Cilene e cileni, abitanti della nostra patria, popolo del Cile. Questo pomeriggio, per la prima volta, vi parlo da Presidente della Repubblica. Presidente di tutte e tutti noi che abitiamo questo Paese, e che lo amiamo. Che ha sofferto tanto, e che tanta allegria ci ha dato. Grazie infinite per darmi questo onore, a voi che state seguendo da casa, nel lungo e largo di questo grande Paese.
Questo Cile, fatto di diversi popoli e nazioni, inserito in una cornice del Continente, tra la Cordigliera imponente e i suoi oceani magici, tra il deserto di vita e i ghiacci antartici, arricchiti e trasformati dal lavoro del suo popolo; è questo Cile che solo in un pugno di anni, e voi lo avete vissuto, ha dovuto attraversare terremoti, catastrofi, crisi, convulsioni e una pandemia mondiale.
E violazioni ai diritti umani che non si ripeteranno mai più nel nostro Paese.
Però ci siamo sempre scrollati via la polvere di dosso, ci siamo asciugati le lacrime, abbiamo mostrato insieme un sorriso e proseguiamo, cilene e cileni, sempre proseguiremo.
L’emozione che ho sentito oggi nell’attraversare la Piazza della Costituzione ed entrare in questo Palazzo della Moneda è profonda, e ho un bisogno esistenziale di condividerla con voi. Siete parte protagonista di questo processo. Il popolo del Cile è protagonista di questo processo. Non saremmo qua senza la vostra mobilizzazione. E voglio che sappiate che non siamo arrivati qui per occupare poltrone e godercela tra di noi. Per generare distanze incolmabili. Siamo giunti qui per consegnarci anima e corpo all’impegno di rendere migliore la vita della nostra patria. Voglio dirvi, compatrioti, che percorrendo il Paese ho visto le vostre facce. Quelle degli anziani, la cui pensione non basta per vivere perché alcuni hanno deciso di fare della previdenza sociale un business. Quelle di chi si ammala senza che le famiglie abbiano modo di pagare le cure: quanti di voi ci hanno parlato, ci siamo guardati agli occhi. Quelle degli studenti indebitati, quella delle contadine e dei contadini senza acqua, per siccità e per saccheggio. Quelle delle donne che si prendono cura dei loro figli, che in ogni angolo del Cile ho incontrato. Ai loro famigliari prostrati, indifesi. Quelle delle famiglie che continuano a cercare i loro cari scomparsi (desaparecidos), che non smetteremo di cercare. Le facce delle dissidenze e delle diversità, di generi che sono state discriminate ed escluse per troppo tempo. Le facce degli artisti, che non possono vivere del loro lavoro, perché la cultura non è sufficientemente valorizzata nel nostro paese. Le facce delle dirigenti sociali che lottano per il diritto a una casa degna per il popolo del Cile. Le facce dei popoli originari spogliati della loro terra ma mai, mai della loro storia. Le facce della classe media, e le bambine e i bambini del Sename. Mai più, mai più! Le facce delle zone più isolate del nostro Paese, como il Magallanes di cui sono originario. Le facce di chi vive nella povertà dimenticata. Con voi è il nostro impegno.
Oggi iniziamo un periodo di grandi sfide, di immense responsabilità. Ma non iniziamo da zero: il Cile ha una lunga storia, e oggi ci innesta in questa lunga storia della nostra Repubblica. Iniziare il mio mandato come Presidente della Repubblica Costituzionale del Cile è farmi parte, far parte tutti insieme, di una storia che ci supera tutti, ma che allo stesso tempo dà forma, senso e direzione al nostro sguardo. Da qui passarono, prima di noi, migliaia di persone che resero possibile l’espansione dell’educazione pubblica, il riconoscimento progressivo dei diritti delle donne e delle dissidenze, sia nel Paese che nelle case. La democratizzazione del Paese e il riconoscimento dei diritti sociali. Da qui, da questo luogo da cui parlo, passò Balmaceda e la sua Dignità Cilena. Pedro Aguirre Cerda e il suo “Governar es Educar”. Da qui è anche passato Eduardo Frey Montalvo e la Promoción Popular. Il compagno Salvador Allende e la nazionalizzazione del rame. Patricio Elwin e il recupero della democrazia. Michelle Bachelet aprendo cammini inesplorati con la protezione sociale. Qui si sente anche l’eco di chi anonimamente si è sollevato contro l’oppressione, difendendo i diritti umani, esigendo verità, giustizia, riparazione, e garanzia di non-ripetizione. Qui risuona il clamore femminista e la sua lotta per l’uguaglianza. Ma queste pareti sono anche state testimoni degli orrori di un passato di violenza e oppressione che non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo. Qui dove parliamo oggi, ieri entravano missili. E questo non potrà ripetersi mai più nella nostra storia.
