Archive for the ‘Viaggi Mentali’ Category

Purple Castle


02 Lug

Scorre, lava, sporca, asciuga
vita d’estate d’un estate perenne
dove importa solo chi rimane indietro
dove l’anima respira, nel campo delle quasi-possibilità
mentre l’energia liquida aggiunge sorgenti di danza
e l’incrocio delle esistenze acquisisce ininterrottamente
consistenza chimica.

Importa solo chi rimane indietro,
quel che non arriva a succedere.
Le esistenze perfette, le amicizie infinite
e le labbra incollate tra le pieghe di un sapore senza consistenza.

La perversione dell’estasi, racchiusa in un unico peccato
l’aver potuto essere, e non aver creato
e nella confusione dell’eccesso, solo un’intuizione:
la strada più bella è che quel che si ha scelto di non percorrere.

Today is tomorrow?


08 Giu

Today is tomorrow?

Y qué serìa este pendiente que llevas al cuello?

El presente. Un presente que no termina nunca.

Un presente que no termina nunca, es la peor pesadilla que se haya oìdo nunca. Ahora entiendo porqué lo llevas al cuello. Asì tienes un lazo. Un lazo que te tiene amarrado a sì mismo. Menuda paradoja, matòt. Tu sì que estàs en una trampa.

No te creas tan seguro. A fin de cuentas, también tu seguridad puede ser un lazo que te tiene amarrado a sì misma.

Sì, tienes razon, matòt, pero un poco de seguridad, de vez en cuanto, no molesta. En cambio un presente que no termina nunca, creeme que no lo podrìa soportar.

Y porqué deberìas soportarlo? Tal vez sea suficiente vivirlo. Tu cargas con el peso antiguo del pasado mientras tus pies tiemblan en el humo blanco del futuro. No crees que serìa mejor un presente que no termina nunca? Asì todo sigue siendo. También lo que todavia queda por venir

No sé. Tu idea me suena a carpe diem. Y yo nunca confié en palabras en latìn, matòt. Si me quitas el olvido y la esperanza, me destruyes a la filosofia, y esto sì es un juguete que me divierte.

Pero entonces te pierdes lo mejor. Estamos buscando lo mismo, no te dàs cuenta? La bendita filosofía no es más que nostalgia, el deseo de sentirse en casa en cualquier sitio. No te parece maravilloso? Nostalgia y deseo. Presente permanente.

Esto suena bien. Es por esto que te lo llevas al cuello?

Es por esto. Piel de chivo sobre mi piel. Todavìa quedan las marcas de sus dedos, cuando lo moldeò mientras estaba caliente. El mismo deseo de aquel dìa en que la encontraré.

Y como podràs encontrar algo que ya tienes? Algo que ya, de alguna manera, perdiste?

Y como puedo tener algo que ya, de alguna manera, perdì?

A ver. Piel de chivo y marcas de sus huellas?

Nostalgia y deseo. Presente permanente.

L’abisso non ci spaventa, l’acqua è più bella quando cade dall’alto


29 Mag

Danza

 

Se nella favola avessimo avuto
anche solo un sussurro di voce in capitolo
forse
avremmo evitato il tentativo
di questa poesia
forse
avremmo abbozzato un finale più stanco
forse
avremmo deviato verso ambienti più sordidi
inseguendo la linea delle nostre visioni
abbracciando il coraggio di guardarci allo specchio
ritrovandoci nelle decisioni
di quel magnete primordiale
che ci muove e ci sposta
al di là dell’ostacolo
di un pezzo di carta.

 

Ma se in questa favola avessimo avuto
anche solo un sussurro di voce in capitolo
allora il fallimento sarebbe oggi definitivo
il peso del fato non avrebbe più consistenza
e nemmeno gli errori
sarebbero più poesia.

 

Dove scorre allora
la linea dell’arbitrio?
Dove muove la vibrazione
tra verità e istinto?

 

Ed ecco che forse in questa parvenza di favola
avevamo per davvero un’intuizione
forse solo un sussurro
un miraggio di voce in capitolo.

 

 

Senza Titolo


28 Apr

Lobo.

[davanti a un carretto che vende crèpes alla nutella]
Sai dov’è la stazione?
No. Ma so che non ci sono più treni. Comunque anch’io sto andando lì.
Ah. E perché vai lì, se non ci sono più treni?
Per fare una foto.
Vuoi fare una foto ai treni, che non ci sono più?
No. Ci ho provato cento volte, ma viene mossa.
Hai provato ad aumentare l’esposizione?
Credo sia un problema di fuoco. E’ difficile mettere a fuoco qualcosa che non c’è più.

[sull’autobus tratta urbana C]
Ma cos’è quel libro che stai leggendo?
Si intitola “bibbia”. Credo che in qualche lingua antica significasse “corteccia interna del papiro”.
Ah. Anch’io dovrei averlo da qualche parte. Ma una versione diversa. La mia ha la copertina blu.

