Archive for the ‘Arte’ Category

Tutte le cose iniziarono cantando


04 Dic

Dietro la creazione

Tutte le cose iniziarono cantando
canzoni di culla dalla consistenza della lana grezza.
Lana grezza che stabiliva un confine.
Al di là della filatura, la mano dell’uomo.
Al di là della mano dell’uomo, la pelle dell’animale.
Un solo fuoco a scaldare tutto.

Ricordo le strade arancioni, la città delle quattro del mattino.
Il freddo a congelare le vibrazioni appese alle mie labbra.
Possibilità di esprimermi limitata, coscienza a briglie sciolte.
“Quella notte hai parlato di me come se mi conoscessi da una vita”.
Quella notte ti conoscevo da tutta una vita.

Attraversare l’oblio in retromarcia.
Le illusioni e i desideri che si trasformano in certezze.
L’abbraccio del vento che diventa concreto
Cosa diventerò domani?
Quale pezzo di me ormai abbandonato mi accoglierà?

Stamattina ho spaccato legna per tre ore con mio nonno.
Poi quando la brina si è sciolta lui è partito con un bastone.
E’ tornato mezz’ora più tardi, poco prima delle campane di mezzogiorno.
Mia nonna come al solito è uscita incazzata a cercarlo, quando il sugo era già in tavola.
“Lavati le mani”, mi ha detto mio nonno.
“quella che rimane la spacchiamo domani”.

Ieri invece, dov’ero ieri.
Ieri è un concetto ancora un po’ difficile da ubicare.
C’è uno “ieri” fatto a linea continua e un altro sempre più piccolo, laggiù in fondo.
C’è uno ieri anche in questa notte, qui a Viola.
C’è uno ieri in quel che verrà.

Poi il patio di Kiki, una coperta di scritte, Granada.
La fisionomia di un sentiero, intravisto dall’alt(r)o.
La geografia di un’anima, i suoi elementi naturali.
Sei tu il padrone del tuo destino. Prenditelo.
Sei tu il padrone del tuo destino. Prenditelo.

E così tutte le cose iniziarono cantando
e non era la voce di tua madre, quella che sentivi, là dietro.
Non sei neppure sicuro che fosse, in fondo, una voce.
Ma tutte le cose iniziarono cantando.

Hibakusha


03 Ott

Nei centri commerciali, nel parcheggio di un autogrill, per strada.
L’arte è quel concetto che non ha bisogno di un concetto, semplicemente accade.

Hibakusha è l’arte nella sua forma più autentica, quella della Natura.
Sono due mani e una decina di bombolette a stendere il ricordo della stupidità umana, una tonalità di neri metallizzati che ha cambiato la percezione della nostra impotenza.
Ma saranno l’acqua e il sole a far cresce un albero lì di fronte al delirio, la stessa acqua e lo stesso sole a cancellare scolorire sbiadire eliminare il ricordo dell’uomo.

L’albero è il Gingko Biloba, la pianta a semi più antica che (r)esiste sulla Terra. Le mani i colori e l’idea sono di Bruno Volpez.

Đá


26 Set


avrei voglia di parlarti solo se tu fossi un’anima bianca,
un qualcosa che vola leggero.

fabrizio dice che quando i bambini sono bambini sono tutti rotondi,
sono una sfera di pietra che ruota su un piano inclinato,
una forza misteriosa ma poco importante da decifrare muove la superficie, in ogni momento.
e i bambini-palle-di-pietra rotolano in un’altra direzione, poi in un’altra ancora.
sono biglie impazzite, niente gli importa.

dice anche che i bambini non sono più bambini quando iniziano a scolpirsi da soli i fianchi,
quando determinano un sopra e un sotto da approfondire e rispettare,
poi un dietro e un davanti ognuno con le sue determinate caratteristiche
e certi colori, mai invertiti.

poi ogni esperienza una martellata,
e in ogni facciata contro gli altri blocchi di pietra
[ormai quadrateggianti, geometrici]
volano via pezzi di schegge, di pietra che non c’è più.

l’immagine si compone
la martellano i pensieri, le convinzioni, la filosofia.
segue il bozzetto dell’esperienza
delle illusioni che diventano ghiaccio tra le fessure
e anche il vento e la pioggia modellano la roccia.

il blocco di pietra alla fine è una statua.
rigida, ferma, compatta.
la fissità nel tempo sarà al proiezione di un’antropomorfa eleganza
di un agghiacciante delitto
che ha impedito a quella pietra
di continuare a rotolare.