Questo palazzo, questa piazza, questa città, questo paese hanno una storia, e siamo debitori anche nei confronti di questa storia. Oggi, in questo giorno così importante, nel difficile cammino verso il cambio che la cittadinanza ha scelto di percorrere, in questa Unità – e lo ripeto, è importante, in Unità –, vengono alla mia mente e ai miei cuori, i giorni in cui, insieme a molti di coloro qui presenti, marciavamo insieme verso un futuro degno. Verso dove marciavamo, compatrioti? Verso dove? Questo governo non sarà il fine di quella marcia. Continueremo a camminare. E il cammino, senza dubbio, sarà lungo e difficile. Ma oggi i sogni di milioni di persone sono qua, spingendoci, dandoci senso, per portare verso un buon porto i cambi che la società chiede.
Cilene e cileni, il mio sogno è che quando concluderemo questo mandato – e parlo al plurale, perché questo non è qualcosa di individuale, questo non riguarda me, ma del mandato che il popolo ha dato a questo progetto collettivo – quando concluderemo questo mandato, potremo guardare i nostri figli, le nostre sorelle, i nostri genitori, le nostre vicine, ai nostri nonni, e sentire che c’è un Paese che ci protegge e ci accoglie, che si prende cura di noi, che garantisce diritti e ridistribuisce con giudizio i sacrifici che ognuno di voi, degli abitanti della nostra patria, fanno per lo sviluppo della nostra società. Compatrioti, vorrei che la gente delle zone minerarie possa guardare verso il futuro e sapere che i loro figli non saranno circondati da inquinamento. Un qualcosa di così semplice. Che i lavoratori dell’OTA non continueranno a vivere nella miseria. Che le comunità di pescatori artigianali della provincia di Cardenal Caro potranno continuare sviluppando le loro attività tradizionali. Che le bambine e i bambini degli altipiani sappiano che potranno accedere a una società degna. Che i vicini di Antofagasta, di Maipù, di Guaipén, sentano tranquillità al ritorno dal lavoro, e possano vivere con le loro famiglie. Per questo spingeremo, come ci siamo promessi di fare, il limite legale delle 40 ore settimanali. Che nei luoghi isolati, sulle isole, possano esserci scuole degne per studiare.
Sappiamo, compatrioti, che il compiersi della nostra meta non sarà facile. Che affronteremo crisi esterne e interne. Che commetteremo errori, e che questi errori li dovremo risolvere con umilità, ascoltando sempre chi la pensa diversamente da noi e appoggiandoci alla forza del popolo cileno.
Voglio dirvi che il periodo che ci aspetta è tremendamente complesso.
Pensiamo, per un secondo, al dolore vissuto da ogni famiglia che ha perso qualcuno. Dobbiamo abbracciarci come società, tornare a volerci bene. Aver voglia di ridere. Più in là dei discorsi, e di quel che c’è scritto, quel che importa, quel che fa la differenza in un popolo è il sentirsi vicini uno agli altri, fidarsi gli uni degli altri. Appoggiarci mutuamente, chiedere ai vicini come stanno, prendersi cura del lavoratore lì accanto, uscire per strada insieme. Questo è ciò che dobbiamo costruire, compatrioti. Sappiamo anche che l’economia è ferma e dobbiamo darci da fare e dividere insieme i frutti della crescita. Perché quando non c’è distribuzione della ricchezza, quando la ricchezza si concentra solo nelle mani di alcuni, tutto è più difficile. Dobbiamo ridistribuire la ricchezza prodotta dai cileni e dalle cilene. Sappiamo che a tutte queste difficoltà si aggiunge un contesto internazionale segnato dalla violenza in molti luoghi del mondo, e oggi anche dalla guerra. E in questo voglio essere chiaro: il Cile promuoverà sempre il rispetto dei diritti umani in ogni luogo, e senza che importi il colore politico del governo di chi li minaccia.
