Flushhhhh…

23 Mar

Hazard

Rieccomi.
In un momento forte, denso di estremità.
Il disco, il disco duro,
ancora una volta rallado de marcas,
de agujeros profundos.

Librare dal picco più alto
proprio quando eri appena arrivato lassù.

What are you looking for?
Something strong.
Give me something strong.

E quindi, l’aeroporto.
Troppe finestre parallele che si aprono,
troppa vita degli altri in interferenza.

E quindi, rieccomi.
Ancora qui.
Di nuovo qui.
In quello spazio assoluto che non è nient’altro se non
il mio.

Cosa mi hai detto, tre ore fa?
Che la vita è tua madre che partorisce
accovacciata sulle caviglie
– in Africa funziona così -.

E da quel momento inizia la corsa
strappo a quattro zampe in fuga o all’attacco.

Mi hai anche detto però
che a fianco della linea retta può scorrere un fiume.

Un fiume, e tu puoi scegliere
se corrergli accanto o buttartici dentro.

In quest’ultimo caso, però, ogni decisione sarà affidata alla corrente.

Ed eccomi qui, al lato del fiume.
In aeroporto.

Seduto alla mia sinistra un signore a occhi chiusi
canta una nenia che è suono di culla.
La sua voce è dolce e per certi momenti sparisce
la sua voce scompare tra le vite degli altri.

Mi porto via il canto di quest’uomo che canta
prima che parta per sempre, verso Addis Abeba.
Ma soprattutto mi porto via quel che ti lascio
che è l’intensità della vibrazione nel trampolino di lancio.

Mi porto via anche un’immagine di te
e mi servirà domani, quando avrò bisogno di un’immagine.

Perché adesso sento l’acqua
l’acqua, e nient’altro che l’acqua
la corrente sotto i piedi dietro la schiena
la corrente che in questo momento
mi allontana da te.

E quindi eccomi qui,
in aeroporto.

La mia destinazione questa notte
è un tuffo in apnea.

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Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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