Un filosofo dalla barba lunga l’ha scritto, su qualche rivista, un po’ di tempo fa.
Siamo nel momento chiave di internet, il tutto o niente.
Nel momento in cui, quello che é nato (per sbaglio) come la nuova, grande arma per la rivoluzione delle coscienze, rischia di essere defraudata del suo ruolo.
Se internet diventerá una semplice merce, non sará una merce come tutte le altre. Non é la televisione, non é un comodino, non é nemmeno la radio. Non é niente dotato di uno scopo preciso, “serve per questo e per questo dovrá essere usato”, non dovrebbe esserlo. Internet ha il grande potere della comunicazione multipla e infinita, si prende quel che serve e si dá quel che puó servire a qualcun altro, si “condivide” (to share).
Il potere, quell’entitá amorfa e ben vigile, tutto questo lo sa bene. E oggi tenta di organizzarsi, proprio per impedire questa condivisione, e conservare il vecchio sistema dell’imposizione. Io-dire-cosa-tu-pensare, tu-pensare-cosa-io-dire.
La nostra generazione (la generazione degli anni zero), senza volerlo e senza sceglierlo, si é trovata tra le mani questo grande strumento, se l’é trovata tra le mani ed ha iniziato a usarlo. Il risultato é un vertiginoso aumento di cultura e conoscenza, un repentino aumento della comunicazione tra i popoli, un’umanitá che inizia a dare altri valori al “bene” e al “male”.
Il filosofo dalla barba lunga concludeva con un preoccupato pessimismo. “Non é ancora scritta l’ultima parola”, diceva, “ma i segnali non sono per nulla buoni”. Le mosse dell’fbi, le strette intorno ai siti di vera libertá, il monopolio sempre piú esplicito di pochi grandi colossi della rete che fagocitano ogni buona idea sono qualcosa in piú di quei “segnali”.
L’unica cosa certa, é che indietro non sará possibile tornare.