Archive for the ‘Uncategorized’ Category

Ce qui vivent les violettes


13 Apr
psychedelic sun over Sidona

Hoy fui a un castillo
fui a un castillo por los bosques, siguiendo las líneas de los montes
fui a un castillo con mi caballo, carroza de hierro y viejo die-sél.

Ilusión
De
Belleza.

[Illusione: in-ludo. Viene de juego].
[Bellezza: dal sanscrito Bet-El-Za, “il luogo dove Dio brilla”].

Éstas cosas que pasan por un sábado cualquiera.

Andando, ho visto un gruppo di genziane.
Fiori di quando la neve si scioglie, fiori che si portano addosso la lunga attesa dell’inverno.
Annunciano la primavera: tienen poderes maravillosos y la gente lo sabe de la antigüedad.

Cuando la ví, pasó un coche. El unico coche del día.
Cuando volví, le genzianelle se habían ido.
El único coche ya no estaba allí.
Se las habían robado.

Regresa a mi mente
[Ritorna a mi mente]
aquel día de diciembre, en el cual estaba en Málaga con mi amiga Lola.
Y fuimos a un ‘cementerio inglés’, y estaba al lado del mar.

Había una tumba y en ella un nombre y dos fechas.
Una niña que murió 40 días después haber nacido, su nombre: Violette.
La targa diceva:

“Ce qui vivent les violettes”.

Eldorado


07 Apr

Bogotà. Sunset

Como en un cuento de fin Ochocientos
Héroes y castillos
Gentes de mar y compromisos
Historias de honor entre despedidas de marineros
La tropa que se mueve hacia el desconocido más allá.

Quedan chaquetas verdes, companeros de viaje
Y tierra de Colombia en la espalda allí detrás.
Barro cocido con dos huecos que dejan filtrar la luz
Barro que es sonido y es silencio
“y miles de caras que miran al sol”.

Mashroom Farm Democratic
Join our trip anti-aesthetic
Visual ethnography, engaged methodology
To bring your stories twelve miles far away.

“Acumula y redime con tu tarjeta de socio”
Aplican términos y condiciones bajo el juego sucio
Quinta Esperanza se desvanece bajo el sol de las Paredes
Mientras muchachitas rojas se fotografean bajo el sueño de lo efímero
“y miles de brazos que miran al sol”
buscando captar nada más que un pálido reflecto.

Algo,
sin embargo,
recogeré.

Miosotis


30 Dic

La miel se hizo dura.
La última vez que la ví estaba blanda y dulce, pero dormida bajo meses de sol, no se dió cuenta de que también el invierno estaba llegando.
Decía que la fé era sustancia de cosas esperadas y desechos de cosas por esperar.
Ahora la miel sigue siendo dulce, pero ya no es miel.
Sigue siendo dulce, y esta miel es para ti.

Tengo a mi cuello la pendiente que un día me regalaste.
Lo llevo encima desde este entonces, y nunca se podrá caer.
Es curioso pensar que tu regalo haya sido el logo de una companía de cigarrillos.
Una companía de cigarrillos para traerme de vuelta al tiempo mejor de mi vida.

Es curioso como el tiempo mejor de una vida pueda tener la forma de varias peleas.
Un día de éstos volveré a los tiempos amarillos, que tenían cara de una cara con forma de pielroja y decían la verdad.

Due cani si mordono la coda


31 Mag

The city through the eyes of the dog

Due cani
si mordono la coda
tra le strade strette della città bianca
sotto il suono di campane a mezzogiorno
tra le insegne del kebab e turisti nordamericani
due cani si mordono la coda
bevono birra e attendono sera
cercando l’ombra di architetture arcane
e i cerchi concentrici delle gambe dei passanti.

Due cani si mordono la coda
come una danza d’antica importanza
come un riflesso di lontani presagi
come un gioco nel grigio,
un gioco di prestigio.

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03 Giu

E’ una notte come le altre e le prendo la mano per chiederle cosa significa.
“Cosa?”, dice.
Non rispondo: allungo solamente un’espressione rivolta verso quei numeri che porta sul retro del polso.
E’ una data.
Ventidue novembre duemiladue.
E’ una data autunnale. Ma lo è per me, non per lei, che si muove in un altro emisfero.
E’ un insieme di coppie, “22”, “11”, “20 e “02”.
E’ uno scioglilingua numerico. Il “2”, l’“1” e lo “0”.
Se fossero colori, per me sarebbero bianco, nero e rosso.
Cosa è successo il ventidue novembre duemiladieci?
Non credo che mi interessi veramente.
O forse sì, chi lo sa.

Non mi risponde subito.
Non mi risponde neanche dopo: si limita a ruotare lentamente il suo sguardo verso di me, ma non c’è niente di oscuro sotto le sue sopracciglia.
Intanto la candela illumina di luce ondulata ogni dettaglio intorno a noi. Solo noi rimaniamo in ombra.
“E’ una data”, dice.
“La data in cui mi sono fatta un tatuaggio”.

