Cammina a passi verdi, linea intermittente sul grigio dell’asfalto. La linea è quella che divide la pista ciclabile dal marciapiede, il marciapiede dalla corsia del tram, la corsia del tram dalla strada vera e propria, la strada vera e propria da…
…da un’idea metareale, da un’idea come un’altra, da un’idea.
Una parvenza d’illusione, un sano gusto di sbagliarsi. Di sbagliarsi ma di provare qualcosa, sentire il rimorso vibrare – come un arto fantasma – nella tasca destra dei jeans, sarà poi questo, vivere?
E intanto lei passa correndo, rabiosa y apasionada, rabbiosa e overappassionata, muove il vento sposta l’aria e non rispetta nemmeno la linea verdeintermittente sull’asfalto, corre e invade la pista ciclabile e il marciapiede, corre più veloce del tram e nemmeno la strada vera e propria la contiene più.
Lui resiste allo spostamento d’aria perchè semplicemente si accomoda, perchè anche lui è fatto di quell’aria che viene spostata. Non oppone forza solida alla corsa impazzita di quella nuvola negra. Ne intuisce il cammino, la segue da lontano. Allo stesso tempo invidia e rifugge quel vuoto improvviso che esplode contro la materia inerte della città . Quel vuoto improvviso che ha trasformato la distruzione in distrazione, la macchina fotografica in un feticcio, i vecchi progetti di rivoluzione in un lavoro a tempo part-time. E allora ripensa, ricorda, scava tra i grumi di polvere degli archivi sensoriali, in cerca di quell’immagine di lei che corre. Di lei che corre tra le offerte delle vacanze a Rodi, o sul parquet in vero linoleum della mostra di Monet, o gli slalom a bocca chiusa tra chi butta sull’asfalto pezzi di morte fumati fino al filtro.
E’ diventata continua, la linea verdeinerzia, adesso. E’ diventata strada. Sporca come l’asfalto, vera come il tram.