Archive for the ‘Lithuania’ Category

Užupis


17 Feb

Užupis

Correvano i bambini, infagottati nei loro vestiti da neve, mentre le madri (tre donne totalmente diverse tra loro) sfioravano il vetro con il dito, allungando verso il basso la distrazione dai loro pensieri, sorridendo con la mente alla vista di tutto quel che accadeva – o non accadeva – in quel momento nel mondo,
alla vista degli altri proiettati sui loro “sé”.

I bambini, in abiti viola, correvano lontani verso la strada, e con le piccole mani sul vetro della finestra ripetevano i movimenti delle loro madri e tentavano di far scorrere il mondo, distanziando il piccolo pollice e il piccolo indice da un ipotetico centro, come a voler ingrandire un qualcosa che, nel rumore sordo della vita, per un momento aveva catturato la loro attenzione.

Là fuori, la statua dell’Angelo e le luci di Natale ancora accese da qualcuno che non si arrendeva al Gennaio, illuminavano un mondo dall’altro lato del fiume,
dall’altro lato da tutto.

Pic by Daiva

Il professore


28 Ott

El profesor

Il professore scrive con inchiostro rosso. In corsivo. Dice che dovrebbero proibire la bellezza, e che nei suoi sogni ha visto ragazzine ferirsi in faccia per essere meno belle. Dice che le critiche fanno crescere. Dice che suo padre creava piccoli prototipi dell’origine dell’universo e che li appendeva sulla testiera del letto. Dice che crede nella forza della vulnerabilità. Dice che dovrebbe esserci un nome per le persone che hanno condiviso lo stesso partner. Dice che gli uomini possono aggredire con la forza o con il patrimonio, mentre le donne invece lo fanno attraverso la distruzione dei rapporti sociali. Dice che sua madre è la sua forza. E sa, senza dirlo, che è la donna della sua vita. Dice che un filosofo spagnolo di cui non vuole ricordarsi il nome gli ha suggerito che la forma di amore più puro è la compassione, ma che con la compassione non è mai andato troppo lontano con le ragazze. Che ha finito per diventare lo psichiatra del suo psichiatra. E abbiamo riso dei portfolio e delle lettere di raccomandazione. Dice che esistono due modi di ingannare la morte, una con il lavoro, l’altra con l’affetto. Dice di aver relativizzato la sua opinione sul consumismo quando ha iniziato a capire che le cose che la gente colleziona sono come lettere dell’alfabeto. Si rende conto di aver perso gli occhiali per vedere lontano, e allo stesso tempo sa che il 95% delle cose che dice parlano di lui, e questo gli pare una metafora perfetta. Molte sono state le lezioni, e poco quel che ho scritto. Spero che la mia testa da qualche parte abbia registrato tutto. Mi fido di lei.

Lituania – Bogotà // Agosto 016 – Ottobre 017
Testo originale by Xeh su Xehismo.

 

We haven’t been here before


27 Ago

Le mani si sporcano di materia viva.
Perdono in un momento la loro illusione asettica, riprendono un contatto perduto nella fase embrionale.
La donna dietro il bancone sa tutto e non lo dice.
Conosce la paura e la speranza, spogliate dai filtri e dalle maschere che si portano appresso tutti i filtri e tutte le maschere.

“Inserisca il codice per ottenere il suo drink”.
La donna dietro il bancone aspetta, si asciuga le mani in un panno nero e aspetta.

Là fuori una scala devastata,
un fuoristrada nero.
Altarini in cirillico, l’ingresso di una chiesa.
Dove inizia l’oriente?
Dove finisce l’occidente?

La donna dietro il bancone aspetta, ma non aspetterà per sempre.
Ha studiato per svolgere al meglio quel compito.
Ha studiato anni per svolgere al meglio quel compito.
Altri hanno camminato, si sono persi, hanno ritrovato il cammino.
La donna dietro il bancone ha studiato: e ora aspetta.

Lamine d’oro là in fondo al sagrato.
Le foto di guerra in piazza Maidan.
Due anziani che si allontanano: lei ha il foulard in testa, lui ha i piedi nudi sotto i sandali grigi.
Dove finisce il racconto?
Dove inizia a prendere forma quel che è vero?