Funeral parade of roses


12 Ott

Era il padrone del racconto ma non lo sapeva, ed era per questo che le sue storie finivano sempre male.
Sarà la sfortuna, diceva, questa maledetta  che se la batte quando la meccanica inizia a funzionare, e tutto sembra scorrere verso altri destini, o la lancetta del distributore ferma da anni sulla tacca dell’inganno, giorno e notte immobile nel suo incontro di buio e colori.

O forse erano stati i personaggi stessi a tradirlo.
Impavidi, decisi, sicuri di loro stessi e così maledettamente simili all’autore, una sorta di gatto con diverse vite, sette, che si consumavano nell’inchiostro di pagine inutili, spese a progettare un’insalata nucleare o il più semplice marchingegno per rendere finalmente utile, migliore, l’esistenza prossima in lista. Sei personaggi in cerca di sei personaggi per interpretare un ruolo mascherato da qualsivoglia parvenza di arte, così ci si riconosce nel protagonista ma senza che il panico vinca, perché il suo volto è diverso, la sua faccia è un’altra, è la vita degli altri a dover essere esuberante perché a noi l’esuberanza spaventa, odora vagamente a sudore ed incomprensione, e si finisce tutti a cantare o a recitare o scrivere sulla solitudine, un’altra occasione persa, un altro foglio nella pattumiera gialla.

Il padrone del racconto viveva rinchiuso in una gabbia con i suoi personaggi, era Signorina Goldmayer a portare i pantaloni nella claustrofobia delle quattro mura, a buttare nella mischia nuovi falliti o promettenti emarginati, pezzi di silenzio e di carne un po’ più caldi del solito che venivano buoni quando fuori c’era la neve, e il grigio e la massa rendevano deforme la Valle. Lui li osservava e di ognuno di loro conosceva i segreti, si accorgeva di serbare una lacrima, un rancore, un insulto una pacca per ognuno di loro e quando li scriveva era perché aveva smesso di odiarli. Appollaiato sul tetto più alto, aquila maestosa e regale sotto il vento e la neve, tra le generazioni e il sole, si ripeteva che l’immagine preconcetta della consuetudine rinforza i colori che il tempo ha iniziato a sbiadire.

Così diversi e così uguali, i suoi personaggi. E lui vittima dei un complotto vittima della sua stessa paranoia e così solo con famiglia a carico, un elenco di disperati così vasto nella rotonda del mouse, lui carceriere super-partes o un semplice bastardo che osserva la prigionia degli altri animali dietro le sbarre della sua gabbia?

Sempre per gli altri, le storie di eroi e cavalli bianchi. Non erano mancate sorprese, come quando scrivendo di un fumatore megalomane se ne era innamorato perdutamente, eppure tutti i suoi personaggi puntualmente si ritrovavano ad abbandonare le scene sempre troppo presto, o rimanevano immischiati nella polvere della prima gloria. Non ebbe mai il coraggio di staccare la spina, il padrone del racconto, perché ognuno di loro era come un figlio, e abbandonarli significava ammettere a se stesso di non aver saputo concepire altre possibilità.

Lurisia, oggi


13 Ago

I used to think that if you would carry a donkey on a pick-up,
he would die,
because of watching the trees moving.

Irrealidad, Surrealidad, Iper-realidad


07 Ago

Keep the movement
upside
down.

Arena entre las teclas


13 Mag

Questa mattina la barra spaziatrice del mac è rimasta incollata al suo fondo.

Il salnitro, che giorno e notte invade l’aria di Salgar, si sta mangiando i meccanismi elettronici che danno accesso al mio mondo virtuale.

Tutto suggerisce una rapida fuga.

Molly Hatchet


25 Apr

Le storie si incontrano a volte per sbaglio.
“Qualcuno in tono energico e provocatorio, chiese se erano più importanti diecimila persone affamate o un’opera d’arte”.
Gli indigeni di Espìrito Santo “han sido amanzados en 1914”, dice la vecchia ultracentenaria, e lei si ricorda. Il signore seduto accanto a lei è il primo figlio di un uomo indigeno e una donna del paese. Ha ottanta cinque anni e annuisce convinto.

Come si è arrivati sotto questa tettoia?
La signora della biblioteca ha chiesto di non rivelarlo.
“E a quel punto l’interrogativo se fosse più importante un’opera d’arte o la miseria di diecimila affamati si trasformò nel seguente: se diecimila opere d’arte compensavano la miseria di un uomo solo”.

Le storie si incontrano a volte per sbaglio. Leggendone una, capita di scriverne un’altra.
Il rock è cambiato quando si è infarcito dei suoni del sud.
Polvere e deserto, la musica come una cavalcata selvaggia.
Tutto questo non avrà mai fine.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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