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Bucarest


02 Apr

Come in un lungo piano-sequenza cinematografico, Bucarest sono mille realtà sovrapposte in continuità lineare. E’ un’immagine di forte luce chiara, grigio imperante, e una scenografia di pubblicità in formato americano e palazzi tedeschi e bulevard francesi e disastri sovietici e bruttume contemporaneo, un’immagine mossa dai passi di un popolo che si cerca e s’insegue – ma anche in questo caso sono livelli sovrapposti – tra diverse velocità.
Una città che si rinnova e si sconvolge. Tra abbandono e desiderio, in fuga dal passato e bramosa di futuro, Bucarest lascia all’azzardo la gestione del suo presente. I grandi parchi del nord, in attesa di una primavera che non arriva, rubano la scena ai cubi di cemento di altre epoche e rivoluzioni, e tra le vie del centro una lapide qua e là ricorda venti ventenni caduti sotto i colpi del dittatore. Falce e martello hanno lasciato il posto alla stella a tre punte dei mercedes neri, parcheggiati sulle piazze del centro, ma capita anche di veder transitare un trattore, di fronte al chilometro zero della poliedrica nazione. E poi ci sono i rifugi, tanti rifugi, sintomo di un popolo giovane affamato di cultura e di fuga da un futuro che qualcuno vorrebbe dipingere blu con dodici stelle gialle. I rifugi, tanti rifugi, mimetizzati negli scantinati dei grandi edifici o illuminati da manifesti virtuali. I musei della capitale, un’elegante tradizione classica, e un teatro che in Europa è leggenda e che riscopre oggi Eugéne Ionesco. Ma anche concerti di ogni tipo, strepitosi trii jazz in tourné dall’Austria, e una retrospettiva cinematrografica sull’Europa vista dalla non-Europa, dall’Europa dei confini, da registi serbi, croati, georgiani, romeni. E nel frattempo, come nella storia di Parada, nei sobborghi intorno alla stazione i figli di Ceacescu continuano a sniffare colla nei sacchetti di nylon, sotto gli sguardi indifferenti di chi comunque non si ritiene responsabile, perchè gli zingari, i rom e i sintu, sono zingari anche a Bucarest.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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