E quindi l’uccello fu finalmente libero di volare in un’altra gabbia.

01 Dic

Caribe 1.00 pm

Si poteva solamente lavorare a mani nude.
C’era un operaio addetto al trasporto dell’acqua, arrivava con un secchio di latta, noi ci mettevamo in fila, e uno dietro l’altro nel secchio ci lavavamo le mani.
Quando l’acqua diventava arancione, l’operaio addetto al secchio svuotava a mare, e tornava con acqua pulita.

Nemmeno nelle autovetture si stava meglio.
Si entrava, ci si metteva in coda, e uno dietro l’altro respiravamo il nostro stesso gas di scarico.
Dopo un po’ ci stancavamo di tutte quelle manovre, e c’era chi spostava le automobili a mano, con il motore spento.

Là dentro, poi, si soffriva di claustrofobia.
Non tutti sopportavano la pressione di sei pareti così vicine.
A quel punto si iniziava a sudare.
La pelle espelleva l’agitazione in eccesso, e in un attimo era l’inferno.
Il sudore diventava una colla, un richiamo liquido per ogni impurità.
Ci si voleva lavare, ma l’acqua nel secchio di latta era arancione, l’acqua pulita era quella del mare.

E oggi?
Guardo un aereo e mi sembra già vecchio.
Massa, materia, combustione, forza d’inerzia. Concetti da secolo scorso, concetti di fumo e petrolio.
Penso a quell’uomo rimasto immobile, perso nell’altrove.
Si tratta di spostare i corpi, o di muovere le prospettive?

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Diary of a Baltic Man

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