Archive for giugno, 2010

Felici ma trimoni


29 Giu

In quest’italia che lentamente si cuce intorno al mio ritorno, noto un’incredibile resistenza di contraddizioni di fondo, soprattutto in quest’epoca di sbandierata austerità (austerità all’italiana. Si rinuncia alle Maldive per pagare 40 euro al giorno una sdraio in Liguria. Ma va beh).

Parlo dei matrimoni, e non parlo solo dei matrimoni. Voglio dire: un po’ per moda un po’ per noia, un po’ perchè l’Italia è uscita dal mondiale, la gente continua a sposarsi (e solo questo, di per sé, pare incredibile. Continua ad essere ritenuta “cool” un’istituzione arcaica già negli anni sessanta). Però, soprattutto, continua a sposarsi tra pranzi fastuosi e liste nuziali ridicole, tra fedine e bouquet e stappabottiglie elettrici, spostandosi poi su mezzi improbabili al limite del trash noleggiati in rent a car costosissimi come massima aspirazione nel “giorno più bello” (tié!), manicures e riti di celebrazioni tra il funebre ed il grottesco ad memoriam di libertà mai godute nemmeno da lontano. Riti tribali antropologicamente interessanti; di fronte a cotanta alienazione cerimoniosa, uno si sente un po’ come Lévi-Strauss nascosto dietro il cespuglio, con il binocolo in mano ad osservare l’incomprensibile.

Ed allora vorrei fornire una possibile proposta di uso alternativo, a questo matrimonio così difficile da lasciare nel secondo millennio.

Esistono istituzioni profondamente insultanti nei confronti dell’intelligenza umana: il matrimonio, per l’appunto, ed il sistema di pezzi di carta e timbri che regolano le nostre frontiere. Il primo, continuando a fondarsi su un’irregolarità di fondo (“ti amerò per sempre”, come se un concetto tanto gassoso ed indefinibile come l’amare possa essere investito sul lungo periodo), allontana l’essere dotato di una coscienza autodeterminante dalla possibilità di unirsi con un suo simile, e di aggiornare costantemente lo stato della loro unione alla situazione contestuale dei tempi, del mondo, delle cose. Si potrebbe dire (ed effettivamente lo dicono quei signori vestiti di bianco, di rosso o di nero) che un discorso del genere mini la stabilità della famiglia, ed è a quel punto è giusto rispondere con statistiche precise – o con qualche scandalo recente che così bene non fa, a chi predica di famiglia e valori.

E poi, ci sono quegli altri pezzi di carta. Visti, permessi di soggiorno, catene leggere dell’epoca contemporanea. Riflettiamo: un rotolo di carta igienica può volare liberamente sopra i continenti, ed un essere umano non può farlo. Un turista pedosessuale europeo può viaggiare ogni mese a Cartagena de Indias per soddisfare le sue voglie, mentre Luz, studentessa d’arte in un’accademica colombiana, non può entrare in Italia per ammirare ciò che agli italiani nemmeno più interessa. Sembra giusto?

Ebbene, c’è una via d’uscita. Come ogni assurdità umana, anche il sistema di pezzi di carta si tradisce da solo: uno annulla l’altro. Potrebbe apparire incredibile, ma un pezzo di carta inutile (matrimonio) annulla un altro pezzo di carta (cittadinanza), oltretutto più potente di quello che in realtà servirebbe (visto). Chiedere a Cuba per credere. E dialogando con quelle numerose coppie miste transeuropee che popolano il mio facebook, scopro che molti, stanchi di illimitate code e marche da bollo, effettivamente, già hanno messo in pratica il teorema.

E vissero tutti felici e contenti.

Kaputt


25 Giu

I giornalisti non possono più informare, i cittadini chiedono più telecamere, i leghisti imperversano come diarrea virulenta, la cultura è tagliata alla base, 600.000 auto blu (in tutti gli U.S.A sono qualcosa come 20.000) circolano senza che nessuno più le prenda a pietrate, le università diventano fondazione private, i medici fondano cliniche private, miliardi e miliardi vengono bruciati in armi inutili e dannose per combattere guerre deleterie, i neolaureati fanno i lavapiatti a Londra, la fiat chiude e e va al mare, la televisione è un insulto ad ogni cervello pensante eppure vince, i senatori vengono condannati per concorso in associazione mafiosa, i condannati per concorso in associazione mafiosa vengono fatti ministri, sui giornali del mio paese 250 cittadini propongono le ronde contro i maruchin, il 95% della popolazione non ha mai letto la divina commedia ed il vero problema, a quanto pare, è che un branco di panciuti milionari se ne va in ferie anticipate. Mah

Indicazioni di v(u)oto


16 Giu

La cucina kosovara, le troffie con salsa di pescecane, i balli santagostiniani. Il kebab che distrugge la nostra cultura gastronomica (ma la cultura cultura, quella non importa più), i catalani e gli spagnoli. I pisani che si massacrano con i livornesi, gli italians che “do it better”. Le nostre chiare origini medievali da difendere e promuovere, tutti in piazza vestiti arancioblu a tirare in aria francette e trombe carolingie. L’identità cristiana, perbacco, la nostra sacra identità cristiana da difendere con crocifissi nelle scuole, nelle chiese (va beh), negli ospedali, nei bus, dappertutto. E bandiere occitane dappertutto, bandiere occitane anche giù nel fondovalle, bandiere occitane di fronte a case occitane per distinguere l’occitaneità da tutto ciò che occitano non è.

