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Il professore


28 Ott

El profesor

Il professore scrive con inchiostro rosso. In corsivo. Dice che dovrebbero proibire la bellezza, e che nei suoi sogni ha visto ragazzine ferirsi in faccia per essere meno belle. Dice che le critiche fanno crescere. Dice che suo padre creava piccoli prototipi dell’origine dell’universo e che li appendeva sulla testiera del letto. Dice che crede nella forza della vulnerabilità. Dice che dovrebbe esserci un nome per le persone che hanno condiviso lo stesso partner. Dice che gli uomini possono aggredire con la forza o con il patrimonio, mentre le donne invece lo fanno attraverso la distruzione dei rapporti sociali. Dice che sua madre è la sua forza. E sa, senza dirlo, che è la donna della sua vita. Dice che un filosofo spagnolo di cui non vuole ricordarsi il nome gli ha suggerito che la forma di amore più puro è la compassione, ma che con la compassione non è mai andato troppo lontano con le ragazze. Che ha finito per diventare lo psichiatra del suo psichiatra. E abbiamo riso dei portfolio e delle lettere di raccomandazione. Dice che esistono due modi di ingannare la morte, una con il lavoro, l’altra con l’affetto. Dice di aver relativizzato la sua opinione sul consumismo quando ha iniziato a capire che le cose che la gente colleziona sono come lettere dell’alfabeto. Si rende conto di aver perso gli occhiali per vedere lontano, e allo stesso tempo sa che il 95% delle cose che dice parlano di lui, e questo gli pare una metafora perfetta. Molte sono state le lezioni, e poco quel che ho scritto. Spero che la mia testa da qualche parte abbia registrato tutto. Mi fido di lei.

Lituania – Bogotà // Agosto 016 – Ottobre 017
Testo originale by Xeh su Xehismo.

 

Il tamburino magico


19 Lug

E’ una favola di Gianni Rodari, che raccontò Antanas Mockus, a Cuneo.
Un suonatore di tamburo va in giro per il mondo, e al suono del suo rullante ogni problema in qualche modo si risolve.
Gli zoppi smettono di zoppicare, le guerre tra i popoli diventano pacche sulle spalle, i re e gli imperatori aprono le loro cantine alla gente comune.

 

E poi?
A un certo punto il tamburino si rompe.
Il gioco non funziona più.

Antanas, a quel punto, aveva suggerito tre finali possibili.
Nel primo, il suonatore riesce ad aggiustare il tamburino, e la magia riprende il suo corso.
Nel secondo, il suonatore non riesce ad aggiustare il tamburino, e mestamente riprende il suo cammino.
Nel terzo finale, il suonatore non prova nemmeno ad aggiustare il tamburino: quel che è stato è stato, e il resto sarà diverso.

Quale finale preferite?, chiese Antanas.
Io scelgo il terzo.

L’ultimo dei Visionari


08 Lug

Il capitolo primo è un balcone di Kaunas, un appartamento ai limiti dell’assurdo dove in una notte di vodka e primavera nordica qualcuno mi parlò di lui, di questo figlio d’immigranti lituani rettore dell’Università di Bogotà che mostrando le chiappe a una contestazione aveva zittito la platea e shoccato la Colombia conservadora.

Nel capitolo secondo, sui legno di un bizzarro ufficio colombiano, si apre la porta ed indiscutibilmente entra un lituano. I modi lenti, la parlata calma, gli occhi azzurri su fisionomia baltica anticipano le referenze di curriculum, che parla di un rettore celebre per aver cambiato, da sindaco, il volto di una delle metropoli più difficili del mondo. Antanas Mockus Sveikas, al tempo rettore della Nacional de Bogotà, iniziò la sua carriera politica mostrando le chiappe a una platea contestatrice: “E’ pedagogia. Inutile la violenza, inutili le punizioni, tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”, esordisce. Sono poi seguite geniali stravaganze e un matrimonio su un elefante, fino al naturale sfocio in una corrente filosofica a tutt’oggi in crescita, conosciuta come il “Movimento dei Visionari”.

Il confronto argomentativo è interessante, per di più Mockus parla un lituano perfetto (Mockus…io no) e ancora ne sfoggia il tipico orgoglio: “Si può dire che nella storia ci siano stati solo due tentativi riusciti di Resistenza Civile Passiva, l’India di Gandhi e la Resistenza Anti-Sovietica Lituana”, sentenzia.
La sua parlata calma si arricchisce di una serie di citazioni lontane, gente come Roger Peterson e il suo “Resistence and Rebellion”, Jen Sharp e Thomas Shelling, Shlowsky e i Formalisti Russi, Dovstojewsky e Sastre e un codicillo della Costituzione Italiana. Ogni concetto innesca in lui un circuito formidabile, e di fronte a qualsiasi semplice domanda accende una catena di ragionamento inimmaginabile che attraversa qualsiasi campo della conoscenza umana per concludersi in una risposta altrettanto semplice. Semplice e geniale.

Due volte sindaco di Bogotà, spiega come abbia creato un magistrale esempio di Amministrazione Creativa ancora studiato da tanti politosociologi del mondo: “Insegnavamo senza punire. Se c’era scarsità d’acqua, non tagliavamo le razioni ma apparivamo in televisione in una doccia di 4 minuti per illustrare i possibili risparmi. Tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”. Aspirante (per la seconda volta) alla Presidenza della Repubblica, Mockus ha in mente idee alternative per risolvere il problema dei sequestri: “Con 30 ragazzi in questo stesso ufficio stiamo organizzando esempi di un possibile dialogo con i capi guerriglieri. L’idea sarebbe raggiungere i vari Fronti delle FARC nella selva in una marcia che raccolga il pacifismo di Gandhi e la progressiva assimilazione di nuovi membri, lungo il cammino, di Mao”. Tutto senza spoliticizzato, sullo schema dell’esperienza bogotana, dove gli assessori e i consiglieri arrivavano in buona parte dalle cattedre accademiche e non dai partiti. “Abbiamo anche studiato un funerale virtuale, una sorta di “Istruzioni in Caso di Sequestro” che sarebbe interessante adottare per contrastare l’ultimo potere rimasto ai Narcotrafficanti, il sequestro appunto. E’ tempo di spiegare alle moglie e ai figli di un guerrigliero che la speranza di vita in questo paese è di 75 anni, e che accorpandosi in gruppi criminali si consegnano, in media, 30 anni della propria vita”.

Qua l’intervista completa (in spagnolo), qua foto nuove.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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