Benzina.

09 Dic

Santa Fé de Bogotà

“Cosa si potrebbe fare per sbatterli fuori”, chiese l’infermiera.
Erano lì con un microfono in mano, un proiettore appeso sul soffitto a lanciare sulla parete pattern di youtube. Stavano cantando da tre ore almeno, karaoke e sottotitoli e parole in inglese in spagnolo che si facevano largo tra i capelli di tutti.
Il ragazzo non sapeva cosa rispondere.
Poi disse: “benzina”. “Ci vorrebbe benzina”, ma non intendeva niente di preciso.
La ragazza che l’aveva portato lì stava ballando con un altro.
A un certo punto lei se l’era portato in bagno, quell’altro, e nel tragitto dalla sala alla porta del cesso aveva urtato una sedia mandando in frantumi un bicchiere.
Il ragazzo sospirò e si disse: “neanche questa volta avrò rimpianti”, poi si recò in zona cucina a cercare un pezzo di carne freddo in una ciotola arancione e unta.

La padrona di casa arrivò a lavare un biberon vuoto.
“Hai un bebé”, le chiese il ragazzo.
Lei sorrise e disse di sì.
Poi accese un aggeggio sullo schermo dove si vedeva una silhouette semplice e tondeggiante su sfondo nero.
“Ha un anno e mezzo”, disse la ragazza guardando lo schermo.
Tra i pixel si vedeva il bambino che dormiva tranquillo.
Il ragazzo le chiese se fosse preoccupata per la musica. La ragazza sospirò e non disse niente, poi fece un cenno verso l’alto e disse: “il bebé è abituato a stare con la musica. Si sveglierà solo quando sarà finita. Piuttosto, sono preoccupata per i vicini. Loro si lamenteranno”.

La ragazza era argentina.
Viveva in quel paese da dodici anni.
Lavava via il latte dal biberon e parlava del suo lavoro di infermiera.
“Ho dovuto incanalare il mio eccesso di altruismo”, diceva. “Il mostro incontrollabile che ognuno di noi si porta dentro. Ognuno in forma diversa”.
Il ragazzo ascoltava e non diceva.
Strappava pezzi di carne in silenzio, le dita unte e unte anche le labbra.
“E’ un eccesso di altruismo, che in fondo è un egoismo. E’ un egoismo nei miei confronti, qualcosa che non c’entra niente con gli altri”.
Il ragazzo ripensò a quel che aveva sentito la sera prima, quando era uscito sulla terrazza a fumare.
“C’è molta gente malata di una malattia nuova”, aveva detto un tipo che fino a quel momento non aveva preso parte alla festa. “Una malattia sociale”.
Salutò la ragazza argentina e se ne andò via.
“Neanche questa volta”, si disse chiudendo la porta, “neanche questa volta avrò rimpianti”.

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Diary of a Baltic Man

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