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Ruta bogotana


12 Giu

Venti menu’ variegati e distinti. Uno per ogni ora di viaggio, attraversando una Colombia che piano piano si raffredda, si bagna, si tinge di verde e poi di nero e poi di alba tropicale. Fotografie gia’ viste, passano le ore, un bambino di 8 anni mi offre un mandarino. E’ sporco, scazzato, ha la maglia al contrario. Parliamo di calcio e di cose, a Bogota’ lo aspetta la mamma.

Passano le ore e sembrano giorni. Si alternano i risvegli ed i libri. L’autobus adesso attraversa l’altipiano dei Tatra slovacchi, poi la Svizzera, poi un sogno che diventa realta’ e si chiama Tunja. Giace persa a 3000 metri d’altezza e c’e’ la nebbia e profuma a malinconia, qualcuno sentenzia che si tratta del luogo piu’ freddo di questo sorprendente paese. L’autobus produce Vallenato, l’mp3 e Manu Chao lo sovrastano e lo annullano.

Poi, arriva Bogota’, con le sue manie di grandezza da metropoli mondiale. Il traffico conduce in un’altra eternita’, ma l’incubo finisce in un appartamento di facce conosciute ed ignote. Si obbedisce tutti alla legge che vuole “gli amici degli amici tuoi amici”. I muri sono dipinti d’assurdo, sulla porta della cucina c’e’ una serie infinita di fototessere: i visitatori di quest’antro d’artisti nel corso degli anni. Appendo la mia ma non mi riconosco in quel tipo.

“Cosa ci fai qua nella pioggia?” “No niente. Vengo a conoscere Mockus”. “ah grandioso, grandioso Mockus, andiamo a bere qualcosa”. Dopo la pioggia e prima della birra saltano fuori facce d’amico.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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