Dal Cile, nella nostra America Latina, perché siamo profondamente latinoamericani, un saluto ai nostri popoli fratelli, da questo continente faremo uno sforzo perché la voce del Sud torni a farsi sentire ferma, in un mondo cangiante. La crisi climatica, i processi migratori, la globalizzazione economica, la crisi energetica, la violenza permanente contro le donne e le dissidenze. Dobbiamo lavorare insieme per i nostri fratelli, come abbiamo detto oggi con i presidenti di altri paesi. Non dobbiamo più guardarci con sfiducia: lavoriamo insieme per andare avanti insieme, come America Latina. Praticheremo l’autonomia politica a livello internazionale, senza mai subordinarci a nessuna potenza e coltivando sempre la cooperazione tra i popoli. Voglio che sappiate che come Presidente del Cile, e il nostro Gabinetto, la nostra squadra, non ci nasconderemo dietro una semplificazione dei problemi. Faremo di tutto per spiegare, per parlare, per raccontare il perché delle nostre decisioni, affinché voi possiate essere parte della soluzione. E questo richiede cambiare, in qualche modo, la relazione con l’autorità. L’autorità non può essere irraggiungibile: vogliamo un ministro terreno, per strada, camminando con il popolo. Non vogliamo recarci nelle regioni per un paio d’ore, inaugurare un qualcosa e ciao. Non vogliamo rimanere nascosti. E per questo è importante che ci sia reciprocità. Che la relazione con l’autorità non sia da meri consumatori. È importante che lavoriamo insieme, che siamo cittadini, e che questo sia il governo del popolo e che voi lo sentiate come il vostro governo. Di tutte e di tutti, cilene e cileni. E per questo avremo bisogno di tutti: governo e opposizione. Istituzioni e società civile. Movimenti sociali. Il nostro governo, la cui base politica è Apruebo Dignidad, e qui voglio mandare un saluto ai compagni che hanno lavorato tanto per questo, voglio che sappiate che questo governo non si chiude ai suoi membri. Sarò il presidente di tutte le cilene e tutti i cileni e ascolterò sempre le critiche costruttive di chi la pensa diversamente da noi. Tutti avranno sempre garantita la libertà e il diritto di dissentire. Come ho detto più di una volta, citando parole nate al caldo delle mobilizzazioni di piazza, in una scuola occupata in una regione remota – perché veniamo dalle mobilizzazioni di piazza, oggi siamo qua ma non ci dimentichiamo da dove veniamo – “andiamo lentamente perché andiamo lontano”. E non siamo soli, ma con tutte e tutti voi che ci accompagnano da vicino e da lontano, e ripeto che è cruciale che voi siate parte di questo processo. Perché non possiamo intraprenderlo soli. Da questo luogo voglio lanciare un appello: accompagniamoci mutuamente in questa sfida. Camminiamo insieme la strada della speranza e costruiamo il cambio verso un paese degno e giusto. Dignità, che parola così bella. Lo costruiremo passo a passo, con la saggezza di chi sa che i cambiamenti che durano sono quelli che si basano sulla conoscenza accumulata e che sono sostenuti dalle grandi maggioranze. Metteremo un’attenzione speciale sulle lavoratrici e i lavoratori del sistema sanitario, che ci hanno protetto durante la pandemia. Continueremo anche la riuscita campagna di vaccinazione del governo precedente, mettendo sempre la salute delle persone come prioritaria, e svilupperemo programmi specifici per comprendere le conseguenze in termini di salute mentale, perché la salute mentale è importante, cilene e cileni. Ci preoccuperemo per l’educazione, dove c’è un divario gigante, prodotto dell’obbligo di chiudere le scuole. Dobbiamo riaprire tutte le scuole, affinché le bambine e i bambini possano tornare a incontrarsi. Implementeremo, con grande energia, il consolidamento della nostra economia. Recuperare la nostra economia senza però riprodurre le sue disuguaglianze strutturali. Una crescita che sia sostenibile: basta con le zone di sacrificio. Anche lo Stato è responsabile. Vogliamo che le piccole e medie imprese, che generano valore, tornino a crescere. Vogliamo porre fine agli abusi che hanno indignato il nostro popolo e vogliamo recuperare quelle che invece erano le buone idee di prima.
