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Ricordi d’ufficio


10 Ott

Storie lineari di vite degli altri. Quando ripartiva il nastro, la mia difesa naturale era un determinato isolamento, divagazioni sulla melodia della tovaglia di fronte o qualcosa del genere. D’altra parte, i loro racconti erano sempre gli stessi, e se variavano, era per scendere ancora di più nei meandri del grottesco. Si commentava – con toni animati – dettagli insignificanti di vita nel paese, ci si lamentava di condizioni di salute precarie, si annunciava in pompa magna una trasferta a parigi per il concerto “degli u due”, scopo celebrazione di due anni di fidanzamento tenace.
Non che mi molestasse, galleggiare in quel limbo di mediocrità. Si rimaneva aggiornati con le dinamiche sociali della cosiddetta italia, e poi la macchinetta automatica produceva caffè degni del miglior bar napoletano. Certo, era difficile spiegare alla collega Loredana che la completa impossibilità di aspirare ad un posto fisso non mi turbavano minimamente, anzi. Era convinta che sarei stato un buon potenziale impiegato, e non sapevo se si trattava di complimento o condanna. In ogni caso, come il miglior materialista nichilista odierno, clamorosamente disinteressato a tutto ciò che esula dal perimetro tracciabile dalle proprie braccia, tutto ciò che mi muoveva ad interrompere i miei sogni ogni mattina alle 7.35 erano quegli ottocentosettantasette euro mensili, che un giorno avrei potuto tranquillamente investire in bombe.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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