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27 Ago

Le mani si sporcano di materia viva.
Perdono in un momento la loro illusione asettica, riprendono un contatto perduto nella fase embrionale.
La donna dietro il bancone sa tutto e non lo dice.
Conosce la paura e la speranza, spogliate dai filtri e dalle maschere che si portano appresso tutti i filtri e tutte le maschere.

“Inserisca il codice per ottenere il suo drink”.
La donna dietro il bancone aspetta, si asciuga le mani in un panno nero e aspetta.

Là fuori una scala devastata,
un fuoristrada nero.
Altarini in cirillico, l’ingresso di una chiesa.
Dove inizia l’oriente?
Dove finisce l’occidente?

La donna dietro il bancone aspetta, ma non aspetterà per sempre.
Ha studiato per svolgere al meglio quel compito.
Ha studiato anni per svolgere al meglio quel compito.
Altri hanno camminato, si sono persi, hanno ritrovato il cammino.
La donna dietro il bancone ha studiato: e ora aspetta.

Lamine d’oro là in fondo al sagrato.
Le foto di guerra in piazza Maidan.
Due anziani che si allontanano: lei ha il foulard in testa, lui ha i piedi nudi sotto i sandali grigi.
Dove finisce il racconto?
Dove inizia a prendere forma quel che è vero?

“Ma il vero è sostanza nuda, senza un’interpretazione che lo innalzi dalla polvere”.
Il vero è fine a se stesso, esiste solo in funzione di uno sguardo.
E allora le mani asettiche, il panno nero, la materia viva.
E allora inserire il codice, per ottenere il drink.

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Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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