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03 Giu

E’ una notte come le altre e le prendo la mano per chiederle cosa significa.
“Cosa?”, dice.
Non rispondo: allungo solamente un’espressione rivolta verso quei numeri che porta sul retro del polso.
E’ una data.
Ventidue novembre duemiladue.
E’ una data autunnale. Ma lo è per me, non per lei, che si muove in un altro emisfero.
E’ un insieme di coppie, “22”, “11”, “20 e “02”.
E’ uno scioglilingua numerico. Il “2”, l’“1” e lo “0”.
Se fossero colori, per me sarebbero bianco, nero e rosso.
Cosa è successo il ventidue novembre duemiladieci?
Non credo che mi interessi veramente.
O forse sì, chi lo sa.

Non mi risponde subito.
Non mi risponde neanche dopo: si limita a ruotare lentamente il suo sguardo verso di me, ma non c’è niente di oscuro sotto le sue sopracciglia.
Intanto la candela illumina di luce ondulata ogni dettaglio intorno a noi. Solo noi rimaniamo in ombra.
“E’ una data”, dice.
“La data in cui mi sono fatta un tatuaggio”.

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Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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