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Donne italiane videocratiche


05 Ago

Ho visto Videocracy, come ogni italiano dovrebbe e non dovrebbe fare, almeno una volta nella vita (quantomeno, perchè Bondi ha consigliato di non farlo, e questo è già un valido motivo) (non lo faranno).
Molti gli spunti di riflessione che il documentario (di pregievole fattura) presenta, molti dei quali sono egregiamente illustrati qui. Quanto accaduto negli ultimi trent’anni in Italia assume tinte grottesche che solo ora si collegano tra loro, e sarà comunque la storia a stupirsi di un disastro così ampio e diffuso, a livello sociale, culturale e morale.

Ciò che volevo sottolineare, forse perchè appare nei titoli finali, è un dato solo apparente secondario, che comunque contribuisce a fotografare la (pessima) Italia che ci ritroviamo tra i piedi. L’84a (ottantaquattresima) posizione italiana nella classifica mondiale che misura l’uguaglianza tra i sessi. Certo, avere un ministro per le pari opportunità il cui unico merito è essere una figa aiuta, ma non voglio pensare che un po’ di colpa non ce l’abbiano neppure loro. Le donne (non tutte, blablabla). Che, effettivamente, spesso hanno abboccato in pieno alla “filosofia” del Basta Apparire, con tutte queste storie del fashion e dell’uomo coi soldi che ti insegnano, sulla pelle, già alle scuole medie.
Questo successo è dedicato anche a loro.

Considerazioni sociologiche da postino part-time


20 Lug

..una figura in netta decadenza, si sa. I postini, ma anche i preti, non sono più quelli di una volta. Eppure continuano ad essere – entrambi, indiscriminatamente – l’ultimo ponte di collegamento tra intere comunità di anime abbandonate a se stesse ed entità (Dio, Stato…) che un poco alla volta paiono dimenticarsi di loro.

Il postino di un paesello X in una provincia X a bassa densità abitativa, per esempio, inerpicandosi su per quelle stradine dal classico “qui ci passa solo il postino”, scopre un mondo fatto di cascine abbandonate, pietre di Langa gettate alle ortiche, stoiche vecchiette dal fazzoletto in testa e lo sguardo duro che ancora resiste, e non si piega alla logica illogica di un Paese che costruisce e distrugge, là dietro il campo d’orzo ormai cotto dal sole di luglio.

Un paio di chilometri più in là, invece, lo sguardo è spento. Il signor C. ha smesso di camminare e anche di parlare, e d’altra parte, lui non sa il bielorusso e Tatsiana non parla piemontese. L’italiano è lingua straniera per tutti e due, e comunque non ci sarebbe più niente da dire. Entrambi aspettano il giornale del venerdì, e forse anche qualcosa di più.

Il postino continua ed è insensibile, è un pezzo qualsiasi di un ingranaggio che va avanti comunque. E si arrampica per le colline, a portar cartoline e bollette ad un paesino che nessuno sa più dove sia. Cent’anni qua ci vivevano cinquecento persone, gli dice la segretaria comunale. E lui pensa al condominio anni settanta, laggiù in città, il primo del lungo giro. Tutta la posta del paesino anoressico starebbe nelle sue  buche delle lettere, strano ma vero.

I giornali. Settimanale cattolico-ecclesiastico. Settimanale cattolico-bigotto-locale. Settimanale cattolico-nazionale, un pezzo di storia nazionalpopolare. Un quotidiano nazionale qua e là, nei ristoranti. Svariati magazine di agricoltura. Un nome femminile abbonato a Umanità Nova, settimanale anarchico. Chissà se un’anarchica accetta inviti a cena dai postini.

I colleghi. In buona parte, gente repressa. Gente frustrata. Gente che ascolta tutte le mattine lo stesso cd, per di più, un pessimo cd. Gente che aspira ad un briciolo di potere in più per riversare la loro mediocrità sugli altri, e vive di intrighi. Qualcuno – pochi – aspetta in serena meditazione il momento della fuga. Gli altri s’incazzano, berlusconi ha aumentato ancora l’età della pensione.

Tanti stranieri, ovunque. Quelli buoni, che comprano le case di pietra, tirano giù l’intonaco che qualche genio appiccò negli anni cinquanta, e si nascondono tra faggi e vigne, parlano tedesco. Quelli cattivi, che hanno i nomi pieni di “h”, e ricevono solo atti giudiziari perchè rubano e violentano neonati. Tutti, buoni e cattivi, sono “stranieri”, e continueranno ad esserlo sempre. Anche dopo vent’anni.

Senso di abbandono. Nessuno scrive più cartoline, solo i bambini ai loro nonni. La signora Franca, vedova, ogni giorno si affaccia e chiede “c’è qualcosa per me”. Ogni tanto arriva una bolletta. Al venerdì, il giornale. Nei giorni di vacche magre, deve accontentarsi dell’immondizia pubblicitaria dei grandi magazzini. Sei bottiglie d’acqua a un euro e quarantanove, bisogna accontentarsi.

Caprioli. Cinque, piccoli, bellissimi. Una madre spaventata, i cuccioli che non hanno ancora capito bene che esistono rumori amici e rumori nemici, e quello del motore, è sempre nemico. Rimangono storditi, scivolano, si rialzano. Poi scappano giù, nel loro angolo di selva, nella loro valle ancora selvatica, nella terra sacra che si incunea tra l’acciaieria, l’autostrada e la civiltà.

Mater


08 Lug

Si muovono a piccoli passi tra la folla accelerata, braccio sotto il braccio e sole con se stesse. Due vite agli antipodi tra le pietre della citta’ millenaria; donne palesemente sole schiacciate da  un mondo di esuberanza maschile all’ora di pranzo. Splende il sole sui vicoli del porto, splende il sole piu’ in su delle case piu’ in su del cielo, splende il sole la’ nello spazio e nel tempo perduto.

Si muovono a piccoli passi con gli occhi fissi nel vuoto, cercando tracce di un passato, di un paese, di un figlio. Di un uomo. Donne sole abbandonate alla deriva. Occidente dimentica in fretta le sue madri; le terre dell’est non ne hanno mai avuta una. Entrambe si incontrano in un tacito compromesso. Un pezzo di carta e duecento euro al mese, via western union. L’illusione di morire un po’ meno sola. Ma entrambe sanno che non puo’ servire a nulla, che non e’ mai servito a nulla, i sacrifici rimangono impressi sul ventre materno ed i figli crescono infastiditi da una madre che ha abbandonato periferie e famiglie per umiliarsi al servizio di vecchi d’altri popoli. I figli possono essere crudeli, si prendono la vita e ti lasciano la morte, te la lasciano in compagnia di una sconosciuta moldava.

Si muovono a piccoli passi, cosi’ uguali e cosi’ diverse. Si appoggiano una sull’altra senza incrociare mai gli occhi, e nessuno sguardo si posa su di loro, esseri invisibili da evitare con un dribbling. Solamente le prostitute zittiscono un momento, quando passano di fronte ai loro portoni. Verrebbe da chiedersi che cosa pensino mentre camminano, quelle due donne cosi’ forti, quei due esseri umani cosi’ fragili.

Poi se ne vanno in fondo alla darsena, la’ dove non si siede piu’ nessuno.
Ad osservare il mare.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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