[di fianco a un manifesto con il faccione di shimon peres]
Quindi anche tu sei un pellegrino.
No, assolutamente. Guardami. Io oggi sono qua, ma domani a quest’ora sarò a Tirana.
A Tirana? E che ci vai a fare a Tirana?
Boh. Suppergiù, quel che faccio qua. Annuso. Mi muovo. Guardo la gente. Musica nelle orecchie.
Quindi vuol dire che sei un pellegrino.
No. Un pellegrino guarda la terra. Pellegrino. Non lo senti, cosa significa? Peregrinare. Per agro andare.
E quindi?
E quindi, per esempio… guardati intorno. In questi precisi giorni potresti fare una mappa dei ciliegi, dei meli, dei peri. Fioriscono tutti insieme, e questo è il momento. Tutto il bianco che vedi, sono loro. Un pellegrino guarda queste cose, ci fa attenzione. Io no.

[sotto la sede provinciale dell’a.n.p.i.]
Ma perché prima hai detto che sono un pellegrino?
Boh. Perché è una parola che nessuno usa più.
E come dicono adesso?
Viaggiatore. Freelancer. Videomaker. No, aspetta. In effetti non dicono più niente. Non si usano più in senso generale, quelle parole.

[E chi darà occhi ai fabbricanti del gelo?]
Bella, questa frase. Ma non ci doveva essere l’indicazione di un luogo, lì sopra?
Perché? Che c’entra?
Non so. Fino ad ora mi sembrava che ci fosse sempre.
C’era, infatti. Ma questa frase è meglio.
E’ bella davvero. L’hai scritta tu?
No. L’ho letta su un libro scritto da un prete.
Ah, sempre quello della corteccia e del papiro?
No. Un libro che ho trovato nella portiera della macchina di un amico, cercando il cavo dell’ipod.
E come fai a sapere che era un prete?
C’era la foto. Aveva il colletto bianco.

[alla fine del discorso]
Però io lo vedo come un discorso di bellezza.
Non esistono i discorsi di bellezza. L’ho visto in un film. C’era una ragazza, nuda, e diceva che sentiva estasi e calma. Abbracciato a lei c’era un ragazzo, nudo, e diceva che sentiva prudere e tirare. Il tema del film era l’incomunicabilità tra uomini e donne.
Quel film parla del mondo com’era una volta. Prima della Sesta Umanità.
E come sarebbe la Sesta Umanità?
Le donne prendono consapevolezza del loro potere, e lo usano per prendere per mano gli uomini e raggiungere, insieme, l’Unione. C’era scritto su un libro.
Quello del papiro o quello del prete?
Ma è la stessa cosa. Per scrivere un libro, in ogni caso devi essere un prete.

Negative Feedback


01 Feb

 

 

 

A chi gli chiedeva nuovi discorsi,

il saggio di oriente mostrò un fiore.

 

 

 

 

E’ scesa una briciola tra la n e la barra spaziatrice


27 Gen

Cadono giù i pezzi dall’autogrill.
E’ neve, sembra neve, ma anche la neve sembra qualcos’altro che non è.

E io, da un paio di giorni suppergiù, vivo in una casa di riposo.
Mi sveglio alle prime luci dell’alba, vado a dormire prima del solito, condivido i ritmi – condivido solo i ritmi, effettivamente – con i miei coinquilini temporanei, anche l’ora del pasto è anticipata di un centinaio minuti rispetto alle abitudini mie solite.
Ho anche il letto con il telecomando elettrico, si sollevano le gambe la schiena e anche il bacino, ogni combinazione è possibile e procura sollievo effimero.

Ma a pensarci bene non è questo il punto.
Il punto è: perché dovrei dirlo?
Perché lo sto raccontando?
Perché lo sto scrivendo?
Avrebbe meno senso, se fosse un’esperienza come un’altra, un pezzo di vita da conservare per me?
Ha un senso, in qualche modo?

Shaken Ice


15 Dic

Rimane incollato ai vetri, questo senso di fibrillazione esasperata che smuove le ragazze sui bus, e lascia indifferenti i pensionati, il venerdì mattina.
Una patina bianca a coprir la trasparenza, memoria del vento che costruisce nel buio un’immagine e una trama.
Un sentiero su cui si scivola perchè ci si rimane incollati.

Rimane incrostata ai vetri questa voglia insana di stringerlo tutto
sentirsi come un’ombra che incombe su un’entità immobile, indifesa.
sentirsi come quell’entità immobile, indifesa, riconoscersi lì.

Lì, nell’inganno di un fuoco di ghiaccio, di un gelo che scalda
di un vetro che non è più trasparente da quando c’è questa patina bianca.
A leccare il fondo del bicchiere per inventarsi finalmente un sapore.
A leccare il fondo del bicchiere per aggrapparsi al retrogusto di un’idea.

Rimane stampato sul vetro questo inganno della materia.
E se lo guardi in controluce
ha la stessa consistenza
[lo stesso colore]
del granello di sale che lo scioglierà.

