Archive for novembre, 2015

Parallax


23 Nov

La madonna della Meris

Seduto su un masso. Il gregge mi ha lasciato indietro.
Cinquecentonovantadue cilindri bianchi adesso sono laggiù in fondo, a trecento o forse quattrocento metri di distanza, un unico organismo liquido che scorre nell’erba, tra le pietre, sulle vecchie strade militari.
La nebbia sale dalla Meris, la montagna si fa fredda appena il sole sbiadisce.
La vita si allontana progressivamente, gli insetti spariscono e cala il silenzio, tutto si riduce a un’eco di latrati di cani, di campanacci e di belati osceni.
Il cielo non ha nient’altro da dire. Solo il rombo di un aereo.
Dal crinale di cresta, nella luce delle cinque e mezza del pomeriggio, scendono otto camosci, come angeli oscuri inviati per controllare che non sia rimasto più nessuno, che tutto sia effettivamente diretto verso il regno della notte e dell’inverno.

[Tratto da qui che è tratto da qui].

Da uno a ventuno


06 Nov

Silence

La notte vola via a colpi secchi, da uno a ventuno.
Sul tavolo bicchieri umidi, portacenere pieni, il cadavere di una pizza mangiata a metà.
Il fumo vola via lento da uno spiraglio nella finestra. Si confonde con la città di novembre, diventa atmosfera di una notte andalusa.

“E tu, come fai per resistere?”, chiede l’uomo in camicia e bretelle, occhi lucidi di canzoni ascoltate nel telefono.
Nel suo accento c’è ancora il riverbero di un cammino interrotto, la striscia d’asfalto che non è più lì.
La voce metallica rimane nel laptop.
Sullo schermo si muove un’immagine composta da mille oscurità, quel che resta di un volto sfigurato dai pixel.

L’uomo in camicia e bretelle sospira e vuota il bicchiere.
Stringe tra le dita il vetro umido e canta sottovoce, conta sottovoce da uno a ventuno.

Nella stanza adesso è solo, non c’è nient’altro che lo schermo di un laptop appoggiato sul legno sporco del tavolino.
Le volute di fumo sono ormai volate via verso le ombre della Sierra Nevada, verso la notte piena di portacenere esausti, verso il buio.
Alle canzoni lasciate a metà non rimane più niente da chiedere, toccherebbe a lui continuarle e portarle nuovamente verso l’asfalto, verso scenari di un cammino interrotto, verso nuove rime in lingue ancora da imparare.

L’uomo in camicia e bretelle è cosciente di tutto questo e sa che non rimane nulla
assolutamente nulla
a cui vale la pena resistere.

Eppure c’è la voce metallica nella plastica del laptop, e il fumo che torna indietro lento, attraverso uno spiraglio lasciato aperto nella finestra.
Senza togliere la mano dalla superficie nera l’uomo in camicia e bretelle chiude lo schermo e rimane a pensare.
Poi prende tra le dita il bicchiere umido e canta sottovoce, conta sottovoce da uno a ventuno.

Il vento, anche se è brezza notturna, è ora caldo e umido, e viene dal West.
Chissà come sarà nel primo mattino, se già alle due e mezza c’è tanta afa nell’aria.

Halloween Cataluña


02 Nov

La ragazza legge appunti sparsi su un libro arancione, parla di Newton.
Di Newton
che aveva bisogno di esprimere quel che non esisteva
e così si inventó una nuova matematica, ad uso e consumo dell’impensato.
Lui ascolta, travestito da pinguino.
Pensa che è tardi, che presto andrà a casa a finirsi la sua bottiglia di whisky.

“E`dentro alle illusioni che tutto succede,
è attraverso la loro materia che noi stessi diventiamo materia”.
Gli zombie in maschera passano rumorosi per le strade di Lesseps.
Un signore con il cappello a tese larghe scatta foto con l’iphone.

Là in fondo i bambini si arrampicano sui solchi rimasti impressi nelle pareti
“sono le bombe della guerra civile, questa piazza fu colpita più volte”.
Le piccole mani e i piccoli piedi hanno la misura giusta per quei buchi;
là in fondo i bambini si arrampicano sul dolore andato via.

Le bandiere gialloblu, con la loro stella bianca, sbiadiscono appese alle ringhiere dei balconi.
La Catalunya vuole l’indipendenza, il gioco è nuovo e tuttavia la storia si ripete.
E quel che rimane?, chiede il ragazzo vestito da pinguino, alla sua amica con il libro in mano.
“Quel che rimane
quel che rimane è quel che ancora non avevamo”.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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