BlaBlaCar

30 Ott

L’Europa del tutto ovunque si muove così.
Pneumatici petrolio asfalto sharing, tre diverse possibilità di scelta per i “bla” che si vogliono condividere nel corso del viaggio, il curioso timore nei confronti ogni sconosciuto.

BlaBlaCar è un solido ponte tra Norditalia e Baviera.
I voli low cost non sono low cost, i treni sono roba borghese, gli autobus costano poco ma il loro sito internet è in lingua tedesca e allora è meglio lasciar perdere.
I nuovi migranti si spostano così, con automobile condivisa e ritorno in patria bimestrale, abitano tutti a Monaco che piace e non piace perché è piena di italiani e ricorda Milano. I giovani tedeschi che seguono questa rotta per un motivo o per l’altro conoscono un po’ di italiano, dopo l’università vorrebbero vivere in Italia ma non sanno perché.
Scambio di lingua, scambio di feedback, scambio di impressioni durante il viaggio.
Milano e Monaco sono al di là di una stessa Alpe.

BlablaCar è la nuova frontiera per tentare di scavalcare la frontiera.
Negli ultimi mesi circola la leggenda di “quello che mi ha dato un passaggio all’andata, che aveva caricato un africano e quando sono arrivati in Svizzera i doganieri hanno controllato i documenti e lui non li aveva”.
La fuga verso l’Europa non finisce a Lampedusa, ma il viaggio di migrazione continua con la speranza di raggiungere la Germania, molto più ambita dell’Italia per un permesso di soggiorno o un asilo politico.
Un viaggio iniziato con gli scafisti si conclude in BlaBlaCar.

BlaBlaCar e l’autostoppista.
Faceva quasi tenerezza, fuori da quell’autogrill al confine con l’Austria.
Con i capelli lunghi e il cappello, il cartello in cartone e i ritmi calmi. “Andate verso l’Italia, vero, ragazzi?” Non è stato facile dargli una risposta. “Andiamo verso l’Italia ma non abbiamo voce in capitolo”.
Perché anche se tutti avrebbero acconsentito a caricarlo, un autostoppista avrebbe fatto saltare la logica efficiente del BlaBlaCar. Che non ha fini di lucro ma stabilisce un prezzo. Che si basa su un rapporto di fiducia e di diffidenza reciproca tra passeggeri e conducente. Che in questo caso avrebbero dovuto accordarsi su un riadeguamento delle tariffe, preso atto della presenza di un nuovo compagno di viaggio che fa diminuire le quote dei singoli ma fa aumentare il consumo di carburante.

Qualcuno avrebbe dovuto dire a quell’autostoppista che non funzionano più così, le cose.
Che quel suo cartello di cartone, di fronte ai nostri feedback, sembrava irrimediabilmente fuori dal tempo.

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Diary of a Baltic Man

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