L’identità è la rappresentazione moderna del vecchio divide et impera. Un’invenzione moderna, che poteva avere un senso finché si parlava di lotta nera o femminile. E che si è invece radicato nella straframmentata sucietà attuale, convertendosi in una piaga nefasta per chi insegue il sogno dell’uomo universale descritto da Nietsche qualche secolo fa, superiore a tutto ciò che pone ostacoli sulla strada verso un mondo libero da ogni divisione. Da non confondere con i processi globalizzatori (anche se il confine è comunque labile), dove l’annientamento è intrapreso verso le locali culture, in una sorte di imposizione univoca dall’alto.

Per combattere tutto ciò, e molto di più, un gruppo di alienati sociali di ogni dove si ritroverà, questo finesettimana ed anche altri, a Saturnia, in Toscana. Politically incorrect il programma delle manifestazioni, che svariano tra mostre di pittura e cinema d’avanguardia, mappe sonore e ogni tipo di espressività. Si parlerà anche di Mockus il visionario, tra l’altro. Chiunque voglia partecipare, partecipi.

…Mockus, per esempio


13 Giu

Era più simpatico, più intelligente, più preparato, più onesto, con più latte e meno cacao di Santos, eppure ha perso le elezioni, in Colombia. Come è possibile? Questo è ciò che mi chiede chi ha seguito l’exploit del Partido Verde, sottoposta dal sottoscritto ad un bombardamento mediatico senza precedenti, alla luce dei risultati post-elettorali (si aggiunga poi, a onor del vero, che PeaceReporter è stato l’unico giornale italiano a seguire dall’inizio questa campagna elettorale post-Uribe).

Già, perchè? Perchè un candidato che parlava di “fondi pubblici, fondi sacri”, di rispetto per la vita e per l’ambiente, che ha rivoluzionato Bogotà attraverso le soli armi della pedagogia creativa sostituendo gli inutili vigili urbani con un esercito di clown, che ha risposto alle minacce di morte con un giubbotto antiproiettili dal buco sul cuore, che per nessun motivo risponde agli attacchi degli avversari, che restituisce allo Stato i rimborsi elettorali, che va in ufficio in bicicletta, che è pluri-laureato honoris causa per le sue ricerche in teoria ed azione, che è universalmente riconosciuto per la sua trasparenza, che combatte con ogni arma possibile la cultura della corruzione dilagante in Colombia, che è evidentemente l’uomo giusto (un accademico, lontano da ogni gioco di potere) per trasformare il suo Paese in ciò che dovrebbe essere, perchè un personaggio del genere perderà (domenica 20 giugno) il ballottaggio contro un politicante responsabile dell’assassinio gratuito di 2.200 civili???

Semplicemente, perchè questa è la Colombia. Un Paese corrotto, sostanzialmente ignorante, dominato da un odioso conservatorismo “di buona famiglia” e inetto, flagellato da cinquant’anni di massacri che hanno definitivamente cancellato (al contrario di ciò che accade in altre società latinoamericane contemporanee) ogni speranza di cambio sociale attraverso l’azione politica, inebetito da mezzi di comunicazione che ripetono all’unisono un messaggio già collaudato su scala mondiale: esiste un diavolo (le Farc), un amico del diavolo (Chàvez) e un solo possibile salvatore: Juan Manuel Santos, o qualsiasi individuo di sesso maschile e carnagione chiara e fede cattolica (non come Mockus, che è ateo!) che si dichiari disposto a continuare la linea dura di Uribe e bombardare…sé stessi.

Si sperava nel miracolo, ed in un certo senso, un miracolo è accaduto. 3.134.222 colombiani hanno votato per un partito che tre mesi prima non arrivava all’1% nei sondaggi, costringendo al ballottaggio un signore che aveva già in mano la Presidenza, per semplice investitura divina (dios es Uribe, Uribe es dios). Più in là di concetti obsoleti quali “destra” e “sinistra”, una nuova concezione del “fare politica” è entrata con eleganza nel panorama colombiano, valori etici e propositivi che non sarebbe nemmeno male esportare nel drammatico contesto italiota, oggi più che mai bisognoso di nuove proposte. 757.ooo individui (ad oggi) si sono impegnate in prima persona su new-media quali facebook – Mockus ha superato, in numero di fan, personaggi quali Nelson Mandela -, mostrando una volta di più il potenziale di mezzi di comunicazione che, se utilizzati correttamente, potranno aiutare intere società ad abbandonare l’era primitiva della televisione, e i berlusconismi che ne derivano. Ed è stato un professore, studioso e ricercatore, ex rettore, filosofo e matematico – insomma, non un comico né un ex-questurino – a sollevare un’onda verde di contagiosa utopia, che in epoche di preminobelperlapace guerrafondai, è scesa come una cascata di acqua fresca sulle lingue avide di speranza di chi l’ha vissuta.