 

 

Tanchi – Autoritratto


05 Set

è uno sguardo silenzioso nella creazione artistica del maestro tanchi michelotti.
sull'immagine e sull'immagine in movimento regna la finestra, 
pezzo di vetro, 
spazio di luce, 
filtro prospettico che separa i colori degli spazi conosciuti
da quello che sta "fuori".
tanchi dipinge e si racconta. 
tanchi si dipinge e racconta. 
come un bambino puro che si consegna ai misteri del gioco, 
come un uomo di grande coscienza che si chiede cosa significa 
quel che per mano della sua mano appare.

dall’altra parte della finestra,
parole e immagini si compongono si sovrappongono si cancellano.
quel che ne esce è un video
tracciato grezzo col tubetto sulla tavola di compensato.
insegue il pennello, dà un colore a un’idea.

Carmelo Bene


01 Set

“Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l’ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla. […] I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono. […] Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa. Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono. E’ l’estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l’orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sé, dentro un altro oggetto. Tutto quanto è diverso, è Dio. Se vuoi stringere sei tu l’amplesso, quando baci la bocca sei tu. […] Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perché una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati -erano di pietra gli strati- li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l’uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo. […] I cretini che non hanno visto la Madonna, hanno orrore di sé, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne – in convenevoli del quotidiano fatti di preghiere – e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio. L’umiltà è la conditio prima. I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all’assoluto comunque. Essere il più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino. Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione”.

After the last sky


16 Ago

Una parte di qualcosa va nel senso di un futuro prevedibile che sarà meglio di tutto questo. Frammenti al di là di totalità. Una inesausta attività nomadica al di là degli insediamenti dei territori occupati. La critica al di là della rassegnazione. L’eroismo della rabbia al di là della ciotola dell’accattone, una limitata indipendenza al di là dello status di clienti. Attenzione, vigilanza, concentrazione. Fare come hanno fatto gli altri, ma tenersi in qualche modo in disparte. Raccontare la vostra storia a brandelli, così com’è.

Said, After the Last Sky

Esercizi di stile


30 Lug

Esercizi di Escopetarra

[manuale disegnato da Anonimo Banzurna]

 

Il Castagneto Acustico – 2012


23 Giu

No time no space

Una festa.
Una festa?
Una festa.

Senza responsabili né denaro in circolazione, senza programmi né sponsor, senza nessun’altra regola se non quella della condivisione.

Mario e Ernestina, classe 1925, raccontano che nei giorni antichi in cui a Viola Castello abitava ancora la musica, i giovani del paese mettevano insieme la loro voglia di ballare. Qualcuno scendeva a valle a cercare i musicisti, qualcun altro faceva il pane, altri ancora preparavano i formaggi.
Non c’erano soldi: la festa si faceva senza soldi.
Non c’era energia elettrica: la festa si faceva senza energia elettrica.
Ma c’era desiderio e passione, e bastava quello, per fare la festa.

Il Castagneto Acustico è desiderio e passione, assenza di soldi, niente di elettrico.
Lo scenario è un bosco illuminato dal fuoco, nei secolari boschi di Viola Castello, che ancora resistono all’abbandono dell’uomo.
Musicanti e narratori, danzatori e teatranti, cucinieri e spillatori di vino, peccatori e disegnatrici, gente semplice e contadini. Tutti insieme senza un programma, ognuno viene e porta quel che vuole di sé.

L’appuntamento è nel Bosco del “Grimaldo”, frazione Castello, Viola. Venti km sopra Ceva. Domenica 8 luglio, dal pomeriggio a notte.
Cibo e vino ci sarà, ma cibo e vino è anche benvenuto.
E’ un bosco, quindi il più grande hotel, quindi si possono piantar tende e accampamenti.
Le vacche di Aldo hanno già iniziato a falciar l’erba, e preparare il terreno.

