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Eppure un tempo tutto ciò accadde


21 Set

Camminavo per le vie di genova. Senza un senso apparente sai, semplicemente fluìvo, apatico. Penso riflettessi sull’importanza di alcune cose. A pensarci meglio, mi chiedevo se possa rendere la vita più felice vivere una vita in mezzo alle palme o in mezzo ai pini. Un dubbio atroce per uno e insignificante per cento, lo riconosco. Poi, rubai al vento umido dei vicoli la percezione di un suono. Era più che un suono, era un idoma, un universo conosciuto. Era lituano. Labas, dissi. Sui loro volti si pietrificò un attonita crosta di sgomento. Non parlavano una parola di inglese, mi toccò rispolverare le vestigia di quella lingua nobile che claudicante ancora (r)esiste – stupore – nei meandri del mio cervello. Furono ore di squisito sapore, e ancora adesso mi sento in colpa per aver fatto loro perdere Sampdoria-Kaunas.

C’è stato un giorno in cui ho pensato di volare, e di visitare un mondo fantastico. Muovendomi leggero e antigravitazionale nel nulla visionavo dall’alto le mille forme di vita succedere sotto di me. Era un’esplosione di colori, un voyeuristico piacere, l’esplosione della vita nella vita. Una rivelazione: el hombre està equivocado. La vita, il colore, l’arte, la bellezza, l’amore, l’essenza, la verità, il piacere, la melodìa, la saggezza, la fantasia, il mondo, il senso delle cose stanno nell’acqua e non sulla terra.

Dalle parti dell’Uganda una macchina si fermò in una nube di polvere. Scese un padre, e a piccoli passi lo seguì la figlioletta. Aveva due anni e mezzo, e i medici non capivano cosa le stava succedesse. Piangeva. Finché tutto apparve chiaro: l’avevano violentata, quelli del clan rivale. Aveva due anni e mezzo, e i medici non capivano perchè.

Un mattino si svegliò e incontrò il Silenzio. Era sceso sul mondo come uno strato di neve, e come uno strato di neve aveva ricoperto il vivente e l’immobile. Si era inghiottito i suoni lasciando solamente la percezione della loro esistenza, un atavico riflesso di comunicazioni già fallaci. Padre Silenzio poteva uccidere gli uomini, era sicuro. Poi, come uno strato di neve, tutto si sciolse.

L’ultimo dei Visionari


08 Lug

Il capitolo primo è un balcone di Kaunas, un appartamento ai limiti dell’assurdo dove in una notte di vodka e primavera nordica qualcuno mi parlò di lui, di questo figlio d’immigranti lituani rettore dell’Università di Bogotà che mostrando le chiappe a una contestazione aveva zittito la platea e shoccato la Colombia conservadora.

Nel capitolo secondo, sui legno di un bizzarro ufficio colombiano, si apre la porta ed indiscutibilmente entra un lituano. I modi lenti, la parlata calma, gli occhi azzurri su fisionomia baltica anticipano le referenze di curriculum, che parla di un rettore celebre per aver cambiato, da sindaco, il volto di una delle metropoli più difficili del mondo. Antanas Mockus Sveikas, al tempo rettore della Nacional de Bogotà, iniziò la sua carriera politica mostrando le chiappe a una platea contestatrice: “E’ pedagogia. Inutile la violenza, inutili le punizioni, tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”, esordisce. Sono poi seguite geniali stravaganze e un matrimonio su un elefante, fino al naturale sfocio in una corrente filosofica a tutt’oggi in crescita, conosciuta come il “Movimento dei Visionari”.

Il confronto argomentativo è interessante, per di più Mockus parla un lituano perfetto (Mockus…io no) e ancora ne sfoggia il tipico orgoglio: “Si può dire che nella storia ci siano stati solo due tentativi riusciti di Resistenza Civile Passiva, l’India di Gandhi e la Resistenza Anti-Sovietica Lituana”, sentenzia.
La sua parlata calma si arricchisce di una serie di citazioni lontane, gente come Roger Peterson e il suo “Resistence and Rebellion”, Jen Sharp e Thomas Shelling, Shlowsky e i Formalisti Russi, Dovstojewsky e Sastre e un codicillo della Costituzione Italiana. Ogni concetto innesca in lui un circuito formidabile, e di fronte a qualsiasi semplice domanda accende una catena di ragionamento inimmaginabile che attraversa qualsiasi campo della conoscenza umana per concludersi in una risposta altrettanto semplice. Semplice e geniale.

Due volte sindaco di Bogotà, spiega come abbia creato un magistrale esempio di Amministrazione Creativa ancora studiato da tanti politosociologi del mondo: “Insegnavamo senza punire. Se c’era scarsità d’acqua, non tagliavamo le razioni ma apparivamo in televisione in una doccia di 4 minuti per illustrare i possibili risparmi. Tutto si ottiene con Cultura Ciudadana”. Aspirante (per la seconda volta) alla Presidenza della Repubblica, Mockus ha in mente idee alternative per risolvere il problema dei sequestri: “Con 30 ragazzi in questo stesso ufficio stiamo organizzando esempi di un possibile dialogo con i capi guerriglieri. L’idea sarebbe raggiungere i vari Fronti delle FARC nella selva in una marcia che raccolga il pacifismo di Gandhi e la progressiva assimilazione di nuovi membri, lungo il cammino, di Mao”. Tutto senza spoliticizzato, sullo schema dell’esperienza bogotana, dove gli assessori e i consiglieri arrivavano in buona parte dalle cattedre accademiche e non dai partiti. “Abbiamo anche studiato un funerale virtuale, una sorta di “Istruzioni in Caso di Sequestro” che sarebbe interessante adottare per contrastare l’ultimo potere rimasto ai Narcotrafficanti, il sequestro appunto. E’ tempo di spiegare alle moglie e ai figli di un guerrigliero che la speranza di vita in questo paese è di 75 anni, e che accorpandosi in gruppi criminali si consegnano, in media, 30 anni della propria vita”.

Qua l’intervista completa (in spagnolo), qua foto nuove.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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