“Ma il vero è sostanza nuda, senza un’interpretazione che lo innalzi dalla polvere”.
Il vero è fine a se stesso, esiste solo in funzione di uno sguardo.
E allora le mani asettiche, il panno nero, la materia viva.
E allora inserire il codice, per ottenere il drink.

Mar ciapiede


26 Ago

Come in un racconto di camicie bianche, forme e volti che si muovono intorno a un ostacolo, e una notte senza fiume e acqua salata che torna dal mare,
come biciclette nere che volano leggere, riposando sull’aria tutto il peso che si portano dalla terra,
come camini accesi senza fuoco senza ossigeno senza parete, come camini senza case intorno costruite,
come una realtà che si muove rapida che rimane immobile che propone inganni e che si dice cattiva,
come i canti senza canto de todos los abuelos del mundo
che anche questa notte andranno a dormire senza attendere che se ne vada la paura
come i raggi di luce che nel nord cadono sulla terra esattamente come a sud,
pero sin que nadie les entregue canciones.

Di fronte all’Hotel Neringa,
in attesa,
una signora dalle rughe nere mi chiede se sono Jurgas.

Lietus


11 Ago

Croce Baltica

“Aquì todo huele a lluvia”.
Etimologie da terra della pioggia.
“Este es un paìs para escribir”.
Vuoto, è tutto vuoto dietro quel vetro.

Il centro della nazione come la camera dei nonni: un luogo in cui per un periodo si è avuto accesso per giocare.
Quel luogo ora è deserto, rimasto alla mercé del tempo e dei piccoli cambiamenti, sventrato dallo sguardo di chi non ha saputo apprezzare i dettagli.

Tutto continua a essere così come lo si era lasciato.
La semplicità degli elementi, i fiori freschi sulle lapidi dei patrioti, i cortili grigi nel retro dei palazzi rinnovati.
Non è percettibile la presenza di un’assenza.
La polvere dei nonni, le impronte di quando uno era un bambino.

La Lituania è la terra della pioggia.
Nove anni e undici mesi più tardi, questo è un luogo adatto per fermarsi a scrivere.

La cultura del tortellino


07 Nov

In Colombia come in Lituania, una prerogativa costante: i francesi colonizzano il mondo con i loro “centri di cultura francese”, gli italiani con “pizzeria nonna rosa” (con la possibile variante del “nona rosa”, quando si tratta di “italiani di seconda generazione”. E chissà poi perchè, tra tutti gli elementi distintivi di un popolo, debba essere proprio la lingua il primo a scomparire).
E così uno si chiede: è così che ci ricorderanno? Francesi gente di cultura, italiani popolo di pizze, muzzarelle e ristoratori? Non potrebbe essere al contrario, visto il paté de fois e un certo passato rinascimentale?

Potrebbe, SE. Se esistessero anche nel Belpaese politiche lungimiranti. (Se esistessero anche nel Belpaese politiche). Se qualcuno iniziasse a comprendere che quando un popolo è fottuto, può almeno provare a giocare la carta di un passato glorioso, da vendere in giro. Se un (uno solo) ambasciatore iniziasse a convertirsi in un essere tale da giustificare il suo prezzo (a Vilnius l’ambasciatore italiano godeva di uno stipendio più alto di un parlamentare lituano). Se la gente capisse, magari spegnendo la televisione, che la cultura italiana sta scomparendo in patria, prima ancora che nel mondo. Soppiantata dal pecorino.

L’uomo meno potente del mondo


14 Ott

L’altro giorno uno di quei canali satellitari parlava delle elezioni in Lituania.
Le elezioni in Lituania.
E a chi gliene importa? A nessuno, nemmeno ai lituani, davvero.
Ricordo un astensionisimo a cifre folli, robe tipo il 60%, o giù di lì. Ricordo che, discutere di politica con un compagno di università, era un’impresa impossibile, e il baricentro del discorso cadeva sempre sull’eterna paranoia di una futura e certa invasione russa.
La politica interna era roba assente dai giornali, e a pensarci bene, erano piuttosto assenti anche i giornali.

Ciònonostante erano felici.

