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L’ultimo dei Visionari


08 Lug

Il capitolo primo è un balcone di Kaunas, un appartamento ai limiti dell’assurdo dove in una notte di vodka e primavera nordica qualcuno mi parlò di lui, di questo figlio d’immigranti lituani rettore dell’Università di Bogotà che mostrando le chiappe a una contestazione aveva zittito la platea e shoccato la Colombia conservadora.

Nel capitolo secondo, sui legno di un bizzarro ufficio colombiano, si apre la porta ed indiscutibilmente entra un lituano. I modi lenti, la parlata calma, gli occhi azzurri su fisionomia baltica anticipano le referenze di curriculum, che parla di un rettore celebre per aver cambiato, da sindaco, il volto di una delle metropoli più difficili del mondo. Antanas Mockus Sveikas, al tempo rettore della Nacional de Bogotà, iniziò la sua carriera politica mostrando le chiappe a una platea contestatrice: “E’ pedagogia. Inutile la violenza, inutili le punizioni, tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”, esordisce. Sono poi seguite geniali stravaganze e un matrimonio su un elefante, fino al naturale sfocio in una corrente filosofica a tutt’oggi in crescita, conosciuta come il “Movimento dei Visionari”.

Il confronto argomentativo è interessante, per di più Mockus parla un lituano perfetto (Mockus…io no) e ancora ne sfoggia il tipico orgoglio: “Si può dire che nella storia ci siano stati solo due tentativi riusciti di Resistenza Civile Passiva, l’India di Gandhi e la Resistenza Anti-Sovietica Lituana”, sentenzia.
La sua parlata calma si arricchisce di una serie di citazioni lontane, gente come Roger Peterson e il suo “Resistence and Rebellion”, Jen Sharp e Thomas Shelling, Shlowsky e i Formalisti Russi, Dovstojewsky e Sastre e un codicillo della Costituzione Italiana. Ogni concetto innesca in lui un circuito formidabile, e di fronte a qualsiasi semplice domanda accende una catena di ragionamento inimmaginabile che attraversa qualsiasi campo della conoscenza umana per concludersi in una risposta altrettanto semplice. Semplice e geniale.

Due volte sindaco di Bogotà, spiega come abbia creato un magistrale esempio di Amministrazione Creativa ancora studiato da tanti politosociologi del mondo: “Insegnavamo senza punire. Se c’era scarsità d’acqua, non tagliavamo le razioni ma apparivamo in televisione in una doccia di 4 minuti per illustrare i possibili risparmi. Tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”. Aspirante (per la seconda volta) alla Presidenza della Repubblica, Mockus ha in mente idee alternative per risolvere il problema dei sequestri: “Con 30 ragazzi in questo stesso ufficio stiamo organizzando esempi di un possibile dialogo con i capi guerriglieri. L’idea sarebbe raggiungere i vari Fronti delle FARC nella selva in una marcia che raccolga il pacifismo di Gandhi e la progressiva assimilazione di nuovi membri, lungo il cammino, di Mao”. Tutto senza spoliticizzato, sullo schema dell’esperienza bogotana, dove gli assessori e i consiglieri arrivavano in buona parte dalle cattedre accademiche e non dai partiti. “Abbiamo anche studiato un funerale virtuale, una sorta di “Istruzioni in Caso di Sequestro” che sarebbe interessante adottare per contrastare l’ultimo potere rimasto ai Narcotrafficanti, il sequestro appunto. E’ tempo di spiegare alle moglie e ai figli di un guerrigliero che la speranza di vita in questo paese è di 75 anni, e che accorpandosi in gruppi criminali si consegnano, in media, 30 anni della propria vita”.

Qua l’intervista completa (in spagnolo), qua foto nuove.

John Castaño


30 Giu

Vagava tra i tavolini dei ristoranti della citta’. Presenza costante, cordiale come un cameriere e piu’ convincente delle pietanze tipiche costeñas, proponeva da tempi immemori il suo ultimo capolavoro “solo per voi a 70.000 pesos”. Niente di nuovo nell’immenso supermercato dei disperati barranquillero, se non fosse che l’opera d’arte era lui. Originario della vecchia Cali, John Castaño si rivolgeva ai suoi potenziali clienti in inglese, a volte in francese. Un po’ come stendere la stuoia sulla spiaggia di Celle Ligure e ascoltare un napoletano gridare “Nice coconut fresh coconuuuut…”. Marketing alternativo.

