Le mutande sporche. Il telefono da ricaricare. Una sostanziale indifferenza verso le faccende del cosmo. Anche oggi è finito, anche oggi è andato.
Nebbia primordiale sugli avvenimenti della giornata. Lasciatemi la sera, l’ultimo momento di anestesia, l’ultimo momento di lucidità prima dell’anestesia. Un altro pezzo è andato. Un altro scalino su una superficie così ripida che vista da qui sembra quasi piana, orizzontale.
Quante cose si possono condensare, in 24 ore. Lasciatemi soprattutto gli attimi più inutili, quelli più stupidi. Sono loro che adesso si trasformano in macchie d’inchiostro.
Nel mezzo, pura illusione. Tanta fantasia. Mio nonno che mette da parte le patate che potranno fiorire e diventare altre patate. Le luci rosse delle macchine, da lontano. Gli uomini e le donne che si inseguono, che si annusano, che si perdono. Centinaia di parole intorno al nulla, una massa di persone senza voce per lo sforzo di gridare il vuoto, simulacri di resistenza alla grande anestesia, anestesia di resistenza di un movimento inerte, superiore. Le faccende del cosmo che d’improvviso si fanno concrete, l’illusione di distrarsi con una nuova verità .
E lasciatemi dormire, domani non svegliatemi, ho cose più importanti a cui pensare, domani.
Le mutande sporche.
Il telefono da ricaricare.