Come spiegare cosa vogliono dire queste pareti spoglie, segnate di ruggine di un anno di vita. Dire addio ad un microcosmo di cui si incomincia ad essere parte integrante del paesaggio, e le notti con la luna sul letto, e il sudore e la polvere, e centomila parole liberate a voce alta in quelle notti di solitudine. Rimarranno chiuse tra quattro pareti, orfane di una voce, sopravviveranno alla presenza dell’uomo, per natura, passeggera.
Un anno di vita e può essere un giorno o un sogno, la metrica del tempo ha rifiutato ogni catena ed ha agito anarchica, pennellate d’artista su sequenze di immagini in riproduzione casuale. La vita degli altri ha proseguito il suo cammino dall’altro lato della finestra, uno sguardo di elitista differenza ha osservato in silenzio dalla parte sbagliata del muro, lontano da nomi, cognomi, certezze, ipocrisie.
Le notti del Caribe non troveranno più il loro buio. Un’altra pagina si chiude sul libro del viaggiatore, un’altro pezzo di vita sulla schiena per poter ritrovare, un giorno, la radice di déja-vu effettivamente vissuti. Sulla strada del ritorno verso una prevedibile mediocrità , rimane un sapore dolce, sulle dita, a ricordare che effettivamente tutto questo è accaduto, che la libertà è un inganno possibile, ed è nascosta in una casa senza vetri alle finestre, vicino alle tres piedras, a cinque minuti in discesa dall’oceano atlantico.