel momento in cui inizia a cercare qualcosa da trovare.

Sandro de América


21 Gen

Non è alegria, non è baile, non è violencia il filo conduttore di questo gran continente latino. L’uomo comune, il simbolo di un unico grande popolo è (era) un cantante argentino, tanto sconosciuto in Europa quanto popolare tra le sue genti: Sandro de América. A Buenos Aires come a Bogotà, in Chile e in Ecuador, nelle case del pueblo così come nei giradischi dei ricchi, Sandro alias el Gitano è la costante sempre presente, il simbolo d’identità. Giuro di aver visto metallari alcolizzati mettere le mani avanti, come per dire “no. Sandro non si tocca”, ed intere famiglie ascoltare i suoi dischi in macchina, la domenica. Al punto che, per comodità, ad ogni incontro con sconosciuti, ho imparato a presentarmi “Sandro. Come il cantante”.

Le ragioni del suo successo? Era bianco, era argentino, era il cosiddetto “figo”. Era dotato di una voce impressionante (“la voz”), e di una grande abilità nel modularla a seconda dell’interpretazione. Pioniere del rock nel sud, si convertì presto in una stella della musica melodica, dopo una rapida stima in termini di profitti economici. I suoi dischi furono i più venduti negli Stati Uniti, tra i latinos, e la sua carriera sfociò presto nel cinema. Impressionante il delirio che gli tributavano le fans, di ogni epoca ed età.

Consumato dal tabacco e dalla vita, il 4 gennaio la Voz de América se ne è andata (difficile dire é passato a miglior vita). La cosa assurda, in tutto ciò, è che non si chiamava neppure Sandro. I funzionari del Registro Civile, nella Buenos Aires degli anni ’40, lo avevano considerato un nome illegale.

L’immagine della profezia


19 Gen

El autor del cuadro Oswaldo GuayasamIn. EL MACUTO,Quando negli anni Settanta dipinse “El Macuto” (Il bruto), Oswaldo Guayasamin concretizzò su tela una sua immagine visionaria. Aveva previsto, nel fuoco dei cattivi presagi che popolavano l’America Latina di quelle epoche difficili, l’ennesimo caudillo populista a minacciare il futuro del suo popolo, un uomo “che avrebbe creato conflitti internazionali e sarebbe rimasto più di un decennio al potere”.

Trentacinque anni più tardi, è curioso costatare come l’arte continui ad essere l’avanguardia dell’umanità nella rincorsa al proprio futuro, dimostrando molta più fantasia come la realtà stessa. Un venezuelano, di fronte a “El Macuto”, non può fare altro che sperare di essere di fronte ad un altro ritratto di Dorian Gray.

Fragmentos de Quito


15 Gen

Quito es una mochilla llena

Quito es una mochilla llena. Trajes multicolores, niños colgando de las espaldas de sus madres, rostros de América. Bibliotecas blancas y atardeceres de altura, Quito es la larga trenza negra de la viejita en el trolebus. Seco de chivo, jugo de viaje, olor de tiempos antiguos en las calles sin luz. Pero tambien montañas y cielo, perros callejeros y miles de pieles, este eterno flotar entre la linea de los dos hemisferios, los graffitis fuera de la ventanilla, las siete de la mañana caminando hacia el mercado de San Roque. Quito es una mochilla llena.

Quito desde la ventana de Guayasamin

Como en un cuadro dinámico, sus colores se mueven a paso continuo, y hay quien dice que hasta la noche y el día se alternan en el lienzo, respetando los ritmos del cielo. También el sujeto va cambiando: la imagen de hoy ya no es la misma de ayer. Culpa del tiempo, que ha añadido elementos al dibujo inicial, así que el verde de las montañas se fue manchando de gris. Lo cierto es que, en su Capilla, el gran pintor quiso enmarcar en un vidrio la obra más complicada, la única que no es suya porque es de todos.
Meteoras

Hijo de un jaguar y padre de hijos olvidados, habla a los pájaros y canta con los espiritus, aunque el ruido de la ciudad lo encierre en un solitario silencio. Su tatarabuelo era un gran chamán del tiempo perdido, y vivió casi 120 años. No me dijo su nombre porque no tenía alguna importancia, pero se despidió regalandome una de las plumas más bellas que haya visto nunca, verdes como la selva. Y después se bajó del bus para hundirse en un mar de miles y miles de otras historias, todas reales y absurdas como la luna.

Una tarde en la Biblioteca Nacional

El silencio del edificio era su ausencia de luz artificial. Bajo las obligaciones de un tiempo de crisis, jóvenes hombres y jóvenes mujeres gozaban a la luz de la tarde de su oasis de paz. Había quien descubría la lucha de los abuelos, y quien se dedicaba a escribir el futuro. Rostros particulares, exóticos, los volcanes y la selva y la sierra y miles de años de sol del ecuador se materializaban todos en sus caras, y me fascinaban. Después volví a mi libro. Contrariamente a cuanto uno imagina, las bibliotecas no se parecen todas.

