Suo nonno diceva “ënsrì”.
Suo padre ha sempre detto “innesté”.
Lui dice “innestare”.
La maggior parte dei suoi amici
non sa nemmeno più cosa significhi.
Suo nonno diceva “ënsrì”.
Suo padre ha sempre detto “innesté”.
Lui dice “innestare”.
La maggior parte dei suoi amici
non sa nemmeno più cosa significhi.
“Quelle che che amo di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplici. Non lo dico per retorica, ma perché la cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione (ma forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice”.
Pier Paolo Pasolini
1. La Romania: paese latino con carattere slavo, cultura cristiano ortodossa che diventa comunista passando per una forma di fascismo.
2. La Romania: il profumo dei “covrigi” venduti dalle vecchiette avvolte in foulard all’ingresso della stazione ferroviaria Gara de Nord, nei freddi ed umidi mattini invernali, quando grigiamente albeggiava.
3. La lingua romena: una sorta di francese parlato con accento portoghese.
4. Popolo romeno: il più scettico che esista. Allegro e disperato allo stesso tempo. Per ragioni storiche coltiva la religione del fallimento.
1. Roberto Balzani, Alberto De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, Editori Pearson, Paravia
2. Gian Piero Taricco. Una mail.
3. Anonimo
4. Emil Cioran. Dall’intervista in “Cioran, un angelo sterminatore”, realizzata da Fernando Savater
La cucina kosovara, le troffie con salsa di pescecane, i balli santagostiniani. Il kebab che distrugge la nostra cultura gastronomica (ma la cultura cultura, quella non importa più), i catalani e gli spagnoli. I pisani che si massacrano con i livornesi, gli italians che “do it better”. Le nostre chiare origini medievali da difendere e promuovere, tutti in piazza vestiti arancioblu a tirare in aria francette e trombe carolingie. L’identità cristiana, perbacco, la nostra sacra identità cristiana da difendere con crocifissi nelle scuole, nelle chiese (va beh), negli ospedali, nei bus, dappertutto. E bandiere occitane dappertutto, bandiere occitane anche giù nel fondovalle, bandiere occitane di fronte a case occitane per distinguere l’occitaneità da tutto ciò che occitano non è.
L’identità è la rappresentazione moderna del vecchio divide et impera. Un’invenzione moderna, che poteva avere un senso finché si parlava di lotta nera o femminile. E che si è invece radicato nella straframmentata sucietà attuale, convertendosi in una piaga nefasta per chi insegue il sogno dell’uomo universale descritto da Nietsche qualche secolo fa, superiore a tutto ciò che pone ostacoli sulla strada verso un mondo libero da ogni divisione. Da non confondere con i processi globalizzatori (anche se il confine è comunque labile), dove l’annientamento è intrapreso verso le locali culture, in una sorte di imposizione univoca dall’alto.
Per combattere tutto ciò, e molto di più, un gruppo di alienati sociali di ogni dove si ritroverà , questo finesettimana ed anche altri, a Saturnia, in Toscana. Politically incorrect il programma delle manifestazioni, che svariano tra mostre di pittura e cinema d’avanguardia, mappe sonore e ogni tipo di espressività . Si parlerà anche di Mockus il visionario, tra l’altro. Chiunque voglia partecipare, partecipi.
Il prossimo anno, i colombiani eleggeranno il nuovo president. Sì perchè, nonostante il plebliscito che i sondaggi non hanno smesso di accordare al parabastone e la narcocarota di Uribe (robe da 80%, 81,27 come direbbe Berlusconi), il vento dalle parti di Washington è cambiato e questo antipatico negrito non sembra disposto ad avallare un terzo mandato dell’unico presidente zerbinoamericano in America Latina.
Caza d’la Poesia, eccellente angolo di filosofi, pensatori, musicisti, perfettamente incastonato sotto un mango tropicale, ha lanciato il suo accorato sostegno al “partido del P.E.N.E.”. Ossia: “Partido Entreguista Nacionalista Embustero“, dove il principale candidato sarà …Nessuno.
Nessuno infatti tirerà fuori dal terzo mondo questo hermosisimo paese, Nessuno provvederà a ridare una casa ai due o tre milioni di rifugiati interni (seconda tragedia al mondo, dopo la Somalia), sarà Nessuno a guidare la Colombia fuori da una retorica battaglia tra “bene” e “male” dove tutto è, una volta di più, relativo
Per uno strano scherzo del destino, nel mio errante cammino ho incontrato pochi professori geniali e un esercito di ciarlatani, paraprofessionisti messi là dietro una cattedra a insegnare il loro nulla. Non è dei secondi che val la pena parlare, ma delle poche e valide eccezioni: gente che ha sempre lasciato il formalismo fuori dalla porta, che senza remore ti chiama Coglione quando sopravvivacchi in un’università che paghi – eccome, se la paghi -, professori che ti trattano come figli ma come i figli si trattavano una volta, a bastone e carota si suol dire.
Ebbene, una di queste falle nel sistema è apparsa nella Uninorte. Professoressa, psicologa, marketinwoman, madre di un figlio che studia in Vietnam e di un altro che suona il sax contralto con Baltic Man in mezzo a un ufficio, la Nostra ha creato un’impresa senza particolari scopi di lucro se non quello di investigare giornalisticapsicologicamarketsocialmente nella disastrata Barranquilla. Un’impresa dove il personale è under30, e quando si festeggia un compleanno l’ufficio si blocca e appaiono pappagalli. Un’impresa dove, manco a dirlo, da un po’ di tempo passo i pomeriggi, e guarda lì che ti scopro che in Colombia, ebbene si, si può lavorare. E che lavorare, ebbene si, può essere un gioco.
Protagonista della storia è comunque una sedia. Una sedia, lo giuro, una sedia a dondolo. “La pechichona“, cosi si chiama, suole rievocare i bei tempi andati, quando a ritmo blando le nonne e le mamme lentamente ci trascinavano giù (o su) nel mondo (soprattutto in Colombia, dove quest’oggetto conserva il suo aplomb) richiama alla saggezza popolare: lì si siedono governanti, artisti, faccendieri, gente che viaggia in moto dall’Alaska alla Patagonia, futuri santi, poeti e navigatori. Un progeto di “marketing culturale”, nato dalla fantasia della Profesora di cui sopra e rapidamente diffusosi nel Barranquillese. Geniale. Assolutamente geniale.
Real Eyes. Real Lies. Realize.