L’ultimo dei Visionari


08 Lug

Il capitolo primo è un balcone di Kaunas, un appartamento ai limiti dell’assurdo dove in una notte di vodka e primavera nordica qualcuno mi parlò di lui, di questo figlio d’immigranti lituani rettore dell’Università di Bogotà che mostrando le chiappe a una contestazione aveva zittito la platea e shoccato la Colombia conservadora.

Nel capitolo secondo, sui legno di un bizzarro ufficio colombiano, si apre la porta ed indiscutibilmente entra un lituano. I modi lenti, la parlata calma, gli occhi azzurri su fisionomia baltica anticipano le referenze di curriculum, che parla di un rettore celebre per aver cambiato, da sindaco, il volto di una delle metropoli più difficili del mondo. Antanas Mockus Sveikas, al tempo rettore della Nacional de Bogotà, iniziò la sua carriera politica mostrando le chiappe a una platea contestatrice: “E’ pedagogia. Inutile la violenza, inutili le punizioni, tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”, esordisce. Sono poi seguite geniali stravaganze e un matrimonio su un elefante, fino al naturale sfocio in una corrente filosofica a tutt’oggi in crescita, conosciuta come il “Movimento dei Visionari”.

Il confronto argomentativo è interessante, per di più Mockus parla un lituano perfetto (Mockus…io no) e ancora ne sfoggia il tipico orgoglio: “Si può dire che nella storia ci siano stati solo due tentativi riusciti di Resistenza Civile Passiva, l’India di Gandhi e la Resistenza Anti-Sovietica Lituana”, sentenzia.
La sua parlata calma si arricchisce di una serie di citazioni lontane, gente come Roger Peterson e il suo “Resistence and Rebellion”, Jen Sharp e Thomas Shelling, Shlowsky e i Formalisti Russi, Dovstojewsky e Sastre e un codicillo della Costituzione Italiana. Ogni concetto innesca in lui un circuito formidabile, e di fronte a qualsiasi semplice domanda accende una catena di ragionamento inimmaginabile che attraversa qualsiasi campo della conoscenza umana per concludersi in una risposta altrettanto semplice. Semplice e geniale.

Due volte sindaco di Bogotà, spiega come abbia creato un magistrale esempio di Amministrazione Creativa ancora studiato da tanti politosociologi del mondo: “Insegnavamo senza punire. Se c’era scarsità d’acqua, non tagliavamo le razioni ma apparivamo in televisione in una doccia di 4 minuti per illustrare i possibili risparmi. Tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”. Aspirante (per la seconda volta) alla Presidenza della Repubblica, Mockus ha in mente idee alternative per risolvere il problema dei sequestri: “Con 30 ragazzi in questo stesso ufficio stiamo organizzando esempi di un possibile dialogo con i capi guerriglieri. L’idea sarebbe raggiungere i vari Fronti delle FARC nella selva in una marcia che raccolga il pacifismo di Gandhi e la progressiva assimilazione di nuovi membri, lungo il cammino, di Mao”. Tutto senza spoliticizzato, sullo schema dell’esperienza bogotana, dove gli assessori e i consiglieri arrivavano in buona parte dalle cattedre accademiche e non dai partiti. “Abbiamo anche studiato un funerale virtuale, una sorta di “Istruzioni in Caso di Sequestro” che sarebbe interessante adottare per contrastare l’ultimo potere rimasto ai Narcotrafficanti, il sequestro appunto. E’ tempo di spiegare alle moglie e ai figli di un guerrigliero che la speranza di vita in questo paese è di 75 anni, e che accorpandosi in gruppi criminali si consegnano, in media, 30 anni della propria vita”.

Qua l’intervista completa (in spagnolo), qua foto nuove.

Hombre Baltico?


08 Giu

Di tanto in quanto ricevo un prototipo di mail che dice più o meno così: “Ciao, so che tu sei stato in Erasmus a Kaunas, ¿posso chiederti un po’ d’informazioni?” (Grazie Erika per lo spunto, a Barranquilla c’è l’esodo degli stranieri ma non era elegante scriver cose tristi).

In più, adesso sono dotato di un magico sistema hacker per vedere come giunge la gente su questo sito, e scopro che la maggior parte degli utenti-google dirottati qua hanno digitato parole come “lituania”, “ragazze di vilnius”, “in lituania si tromba?”, “erasmus crazy”. Nonostante ci sia, va detto, qualche iperbolico fenomeno che arrivi qua cercando “papa” (?¿?), “viaggio mentale con droghe” (curioso), “tempi moderni” (e ciò mi rende orgoglioso), “l’alcolismo in Venezuela” (la prima parola mi risulta, la seconda no), e soprattutto “mia bossi”. Ad essi dico: non preoccupatevi. I pazzi non siete voi, è google che sclera.

