Posts Tagged ‘Ilmurràn’

Altre rovine. Rovine altre


26 Gen

Altre rovine. Rovine altre

Quel giorno il ragazzino tornò a casa e non trovò suo padre. Lo cercò ovunque, ma quando scese il sole ancora non aveva avuto sue notizie.
Così seguì gli uomini della comunità, i suoi fratelli maggiori, e li vide mentre uccidevano una pecora e versavano in un recipiente il grasso delle sue carni.
Quando gli uomini ripartirono, il ragazzino li seguì, e trovò suo padre, e vide come quelli spalmavano il grasso della pecora sul corpo del vecchio, che rimaneva addormentato.

Il ragazzino tornò a casa e prese la sua pelle di vacca, e seguendo un altro sentiero fece ritorno nel luogo in cui dormiva suo padre. Lo trovò che dormiva ancora, così sistemò al meglio la pelle di vacca sul terreno e si addormentò di fianco a lui.

Non riuscì a prendere sonno: si risvegliava continuamente con una strana sensazione, come di sguardi nel buio e strani sospiri puntati addosso.
Sentiva gli animali tutt’intorno: una iena, un’altra iena, forse anche un leone.
Le iene erano soprattutto una risata, un ghigno stridente che è voce di un altro mondo.

Nessun animale si avvicinò. Tutti avevano sentito l’odore della carne, ma avevano percepito anche la presenza del bambino.
Carne viva.

Quella stessa notte gli uomini e le donne della comunità, allarmati, ritrovarono il ragazzino.
Non voleva abbandonare quel luogo: sentiva il ghigno delle iene ancora vivo dietro la schiena.
Gli spiegarono allora che quando una persona muore, muore per davvero.
Solo la sua anima continua ad esistere, forse, da un’altra parte.
Ma la carne appartiene ad altra carne, e anche per questo ritorna alla natura.

Gli spiegarono che il loro popolo era un popolo nomade, e per questo la terra doveva rimanere leggera.

Il ragazzino lasciò indietro suo padre, lo lasciò indietro per sempre.
Tornò al villaggio con gli altri adulti e si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lui, almeno fino al giorno in cui sarebbe stato circonciso.
Il giorno in cui anche lui sarebbe diventato un uomo, sarebbe diventato moràn.

Parallax


23 Nov

La madonna della Meris

Seduto su un masso. Il gregge mi ha lasciato indietro.
Cinquecentonovantadue cilindri bianchi adesso sono laggiù in fondo, a trecento o forse quattrocento metri di distanza, un unico organismo liquido che scorre nell’erba, tra le pietre, sulle vecchie strade militari.
La nebbia sale dalla Meris, la montagna si fa fredda appena il sole sbiadisce.
La vita si allontana progressivamente, gli insetti spariscono e cala il silenzio, tutto si riduce a un’eco di latrati di cani, di campanacci e di belati osceni.
Il cielo non ha nient’altro da dire. Solo il rombo di un aereo.
Dal crinale di cresta, nella luce delle cinque e mezza del pomeriggio, scendono otto camosci, come angeli oscuri inviati per controllare che non sia rimasto più nessuno, che tutto sia effettivamente diretto verso il regno della notte e dell’inverno.

[Tratto da qui che è tratto da qui].

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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