Leon Bruno


10 Giu

Erano giorni sostanzialmente rock, nel senso che il significato ultimo delle cose consisteva nell’osservare con una certa fatalità intere vite – le nostre, quelle degli altri – scorrere verso la stessa galleria fatta di niente. Persino il sole era nero, annullato da una patina di inconsistenza, sulle nostre teste. Voci di personaggi morti da tempo gridavano il loro vaffanculo dietro le nostre orecchie, voci cariche di veleno verso quell’esercito di ignavi di cui abbondano le storie nascoste, voci di quegli unici eroi senza cavallo né spada che ancora oggi risplendono nel paradiso degli esseri inquieti.

Lontani dal quarantacinquesimo parallelo, lontani da una città che per motivi diversi avremmo anche potuto definire nostra. Apolidi di un territorio fatto di regole assurde definiti dai folli del piano di sopra, camminanti perpetui di una staticità a cui ci eravamo adattati con un certo livello di comfort. Avevamo entrambi i nostri patemi, miliardi di illusioni da inseguire, cumuli di errori dietro alle spalle e trecentocinquanta watt ad aggiungere vibrazioni al nostro  essere vivi. Eravamo esseri umani sostanzialmente brutti, e per questo ci piacevamo.

Ascoltavo le tue storie di quel giorno in ambasciata, a provare a spiegare ad un uomo in divisa che un figlio, per crescere, ha bisogno di un padre. Che non dovrebbero esistere frontiere né pezzi di carta né bolli e timbri, nella logica della natura umana. Pensavo che sarei diventato anch’io un cantante rock, se fossi nato dalla parte sbagliata del mondo. Per cercare in fondo alle corde vocali la legittima difesa da scagliare sul muso di chi offende con noncuranza ed ipocrisia. Per provare a dipingere una concreta linea nera sul fantasma trasparente della libertà.

Leon Bruno è voce grossa nel panorama musicale colombiano. Attiva da più di dieci anni, la band barranquillera ha suonato al fianco di importanti artisti nazionali ed internazionali. Il loro frontman, Moncho, è una delle ultime anime veramente pure che solcano i palcoscenici della nostra era puttana.

Nubi di ieri sul nostro domani odierno


05 Giu

Mario Monicelli, classe 1915, sull’oggi:

“Spingere con la forza e non tacere. Dovete usare la vostra forza per sovvertire, protestare. Fatelo voi che siete giovani. Io non ho più l’età. Succederà che questo schermo rimarrà nero, senza immagini, senza parole. Succederà che i lavoratori di domani di cinema e televisione non avranno un futuro. Perché si sta tagliando il loro presente, si stanno negando i loro diritti di studenti. Succederà che l’unica scuola di cinema e televisione pubblica [la Roberto Rossellini di Roma]  perderà materie fondamentali. E succederà anche che non sarà l’unica. Ragionieri, geometri, agrari,educatori, ricercatori tutti nella stessa barca, anzi, tutti parte di una nuova armata Brancaleone”.

Mario Monicelli, classe 1915, sul ieri:

“La storia d’Italia è conosciuta all’estero solo per la sua cultura. Non siamo un Paese che ha avuto grandi generali, grandi personaggi storici, ma solo una forte collocazione culturale. Ed è proprio questa, l’unica cosa che ci viene da tutti riconosciuta all’estero, che si vuole oggi combattere. Il cinema vuol dire tutto. Per il resto c’é solo nel nostro paese, come nell’Occidente, la cultura dell’arraffare, di arricchirsi. C’è oggi solo la volontà di trattenere questa benessere che si è spesso conquistato ai danni di altre etnie. Un degrado che si poteva prevedere già da due generazioni fa. Il fatto è che noi siamo sempre stati un popolo subalterno. Sotto il dominio prima di francesi, poi spagnoli, di tedeschi, sotto lo stesso dominio del Papa. Insomma non abbiamo mai avuto una nostra reale indipendenza, mai davvero avuto il senso della libertà. Spero che tutto questo prima o poi finisca davvero”.

Mario Monicelli, classe 1995, dopo essersi separato da una moglie di quarant’anni più giovane di lui:

“[Mi sono separato] per rimanere vivo il più a lungo possibile. L’amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell’animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più”.

Gli unici veri TERRORISTI del nostro tempo


01 Giu

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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