Quel giorno il ragazzino tornò a casa e non trovò suo padre. Lo cercò ovunque, ma quando scese il sole ancora non aveva avuto sue notizie.
Così seguì gli uomini della comunità , i suoi fratelli maggiori, e li vide mentre uccidevano una pecora e versavano in un recipiente il grasso delle sue carni.
Quando gli uomini ripartirono, il ragazzino li seguì, e trovò suo padre, e vide come quelli spalmavano il grasso della pecora sul corpo del vecchio, che rimaneva addormentato.
Il ragazzino tornò a casa e prese la sua pelle di vacca, e seguendo un altro sentiero fece ritorno nel luogo in cui dormiva suo padre. Lo trovò che dormiva ancora, così sistemò al meglio la pelle di vacca sul terreno e si addormentò di fianco a lui.
Non riuscì a prendere sonno: si risvegliava continuamente con una strana sensazione, come di sguardi nel buio e strani sospiri puntati addosso.
Sentiva gli animali tutt’intorno: una iena, un’altra iena, forse anche un leone.
Le iene erano soprattutto una risata, un ghigno stridente che è voce di un altro mondo.
Nessun animale si avvicinò. Tutti avevano sentito l’odore della carne, ma avevano percepito anche la presenza del bambino.
Carne viva.
Quella stessa notte gli uomini e le donne della comunità , allarmati, ritrovarono il ragazzino.
Non voleva abbandonare quel luogo: sentiva il ghigno delle iene ancora vivo dietro la schiena.
Gli spiegarono allora che quando una persona muore, muore per davvero.
Solo la sua anima continua ad esistere, forse, da un’altra parte.
Ma la carne appartiene ad altra carne, e anche per questo ritorna alla natura.
Gli spiegarono che il loro popolo era un popolo nomade, e per questo la terra doveva rimanere leggera.
Il ragazzino lasciò indietro suo padre, lo lasciò indietro per sempre.
Tornò al villaggio con gli altri adulti e si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lui, almeno fino al giorno in cui sarebbe stato circonciso.
Il giorno in cui anche lui sarebbe diventato un uomo, sarebbe diventato morà n.