Grandi analogie uniscono la Colombia all’Italia: profonde connessioni tra mafie e potere, un presidente colluso con affari illeciti, l’isolamento della comunitá regionale circostante, il profondo inebetimento dell’opinione pubblica, cloroformizzata da mezzi di comunicazione servili al potere.
Eppure, ieri, 26 febbraio 2009, la Giustizia ha segnato un punto di svolta per la democrazia colombiana: la Corte Costituzionale, con un netto risultato di 7 contrari e 2 favorevoli, ha definitivamente bocciato il sogno di rielezione del Presidente Ãlvaro Uribe, giunto alla fine del suo secondo (e ultimo, secondo la Costituzione), mandato, e incollato alla sua poltrona come il miglior Democristiano.
Robe lontane anni luce nel terzo mondo italiano, dove i giudici continuano ad essere definiti “talebani” da un omino sbeffeggito fuori dai confini nazionali. La Giustizia é quindi il termometro fra un popolo che ha definitivamente perso la speranza e un altro che, da oggi, respira aria di cambio.
L’immediato futuro, in Colombia, si prospetta decisamente interessante. Un profondo equilibrio regna tra i 5 candidati presidenziali, con un interessantissimo Fajardo (candidato indipendente, accademico) che propone una politica alternativa alle obsolete divisioni tra destra e sinistra, senza contare la visione futuristica di Mockus.