Cormac McCarthy

16 Nov

Highway to hell

Ascolta. Credi. Crepa. Fuggi. Lo sferragliare del treno. Breaking news on time sugli schermi lì fuori nelle stazioni. “Election day: in vantaggio Trump”. La mattina livida del mare di novembre. Giù la testa nella storia. “E che storia”,  dice l’uomo – il protagonista – al figlioletto. Che profumo ha la cenere bagnata? Il solito McCarthy, ma questa volta ha qualcosa di diverso. Il solito McCarthy,  meraviglia maledetta. Le pagine scorrono senza un motivo. Le parole e le azioni, che ancora una volta si sublimano in immagini. “Come un orfanello fermo di fronte alla stazione, in attesa di un autobus che non arriverà mai”. Ecco dunque come si immagina tutto, McCarthy. Un libro scritto in chiave futura, ma le tinte fosche sono quelle di un tempo che è una condanna. Fuori dal finestrino altri maxischermi. “Trump sarà il 45° presidente degli u.s.a.”. Le pagine si avviano verso la fine. Come può finire un libro del genere? Come è potuto iniziare tutto?
“E’ proprio così, figlioletto. Noi portiamo il fuoco”.

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Diary of a Baltic Man

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