La linea si confonde in una massa d’aria densa.
Il vapore, la sabbia, le cinque del pomeriggio, l’Atlantico.
Piedi nudi e audio insonorizzato. Dakar si riversa tutta qui, a quest’ora.
Corpi giovani e belli emergono dalla sabbia e si tengono lontani dall’acqua.
I senegalesi nutrono un certo timore nei confronti dell’oceano, “la casa degli djinn negativi”.
La massa d’aria densa diventa liquida sulla fronte.
Piedi nudi nell’oceano, il Capitano nelle orecchie.
Affogare ogni pensiero nella rarefazione dell’ossigeno.
Dakar è un porto, il porto più grande dell’Africa occidentale.
La terra e sudore sono il punto d’arrivo.
Il mondo imperversa, fuori dalle bolle d’audio.
Uomini e capre sullo sfondo, donne in silhouette sinuose, ovunque campi da calcio improvvisati.
I senegalesi hanno paura dell’acqua. Puoi immaginarti cosa significa, per loro, salire su quelle carrette per attraversare il Mediterraneo?
C’è bisogno di un referente per dare un senso a tutto questo
e il mio correre ovattato, è un modo come un altro per parlarti.
Le bolle d’audio avvolgono pensieri, ginocchia e polmoni
completano il colore solido di questa spiaggia nel tramonto di gennaio.
Cerco la loro origine, dall’altra parte del mare.
Terra e sudore come un punto di partenza.