Tornando al discorso originale. Tempo addietro un post riassumeva un po’ di cose utili per chi sceglie un’università baltica. Probabilmente sono ancora attuali, e nell’antro materno di una discoteca quest’autunno avevo anche incontrato chi le aveva lette e si era fidato. Tutto torna, dicono i saggi.

In una crisi d’identitá, il blog mi ha confessato di essere irrimediabilmente perso. Si chiama Baltic Man e qualche blogroll lo contiene sotto la voce “blog di sudamerica”. Io l’ho guardato fisso e gli ho sputato in faccia la verità: “tu sei un bastardo“.

p.s.: la foto di casini apparentemente non c’entra niente. Ho digitato su google “crisi d’identità” e quello è ciò che uscito. Occhio per occhio, dente per dente.

Blowing into the soul


23 Apr

segovia.jpgApro Skype e inizio a raccontarmela con Arno. Mi parla di Russia, si rimpiange la tabula piena di nullo Mongolo di un anno fa, mi racconta che quest’estate dopo esser tornato in Francia e prima di tornare a San Pietroburgo passerà un paio di mesi a lavorare ad Amburgo, e gli preme pianificare un incontro da qualche parte in Spagna o giú di lì, nel frattempo.

Inizio così a scambiare due parole con il brother d’america, disperso nei campi (da calcio) del Texas compie 18 anni si regala il sogno di un futuro a stelle e strisce. Mi racconta cose che già so e nel frattempo lo invidio, lo comprendo, gli auguro il meglio per la sua maggiore età che nel delirio americano non è maggiore età. Vorrei parlagli ancora ma mi scappa nel suo mondo di neogrande, the god-damned.

Passo le notti a parlare con Paolo, estasiato da quelle 12 ore di fuso perfetto che trasformano il canto dei miei grilli stanchi nel delirio del suo traffico a Honk Kong, e insieme ridiamo e insieme piangiamo su quanto è grande e bello e diverso e strano il mondo. Sono conversazioni che sanno al tempo stesso diSvyturys e d’oriente, nel sottofondo delle sue parole milioni di formichine da new-economy.

Dispersa nel nulla vaga Doriana, nella sua costante deriva su un piroscafo reale intorno a un continente irreale e sudamericano. Appare raramente e come appare scompare, ma nel frattempo ha lasciato uno schermo sullo schermo, uno squarcio devastante e aperto, e velocemente tutto si svuota e davanti agli occhi rimane la magia del Fu. Poi tutto si ricuce e appare Cesar da Madrid maledicendo tempi duri e votandosi propenso a un prossimo disordine universale.

Trovo nei pallini verdeskype tutta la Lituania, un paese e tre città che mi scrivono mi ricordano si informano e mi fanno viaggiare fin lassù, insieme a loro, come è giusto che fosse e come un giorno sarà ancora. Uomini donne ragazzi e ragazze che saranno come me per sempre, me li porterò dietro sottoforma di pallini verdeskype. Ragazzi, ragazze e certezze.

Non spezzo il filo che mai si ruppe con il mio pezzo di anima baltica disperso tra i castelli della Loira, parliamo di cose lontane che pure appaiono più vicine, e nitide, e fulgide nell’immaginario dell’un-l’altra lì a viverle. Affido all’etere il compito di trasportare passioni semplicemente accantonate. Nell’incanto dell’illusione, vivo profumi e sapori di labbra lontane.

Di tanto in quanto, ritornano così alla luce pezzi di notti vissute, angoli di Varsavia o di Riga o di Mosca che arricchiscono il tutto della loro indelebile presenza, pezzi di altri pezzi che si ricompongono in un ordine superiore da custodire gelosamente e sotto vuoto. Mancano però troppi tasselli, troppe facce vissute e adorate, frammenti di quella vita avanticristo che fu e che sembra inesorabilmente avviata verso la perdizione nell’immobile oblio del feudo natale.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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