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Berlusconi siete voi


08 Feb

Berlusconi siete voi, che aspettate il treno delle 7.44 conversando amabilmente di clima e centri commerciali. Siete voi, che “porca puttana lo sciopero, arrivo in ritardo dal dietologo”. Voi, voi con i vostri carriarmati turbodiesel mentre portate figli griffati a scuola. Berlusconi siete voi, pensionati a 50 anni, che negli anni settanta preferivate andare al concerto di pupo. Siete voi che “non è vero, non è possibile, sono invenzioni della stampa”. E siete anche voi che “è vero, è probabile, sai cos’ha fatto l’inter?”. Berlusconi siete voi, troppo occupati per occuparvene, troppo liberi per impegnarvene, troppo furbi sempre.
Siete voi che leggete un libro ogni quattro anni, ma conoscete il segreto del successo e i nomi di quelli che contano. Siete voi, future mogliettine in coda per la comunione, mentre pensate che con un paio di tette nuove sareste persone molto migliori. Voi, così convinti che De Sica si chiami Cristian e non Vittorio. Siete voi, quando andate a Londra e la gente si gira per strada e dice “allora sono tutti così”. E siete voi che dopo il lavoro gerri scotti, dopo cena striscia la notizia, dopo striscia la notizia un’allegra vecchiaia.
Berlusconi siete voi, che tra vent’anni, quando Lui sarà solo un ridicolo ricordo, rinnegherete ogni responsabilità e darete la colpa agli altri.

Stump


02 Set

Mentre torni indietro, sotto una luna che diventa fredda e improvvisamente mutilata del suo lato migliore, e solo il motore dà un senso sonoro a canzoni in potenziale, orfane di musica – accordi comunque in minore, accordi immaginari –, tu solo in macchina, e i nuovi capannoni industriali prefabbricati che spuntano come figli illegittimi, senza un nome né un perché, e nelle orecchie ancora le chitarre di un rock sbiadito da ogni sorta di covers, e lo sguardo illusoriamente provocante di lei, cosa fai quest’anno e chi lo sa, beh fatti sentire io sono qua, mentre superi mazzi di fiori freschi sul ciglio della strada e d’istinto sposti il piede sul pedale più a sinistra, alzi gli occhi sullo specchietto retrovisore e ti risvegli come ubriaco la domenica mattina, sensazione sgradevole di mille dejà-vu.

Calle 84 6 a.m.


09 Giu

Una strana sensazione nell’aria. Una casa incomprensibilmente vuota, per la prima volta i muri sono bagnati di una sostanza riflettente che non contempla i fantasmi. La casa è vuota, la stanza è vuota, le anime stesse sono vuote e ripetitive e paranoiche. Empty, vacìo. Parlano i chiodi nei muri, urlano al fumo la disperazione totale: llevaban en ellos trozitos de vida, trozitos de vida ahora cerrados en malletas y recuerdos.

L’armata dei superstiti accalorata agonizza intorno a una tavola. Il fondo è di vetro, attraverso lo sguardo s’intravedono piedi e immondizie e battiti di ali. Una combriccola di zombies, incollata a vicenda da dadi e bottiglie, da miele e parole, da brividi e buio. La superficie vitrea riflette un computer, cordone artificiale e itinerante. Nei suoi viaggi sbatte nella notte piccanti individui dalla città dell’ovest al disordine costeño.

Le parole volano e le mani scivolano nel caldo umido di vertigine e furore. Mentre i clacson accendono, le luci uccidono, le carezze smuovono la moltitudine di depravata passione. ¿Hai perso il filo? Anche io. Nel tombino di una città senza tombini.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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