John Castaño, semplicemente, aveva vissuto sei dei suoi cinquantaqualche anni in Spagna, in Francia, in Norvegia e in Olanda, e di quei giorni europei ancora portava il ricordo nel cuore, nei quadri e nella testa. Cosa avesse combinato da quelle parti alla fine nessuno lo ha mai saputo, erano ben chiari pero’ i motivi del suo ritorno: “l’inverno, parcero”. Nonostante lo spirito artistico che lo avvolgeva, non era riuscito a comprendere quel fantastico congegno che ha creato l’inverno per farci apprezzare anima e corpo l’esplosione della primavera.

C’era un qualcosa d’inquietante in quel personaggio. Un mistero che sorgeva spontaneo ascoltando il fiume in piena delle sue parole. Cosa ci faceva tra i tavolini dei ristoranti, a proporre solo per noi il suo ultimo, sempiterno capolavoro a 70.000 pesos? Tra i 13.000 pesos (4 euro 4) salario base giornaliero in Colombia, la risposta.

Metrospiritualita’


13 Giu

Creata dal suddetto ospite, cio\' appare in forma gigante nella sua stanza da letto.

Da troppo tempo mancavo in una grande citta’. A questo penso mentre un’orda di cinesi giaccacravattati esce da un pub irlandese e mi passa accanto. Banale dire che Barranquilla o Medellin hanno i loro grandi numeri: in Sud America non e’ la massa urbana a definire la grandezza di una metropoli. Nemmeno in questo, la massa degli “invisibili” che popola i sobborghi ha il suo peso, mangiare-bere-dormire-sopravvivere non sviluppa economie e allora anche Barranquilla coi suoi due milioni di anime diventa un paesello.

E invece, finalmente, eccomi incasinato tra codici di bus e polveri sottili (e comunque decisamente piu’ spesse di quelle europee, molti mezzi qua vanno a carbone). Eccomi perso a vagare nell’oblio comprando amache e un libro a 1000 pesos, 0.30 cents, “Plan y beneficio en la economia sovietica”, chiaro e lampante che mai lo leggero’. Ritrovo le lampadine accese anche al martedi’, utopie metropolitane che animano e smuovono i sonnambuli 7 giorni (notti) su 7. Mi invitano a mangiar robe diverse, con genti diverse, tra le altre la direttrice di Semana.com. Respiro nell’aria, oltre alle polveri sottili, il fermento politico che tanto manca sulla costa, l’elettrico aere che POTREBBE preannunciare grandi novita’.

E poi, una presenza fissa. Una serie di personaggi che, inspiegabilmente, incontro costantemente nelle capitali del mondo. I “metrosessuali”, un’entita’ indefinibile prima di tutto a loro stessi, un mix di newslangcool e disordinata pazzia che ancora una volta mi ospitano nelle loro allegre case profumate d’illogismi. I metrosessuali. Como le metropolitane, i metronotte e i metrologismi.

Ruta bogotana


12 Giu

Venti menu’ variegati e distinti. Uno per ogni ora di viaggio, attraversando una Colombia che piano piano si raffredda, si bagna, si tinge di verde e poi di nero e poi di alba tropicale. Fotografie gia’ viste, passano le ore, un bambino di 8 anni mi offre un mandarino. E’ sporco, scazzato, ha la maglia al contrario. Parliamo di calcio e di cose, a Bogota’ lo aspetta la mamma.

Passano le ore e sembrano giorni. Si alternano i risvegli ed i libri. L’autobus adesso attraversa l’altipiano dei Tatra slovacchi, poi la Svizzera, poi un sogno che diventa realta’ e si chiama Tunja. Giace persa a 3000 metri d’altezza e c’e’ la nebbia e profuma a malinconia, qualcuno sentenzia che si tratta del luogo piu’ freddo di questo sorprendente paese. L’autobus produce Vallenato, l’mp3 e Manu Chao lo sovrastano e lo annullano.

Poi, arriva Bogota’, con le sue manie di grandezza da metropoli mondiale. Il traffico conduce in un’altra eternita’, ma l’incubo finisce in un appartamento di facce conosciute ed ignote. Si obbedisce tutti alla legge che vuole “gli amici degli amici tuoi amici”. I muri sono dipinti d’assurdo, sulla porta della cucina c’e’ una serie infinita di fototessere: i visitatori di quest’antro d’artisti nel corso degli anni. Appendo la mia ma non mi riconosco in quel tipo.

“Cosa ci fai qua nella pioggia?” “No niente. Vengo a conoscere Mockus”. “ah grandioso, grandioso Mockus, andiamo a bere qualcosa”. Dopo la pioggia e prima della birra saltano fuori facce d’amico.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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