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Questo Piccolo Scandalo


09 Mar

Dirai a tutti che io sono tua cugina.
Tutti ti diranno che non dovresti essermi cugino.
Attraverseremo, su un cavallo bardato di nero, le strade di ogni paese e di ogni città, coperti da un poncho bianco che rimarrà bianco nonostante la polvere e le voci del mondo.

Nelle piazze e nei borghi, nelle mattine d’autunno, ci laveremo nelle fontane e sarà sempre un pezzo alla volta, perché non saremo mai completamente sporchi ma nemmeno saremo mai completamente puliti, perché non si può essere completamente niente.
Saremo consapevoli del nostro essere precario, soggetto ai cambiamenti e agli umori, un uomo e una donna a cavallo sotto un poncho, e i contadini nei campi che ci saluteranno in un misto di sconcerto, timore, invidia e rispetto.

Ti ascolterò parlare con le tue diverse amanti, così come si ascolta un qualcosa che si conosce per la prima volta, e mi ascolterai parlare di notte a quegli altri uomini lontani, quegli uomini che non ti assomigliano ma ti riguardano e sentono il tuo odore e non si avvicinano. A quella gente che aspetta, da lontano, la fine del nostro viaggio.

Saremo una storia triste, come tutte le storie in cui c’è gente a cavallo e c’è un territorio da attraversare.
“Gente a cavallo” significa lasciare impronte nel terreno ed andarsene sempre. “Territorio” invece ha a che fare con la vastità dello sguardo, nell’impossibilità di posare gli occhi su un punto e un punto soltanto, nella necessità di chiedersi cosa c’è ancora da raggiungere, cosa c’è che aspetta là dietro l’orizzonte.

E nelle chiese del mondo ci inviteranno ai funerali e ai matrimoni, ci inviteranno ai momenti solenni di celebrazione e di ascolto, perché saremo sacerdoti e saremo un qualcosa da esorcizzare per tenerlo lontano, e il nostro cavallo bardato di nero resterà quieto ad aspettare e solo i bambini oseranno avvicinarlo.

Io sarò il tuo ‘Quindi’,
tu sarai il mio ‘Andiamo’.

Final frontier


28 Ott

The final frontier

Giù verso il deserto, hermano, tieni la tua strada. Non lasciarti condizionare da quei cartelli con il punto esclamativo, non ascoltare le voci di chi vuole imporre una direzione. Niente e nessuno ti impedisce di infilare una di queste stradine sterrate con le pecore a bordo strada e i fili della luce scoperti, però tutti, per un motivo o per l’altro, ti spingono a entrarci, a restarci impantanato. Ti vogliono vendere la miglior cioccolata del mondo, ti consigliano di fermarti a mangiare, ti spingono a visitare il centro di Marrakech, ti spiegano che “puoi fare una prova per un tempo e poi vedremo”, e hanno già pronta la loro condanna. “Ti sei preso le tue responsabilità: non puoi più tornare indietro”.

Non tornare indietro, mai. Ma non svoltare nemmeno a destra o sinistra, non lasciarti tentare. E’ giusto assaggiare il vento dell’Atlantico che filtra tra le montagne intorno a Guelmim, ma puoi farlo accostando per un attimo a bordo strada, senza scendere troppo tra le vie degli uomini. Non dimenticarti che più avanti c’è un’altra regione, più avanti ci sono altri scenari, più avanti c’è il deserto. E non avrebbe senso fermarsi a metà, spegnere la macchina nel prossimo villaggio, fermarsi alla prima oasi senza aver dato il tempo alla lingua di rinsecchirsi. E allora vai avanti, continua, riprendi il serpente biancastro tratteggiato sull’asfalto e punta dritto verso il Sud.

Se troverai il deserto, avrai raggiunto la tua meta.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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