Di un vecchio cinema


08 Dic

Velluto rosso sospeso sul tempo.
Separa il marmo dalla gomma, la luce dal buio, il suono dal silenzio.
Al di là del velluto, il cinema.
Al di qua del velluto, la realtà.
Un velluto rosso per separare il cinema dalla realtà.

Locandine antiche appese ai muri scrostati.
L’angolo in alto a destra è muffa. Probabilmente si infila sotto un balcone, là dietro.
E’ vietato introdurre apparecchi di registrazione analogica o digitale, è vietato consumare bevande e alimenti all’interno della sala, è vietato fumare.
E’ consentito schioccare la lingua e stupirsi dell’effetto d’eco. E contare le aste metalliche della ringhiera.

Spostando la prospettiva del riflesso sul vetro, poi, si riesce a inserire Clint Eastwood nella cornice della finestra della Trattoria del Peso, lì di fronte.
Illusioni ottiche autoprodotte.
Al di qua del vetro, il cinema.
Al di là del vetro, la realtà.
Un gioco di prospettive per infilare il cinema nella realtà.

La fotografia del fondatore della società operaia un po’ sbiadita, vicino all’ingresso.
Un cartello che dice la pro loco vi augura una buona serata. Quale carattere avranno usato per scriverlo? Bernard MT Condensed. E chissà com’era il mondo quando non avevi ancora la stampante.
Un cane che abbaia insistente, copre la musica.
Viene dal vetro, o viene dal velluto rosso?
Scende dal cinema, o arriva dalla realtà?

Non si fa più il buon vecchio cinema di una volta.
Oggidì le poltrone sono scomode.

Đá


26 Set


avrei voglia di parlarti solo se tu fossi un’anima bianca,
un qualcosa che vola leggero.

fabrizio dice che quando i bambini sono bambini sono tutti rotondi,
sono una sfera di pietra che ruota su un piano inclinato,
una forza misteriosa ma poco importante da decifrare muove la superficie, in ogni momento.
e i bambini-palle-di-pietra rotolano in un’altra direzione, poi in un’altra ancora.
sono biglie impazzite, niente gli importa.

dice anche che i bambini non sono più bambini quando iniziano a scolpirsi da soli i fianchi,
quando determinano un sopra e un sotto da approfondire e rispettare,
poi un dietro e un davanti ognuno con le sue determinate caratteristiche
e certi colori, mai invertiti.

poi ogni esperienza una martellata,
e in ogni facciata contro gli altri blocchi di pietra
[ormai quadrateggianti, geometrici]
volano via pezzi di schegge, di pietra che non c’è più.

l’immagine si compone
la martellano i pensieri, le convinzioni, la filosofia.
segue il bozzetto dell’esperienza
delle illusioni che diventano ghiaccio tra le fessure
e anche il vento e la pioggia modellano la roccia.

il blocco di pietra alla fine è una statua.
rigida, ferma, compatta.
la fissità nel tempo sarà al proiezione di un’antropomorfa eleganza
di un agghiacciante delitto
che ha impedito a quella pietra
di continuare a rotolare.

 

 

Peste: nirvana?


20 Set

Cammina a passi verdi, linea intermittente sul grigio dell’asfalto. La linea è quella che divide la pista ciclabile dal marciapiede, il marciapiede dalla corsia del tram, la corsia del tram dalla strada vera e propria, la strada vera e propria da…
…da un’idea metareale, da un’idea come un’altra, da un’idea.

Una parvenza d’illusione, un sano gusto di sbagliarsi. Di sbagliarsi ma di provare qualcosa, sentire il rimorso vibrare – come un arto fantasma – nella tasca destra dei jeans, sarà poi questo, vivere?

E intanto lei passa correndo, rabiosa y apasionada, rabbiosa e overappassionata, muove il vento sposta l’aria e non rispetta nemmeno la linea verdeintermittente sull’asfalto, corre e invade la pista ciclabile e il marciapiede, corre più veloce del tram e nemmeno la strada vera e propria la contiene più.
Lui resiste allo spostamento d’aria perchè semplicemente si accomoda, perchè anche lui è fatto di quell’aria che viene spostata. Non oppone forza solida alla corsa impazzita di quella nuvola negra. Ne intuisce il cammino, la segue da lontano. Allo stesso tempo invidia e rifugge quel vuoto improvviso che esplode contro la materia inerte della città. Quel vuoto improvviso che ha trasformato la distruzione in distrazione, la macchina fotografica in un feticcio, i vecchi progetti di rivoluzione in un lavoro a tempo part-time. E allora ripensa, ricorda, scava tra i grumi di polvere degli archivi sensoriali, in cerca di quell’immagine di lei che corre. Di lei che corre tra le offerte delle vacanze a Rodi, o sul parquet in vero linoleum della mostra di Monet, o gli slalom a bocca chiusa tra chi butta sull’asfalto pezzi di morte fumati fino al filtro.

E’ diventata continua, la linea verdeinerzia, adesso. E’ diventata strada. Sporca come l’asfalto, vera come il tram.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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