Allo stesso tempo, riconosciamo che milioni di cilene e cileni vivono oggi nella paura. Non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte a questo, e affronteremo il problema della delinquenza attaccando la disuguaglianza sociale che ne è l’origine, e anche attraverso una riforma della polizia che assicuri presenza là dove ce n’è più bisogno, che aumenti l’effettività delle indagini e che si concentri sulle organizzazioni criminali che distruggono i nostri quartieri. Voglio mandare un messaggio a chi ha fatto della delinquenza la sua vita e crede che può vivere nell’impunità: non voglio frasi magniloquenti, voglio solo dirvi che vi affronteremo con la comunità. E voglio aggiungere che dobbiamo riparare le ferite che sono rimaste vive dai sollevamenti popolari di questi ultimi dieci anni. Per questo, nel giorno di ieri abbiamo ritirato le denunce per attentato alla pubblica sicurezza presentate dai membri dello Stato. Perché abbiamo la convinzione che come cilene e cileni dobbiamo tornare a incontrarci, e dobbiamo lavorare intensamente su questo. Sappiamo anche che affronteremo grandi sfide nel Nord e nel Sud. Al Nord per la crisi migratoria, dove recupereremo il controllo della nostra frontiera e lavoreremo insieme ai popoli vicini, per affrontare in maniera collettiva le difficoltà portate dall’esodo di migliaia di esseri umani. Non dimentichiamoci mai che si tratta di esseri umani, per favore. Voglio dire alla gente di Colchan e di Antofagasta e di San Pedro che non saranno soli. Voglio anche dire che nel Sud abbiamo un problema: il conflitto che non è la “pacificazione” della Araucanía, che termine grezzo e meschino. Poi qualcuno l’ha chiamato il “conflitto Mapuche”. No signori, non si tratta del Conflitto Mapuche. È il conflitto tra lo Stato cileno e un popolo che ha diritto di esistenza. E qui la soluzione non è e non sarà la violenza. Lavoreremo instancabilmente per ricostruire la fiducia, dopo tanti decenni di abuso e di spoliazione. Il riconoscimento a esistere di un popolo, con tutto quello che questo implica, sarà il nostro obiettivo, e il cammino sarà il dialogo, la pace, il diritto e l’empatia con tutte le vittime. Sì, con tutte le vittime. Coltiviamo la reciprocità. Non vediamoci come nemici. Dobbiamo tornare a incontrarci. In questo primo anno di governo ci siamo posti come compito accompagnare in forma entusiasta il nostro processo costituente per il quale tanto abbiamo lottato.
Appoggeremo decisamente il lavoro della Convenzione Costituente. Abbiamo bisogno di una Costituzione che ci unisca, e che sentiamo come propria. Una Costituzione che a differenza di quella che fu imposta con sangue, fuoco e brogli dalla dittatura, nasca in democrazia, di maniera paritaria, con partecipazione dei popoli indigeni. Una Costituzione che sia per il presente e per il futuro. Una Costituzione che sia per tutti e non solo per alcuni. Vi invito ad ascoltarci di buona fede, senza caricature. Prendiamolo sul serio. Da tutte le forze politiche. Mi rivolgo anche a noi del Governo: ascoltiamo di buona fede, senza caricature, affinché il plebiscito finale sia un punto di incontro e non di divisione, e possiamo qui, insieme al popolo, firmare insieme al popolo cileno una Costituzione democratica, paritaria, con la partecipazione di tutto il nostro popolo.
Cilene e cileni, il mondo ci sta guardando. Sono sicuro che vedono con una certa complicità quel che sta accadendo in Cile. Abbiamo la possibilità di apportare umilmente alla costituzione di una società più giusta. E sono sicuro che saremo all’altezza di questo processo democratico che è stato voluto da un’immensa maggioranza di cittadini. Replichiamo questo risultato. Cari abitanti di questa terra, prendo oggi con umiltà e coscienza delle difficoltà il mandato che mi avete affidato. Lo faccio con la convinzione che solo nella costruzione collettiva di una società più degna potremo fondare una vita migliore per tutte e tutti. In Cile la democrazia la costruiremo insieme, e la vita che sogniamo può solo funzionare nel dialogo, nella democrazia, nella convivenza e non nell’esclusione. So che tra quattro anni il popolo ci giudicherà per il nostro lavoro e non per le nostre parole, che come diceva un vecchio poeta, “quando non danno vita uccidono”. Oggi era necessario parlare. Domani, tutti insieme a lavorare. Come pronosticava cinquant’anni fa Salvador Allende, “siamo nuovamente, compatrioti, aprendo il grande cammino in cui passerà l’uomo libero. L’uomo e la donna libera. Per costruire una società migliore, andiamo avanti. Viva Chile!
* “Estos extraterrestres nos están invadiendo” è una frase dell’ex-First Lady Cecilia Morel, moglie dell’ex presidente Sebastián Piñera, di fronte alle massicce proteste di piazza di cui non riusciva comprendere la natura.