Ezra Pound


09 Giu

Ezra Pound.
Che si sa, a proposito di Ezra Pound?
Che fu fascista.
Che un branco di personaggi pittoreschi ha legato al nome del poeta le basi operative da cui partono moderne crociate di pulizia sociale – ma la figlia si dissocia.

Non si sa, insomma, quel che si dovrebbe sapere.

E cioè che nel ventesimo secolo la poesia si è spostata dalla teologia all’economia, al canto di una violenza che è quella perpetrata dall’uomo contro se stesso, contro la sua stessa natura.
La forza profetica dell’autore in questione si basa proprio sulla sua capacità di intravedere, fin dall’inizio del novecento, il meccanismo diabolico della finanza, di una concezione economica che si sposta dal concetto di “capitale” a quello di “moneta”.
C’è un bel documentario, online, che aiuta ad avvicinarsi al vero volto del grande poeta nordamericano. “A baby in the woods” è il suo titolo azzeccato, perché dipinge un’anima troppo sensibile e troppo ingenua di fronte all’azione perversa delle forze del potere. Nei cinquantacinque minuti del filmato, si ripercorre il cammino perplesso di Ezra Pound tra un’America che ha tradito i suoi ideali e un’Europa che stritola l’uomo. In mezzo, tra i tredici anni di manicomio in cui è stato abilmente rinchiuso, continua la ricerca verso le terre di Utòpia.

E il Pound presunto fascista?
“Dato che ogni guerra costa ai cittadini amercani
ventimila dollari a testa per sterminare i pellerossa
sarebbe forse più conveniente, e umano
educarli”.

Love thou thy dream
all base love scorning,
love thou the wind
and here take warning
that dreams alone can truly be,
for ‘tis in dream I come to thee.

[Ama il tuo sogno
ogni inferiore amore disprezzando,
il vento ama
ed accorgiti qui
che sogni solo possono veramente essere,
perciò in sogno a raggiungerti m’avvio].

Quattro milioni di evangelisti, quattro miliardi di evangelizzati


25 Mag

Tutto era iniziato la prima settimana, mentre attendevo l’ombra alla fermata del bus. Il vecchio si è sistemato i capelli, si è guardato due volte entrambi i lati, ha accomodato elegantemente la sedia. Appena sono entrato nel suo spazio d’azione, mi ha offerto un bicchiere di fragole con zucchero, e si è interessato alla mia presenza da quelle parti e alla mia esperienza passata. Qualche battuta più tardi era lì che si chiedeva cosa intendessi con il termine “serenità”. Due minuti più tardi è passato a chiedermi se conosco la grandezza di dio, e non ha aspettato la mia risposta, perché in qualche modo la conosceva già.
Si è proposto di salvarmi, di iniziarmi alla verità assoluta della bibbia.

Ce l’ho già una bibbia, gli ho risposto io, e lui, che si è dimostrato scettico, mi ha chiesto di mostrargliela.
Il giorno successivo mi sono presentato con L’idiota sottobraccio. E’ questa la mia bibbia, gli ho detto, così, per provocare. “Questa, ma non solo. Anche Tolstoj, o Henri Miller, o Dante, o quel libercolo di racconti del tizio dell’altra sera. E’ riduttivo limitarsi a una sola bibbia, ho aggiunto, quando ce ne sono così tante, e tutte rivelatrici, in giro.
Il vecchio mi ha ascoltato con curiosità. “Allora se la metti così anche i libri di Gabo* sono una bibbia, secondo il tuo ragionamento”. Anche i libri di Gabo, perché no. Mi scruta con sguardo vispo, bello attorcigliato intorno a un pensiero che lo stuzzica ma non lo convince.

“Non può essere, ti sbagli”, mi dice, e mentre me ne vado verso il bus lo saluto con un cenno della mano.

* Gabo: Gabriel Garcia Màrquez.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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