Felici ma trimoni

29 Giu

In quest’italia che lentamente si cuce intorno al mio ritorno, noto un’incredibile resistenza di contraddizioni di fondo, soprattutto in quest’epoca di sbandierata austerità (austerità all’italiana. Si rinuncia alle Maldive per pagare 40 euro al giorno una sdraio in Liguria. Ma va beh).

Parlo dei matrimoni, e non parlo solo dei matrimoni. Voglio dire: un po’ per moda un po’ per noia, un po’ perchè l’Italia è uscita dal mondiale, la gente continua a sposarsi (e solo questo, di per sé, pare incredibile. Continua ad essere ritenuta “cool” un’istituzione arcaica già negli anni sessanta). Però, soprattutto, continua a sposarsi tra pranzi fastuosi e liste nuziali ridicole, tra fedine e bouquet e stappabottiglie elettrici, spostandosi poi su mezzi improbabili al limite del trash noleggiati in rent a car costosissimi come massima aspirazione nel “giorno più bello” (tié!), manicures e riti di celebrazioni tra il funebre ed il grottesco ad memoriam di libertà mai godute nemmeno da lontano. Riti tribali antropologicamente interessanti; di fronte a cotanta alienazione cerimoniosa, uno si sente un po’ come Lévi-Strauss nascosto dietro il cespuglio, con il binocolo in mano ad osservare l’incomprensibile.

Ed allora vorrei fornire una possibile proposta di uso alternativo, a questo matrimonio così difficile da lasciare nel secondo millennio.

Esistono istituzioni profondamente insultanti nei confronti dell’intelligenza umana: il matrimonio, per l’appunto, ed il sistema di pezzi di carta e timbri che regolano le nostre frontiere. Il primo, continuando a fondarsi su un’irregolarità di fondo (“ti amerò per sempre”, come se un concetto tanto gassoso ed indefinibile come l’amare possa essere investito sul lungo periodo), allontana l’essere dotato di una coscienza autodeterminante dalla possibilità di unirsi con un suo simile, e di aggiornare costantemente lo stato della loro unione alla situazione contestuale dei tempi, del mondo, delle cose. Si potrebbe dire (ed effettivamente lo dicono quei signori vestiti di bianco, di rosso o di nero) che un discorso del genere mini la stabilità della famiglia, ed è a quel punto è giusto rispondere con statistiche precise – o con qualche scandalo recente che così bene non fa, a chi predica di famiglia e valori.

E poi, ci sono quegli altri pezzi di carta. Visti, permessi di soggiorno, catene leggere dell’epoca contemporanea. Riflettiamo: un rotolo di carta igienica può volare liberamente sopra i continenti, ed un essere umano non può farlo. Un turista pedosessuale europeo può viaggiare ogni mese a Cartagena de Indias per soddisfare le sue voglie, mentre Luz, studentessa d’arte in un’accademica colombiana, non può entrare in Italia per ammirare ciò che agli italiani nemmeno più interessa. Sembra giusto?

Ebbene, c’è una via d’uscita. Come ogni assurdità umana, anche il sistema di pezzi di carta si tradisce da solo: uno annulla l’altro. Potrebbe apparire incredibile, ma un pezzo di carta inutile (matrimonio) annulla un altro pezzo di carta (cittadinanza), oltretutto più potente di quello che in realtà servirebbe (visto). Chiedere a Cuba per credere. E dialogando con quelle numerose coppie miste transeuropee che popolano il mio facebook, scopro che molti, stanchi di illimitate code e marche da bollo, effettivamente, già hanno messo in pratica il teorema.

E vissero tutti felici e contenti.

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4 Responses

  1. Cournot ha detto:

    Eh dai! Quanta acidità! 🙂

  2. Baltic Man ha detto:

    Mi è andata di traverso la torta nuziale
    😉

  3. Massimo Petrucci ha detto:

    Approvo e rimando a “L’aberrazione del matrimonio”:
    http://www.massimopetrucci.it/?p=690

    Incipit:
    Bisognerebbe scegliere di essere in rapporto con gli altri, tra cui anche la persona amata.
    Dovremmo scegliere, per la nostra crescita, la persona la quale in questo momento, nel periodo “storico” della nostra vita, meglio soddisfa le nostre aspettative.
    Prima di tutto però, bisognerebbe imparare ad amare se stessi, coltivare la gioia dentro di sé, perché solo quando ne avremo abbastanza potremmo condividerla con gli altri, altrimenti il nostro amore si esaurisce presto e finisce per essere noioso.
    Dovremmo renderci conto che da soli o con gli altri, noi restiamo ciò che siamo, non dovremmo pensare alla solitudine come qualcosa di cui liberarci, perché spesso è proprio questo che ci spinge a cercare l’altro, che poi una volta trovato, dopo qualche tempo, inizia a non bastarci e ci sentiamo nuovamente soli ed annoiati.[…]
    Continua: http://www.massimopetrucci.it/?p=690

  4. Paolo ha detto:

    Molto acido, in effetti!! Ma ti salva il titolo caparezziano: diez puntos!!! 🙂
    Paolo sposato (per sempre? Speriamo! Mas que seja infinito em quanto dure…)

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Diary of a Baltic Man

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