<-- | -->


14 Gen

Ochomil Cerruti, dicen que serán traídos
a poblar la Sierra Nevada de Santa Marta. Si un Cerruti
nos ha bastado para darnos la carga que nos ha
dado ¿qué haremos con ocho mil? Valía más que nos
trajesen culebras o alacranes. En la Argentina, ya no
saben qué camino tomar con los italianísimos. Pero
nosotros siempre seremos tontos e inexpertos.

“Ottomila Cerruti, dicono che verranno a ripopolare la Sierra Nevada di Santa Marta. Se un Cerruti ci è bastato per creare tutti questi problemi, che faremo con ottomila? Sarebbe stato molto più utile se ci avessero portato vipere o scorpioni. In Argentina, non sanno più che farci con gli italianissimi. Eppure, noi saremo sempre più tonti ed inesperti…”

Da Colombia Cristiana, 1892, a proposito dell’immigrazione italiana nella Colombia del Nord. Il Cerruti in questione fu un personaggio scomodo per l’oligarchia colombiana, un qualcosa come i vari “Imam terroristi” dei tempi moderni.

Viajando por Colombia


09 Gen

Este gran jardin lleno de frutas y de colores y de caballos y de cafè y de mangos y maracuja, este gran jardin cercado por kilometros y kilometros de alambre metàlico, este gran jardin que sube y que baja se moja y se seca se calienta se enfrìa se llena de flores, este gran jardìn de flores coloridos como las pieles de su gente, este gran jardin de montañas y desiertos, cuevas y sol,  rìos y mares y rìos como mares, que parece mojarse en la humedad de su tròpico para despuès secarse a la brisa de la noche, este gran jardìn rojo y azul porquè el amarillo de su bandera se lo llevaron todo con barcos y ferrocarriles, este gran jardin donde el arte està en el aire y los viejitos te hablan en el bus, este gran jardin tan igual y tan distinto, tan rico y tan pobre, paraiso de la naturaleza y infierno del hombre, tendrà algun dìa un pueblo que sepa sentarse sobre su hierba, y gozar de èl?

Avanguardie selvatiche


03 Gen

La Comunità Indigena di Sarayaku non è il posto migliore del mondo solamente perchè scarseggia di buon vino. Eppure poco ci manca, perchè questo pezzo d’utopia nascosto nella selva, occulto al conquistador ed ostile al missionario gesuita, ha saputo raggiungere a piedi scalzi il terzo millennio carico di grande forza innovativa.

Basti immaginare il contesto ambientale. Una distesa di verde grande quanto un continente, questa selva Amazzonica che è tutto ciò che ci resta, di cui Sarayaku rappresenta l’ultima frontiera “civile”, prima di perdersi nel regno dei giaguari e dei selvaggi. Il fiume come unica via di comunicazione con la prima città, lontana cinque ore di canoa, se la canoa è a motore. L’aereo (un precario modello da cinque passeggeri + pilota) come mezzo alternativo, e può capitare di aspettarlo per giorni (ed infatti è capitato).

L’unico supermercato disponibile è la Naturaleza. PachaMama, in lingua kitchwa. Pesci e carne a completare una dieta a base di yuca, e la chicha ad innaffiare le feste (e qua si sente la mancanza del vino, soprattutto quando si scopre il processo di produzione della chicha). Un vecchio capo indigeno è il saggio della Comunità, e la sua parola deriva direttamente dall’acqua e dal cielo, si è tramandata nelle generazioni attraverso la carne ed il verbo orale, ed ha raggiunto una saggezza alternativa e completamente indipendente alla scienza dell’uomo bianco.

Eppure Sarayaku è Terzo Millennio. Le sue capanne di legno e palma sono adornate dai pannelli solari; le scuole del villaggio dotate di internet. L’organizzazione politica, una storia felice. Uomini e donne, spinti dal buonsenso e dalla conoscenza delle leggi dell’uomo, nel 2003 si sono resi protagonisti di una grande vittoria contro le multinazionali del petrolio (tra le quali, Agip, ma questa è una storia a parte) che li ha portati alla ribalta del mondo di fuori, fino a creare un importante precedente per un’America Latina costantemente violentata nelle sue parti più ricche.

In un momento di nobel per la pace smarriti ed inutili Copenaghen, la Comunidad di Sarayaku rappresenta l’esempio per un continente intero, e forse anche qualcosa di più. Orgoglio, coscienza, tradizione, tecnologia, radici, ecologismo, spirito comunitario sono elementi tanto reali quanto il verde delle foglie, in quell’angolo di mondo lontano dal mondo. Un posto perfetto per imitare, o per nascondersi, quando la battaglia sarà completamente persa.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


Ricerca personalizzata