Posts Tagged ‘nostalgia’

E Agora? Lembra-me


20 Apr

Amors de terra lonhdana
per vos totz lo cors mi dol…

Amor di terra lontana, tutto il mio corpo spasima per te.
Così parla il trovatore nell’antica lingua occitana, gli occhi puntati sulla lontana spiaggia di Tripoli.
“La patria non è quaggiù”, scrive sul suo taccuino, perché cos’altro è l’uomo sulla terra se non un proscritto nell’al di qua, che va cercando un suo luogo nell’altrove, di capanna in capanna, “un Altrove di cui nessuno ha detto mai né il luogo, né il tempo, né il nome”?

 

Nella grammatica di una lontananza costante, il tema della longinquità e dell’orizzonte lontano non sono meno fondamentali del mal del ritorno. È nell’assenza che l’esiliato si dispone e si adagia: la principessa lontana è bella solo da lontano. Purché non la si riveda domani! Rallentando questo ritorno e disperdendosi negli ostacoli lungo il cammino, l’esiliato, come Ulisse, crede di preservare il più a lungo possibile la preziosa immagine di una patria ideale. I teologi chiamavano languore l’attesa nostalgica della salvezza e lo stato di separazione da un lontano Dio.

 

Il languore riempie, tappezza la prosecuzione dell’intervallo temporale; esso è il pieno di questo vuoto e ne occupa tutti gli istanti. Eppure il languore è ben lungi dal ridursi alla noia amorfa: il languore è alimentato dalla speranza del ritorno; l’uomo che langue è un uomo che attende, spera, conta i giorni e i chilometri; il languido ha un bell’intristirsi nell’esilio, non per questo è meno teso verso l’avvenire. Il languore, come la saudade, è soprattutto passione.

 

Il nostalgico oscilla quindi fra i suoi due rimpianti: il rimpianto, di lontano, della patria perduta e il rimpianto, al ritorno, delle avventure mancate. Sa quel che vuole, il nostalgico? L’uno rimanda all’altro, e l’altro all’uno. “È per ritrovarti che parto”, dice in André Gide il Cadetto al Prodigo. Teso verso l’orizzonte chimerico, l’amante lontano pensa ancora all’albergo, all’albergo lontano, alberc de lonh, in cui troverà un riparo per la notte. È alla fine la partenza ad aver l’ultima parola? O è il ritorno? Noi rispondiamo: non c’è ultima parola, giacché ogni parola è, all’infinito, la penultima. Siccome andare e tornare sono in definitiva la stessa e medesima cosa, siccome andare è ritornare interminabilmente, non si darà mai in effetti un’ultima parola.

[liberamente tratto da Vladimir Jankélévitch].

Today is tomorrow?


08 Giu

Today is tomorrow?

Y qué serìa este pendiente que llevas al cuello?

El presente. Un presente que no termina nunca.

Un presente que no termina nunca, es la peor pesadilla que se haya oìdo nunca. Ahora entiendo porqué lo llevas al cuello. Asì tienes un lazo. Un lazo que te tiene amarrado a sì mismo. Menuda paradoja, matòt. Tu sì que estàs en una trampa.

No te creas tan seguro. A fin de cuentas, también tu seguridad puede ser un lazo que te tiene amarrado a sì misma.

Sì, tienes razon, matòt, pero un poco de seguridad, de vez en cuanto, no molesta. En cambio un presente que no termina nunca, creeme que no lo podrìa soportar.

Y porqué deberìas soportarlo? Tal vez sea suficiente vivirlo. Tu cargas con el peso antiguo del pasado mientras tus pies tiemblan en el humo blanco del futuro. No crees que serìa mejor un presente que no termina nunca? Asì todo sigue siendo. También lo que todavia queda por venir

No sé. Tu idea me suena a carpe diem. Y yo nunca confié en palabras en latìn, matòt. Si me quitas el olvido y la esperanza, me destruyes a la filosofia, y esto sì es un juguete que me divierte.

Pero entonces te pierdes lo mejor. Estamos buscando lo mismo, no te dàs cuenta? La bendita filosofía no es más que nostalgia, el deseo de sentirse en casa en cualquier sitio. No te parece maravilloso? Nostalgia y deseo. Presente permanente.

Esto suena bien. Es por esto que te lo llevas al cuello?

Es por esto. Piel de chivo sobre mi piel. Todavìa quedan las marcas de sus dedos, cuando lo moldeò mientras estaba caliente. El mismo deseo de aquel dìa en que la encontraré.

Y como podràs encontrar algo que ya tienes? Algo que ya, de alguna manera, perdiste?

Y como puedo tener algo que ya, de alguna manera, perdì?

A ver. Piel de chivo y marcas de sus huellas?

Nostalgia y deseo. Presente permanente.

Deserti affollati


04 Dic

Sulla finestra, angelica scrive “Ho nostalgia di qualcosa che non ho mai vissuto”. A Simone Marino, Francesca Ferrero e altri due piace questo elemento.

44°23′0″N 8°2′0″E


02 Set

Non esistono più geki, solo lucertole intorno a me. E minuscoli sono gli alberi, minuscoli e senza frutti, già non cadono più i mangos sulle teste della gente. E’ riapparso il vino, insieme all’olio e all’aceto, e con il mais non si fanno più arepas e fritongas ma pizza e pane. Il frigo è sempre pieno, il pavimento pulito e le magliette stirate.
Niente più salsa dalla radio, ed effettivamente è la musica tutta ad esser scomparsa dall’ambiente, lasciando quel fastidioso sibilo nelle orecchie tipico della quiete dopo la tempesta. Quotidiano il Papa ci dà la benedizione, e quando non è lui c’è quell’altro Illuminato dai capelli in lega polimerica a promettere falsi paradisi. Son lontane le magie nere e le superstizione criolle. Niente più guerrilla, niente più paramilitarismo. Il sole resiste fino a tardi e con calma torneranno anche le adorabili stagioni, qua nel Sud del Nord del mondo.
Lucide, splendenti e ingannevoli le macchine portano, al sabato sera, uomini giovani, lucidi, splendenti e ingannevoli nell’attacco a giovani donne lucide, splendenti e ingannevoli, in un vero e proprio confronto bellico che 2.000 anni di tradizione cattolica e benpensante hanno forgiato sulle rovine del reciproco piacere. Pare di essere circondati da maniaci sessuali e presunte frigide; il profumo della libertà è ancora forte sulle dita.
I bambini sono diventati vecchi, e quelli che ancora son bambini vengono incatenati a sterilizzatori di ciucci o scaldabiberon a reazione nucleare, togliendo insomma quel vecchio buon gusto della terra nella bocca che dà sapore all’infanzia e rende meno deficiente la popolazione del domani. Tra la polvere dei ricordi, piedi scalzi e campi da calcio improvvisati sempre pieni di cuccioli d’uomo in libertà tra cuccioli di cane e pappagalli colorati. In compenso però i professori continuano ad essere vecchi, a parte “quello giovane e bravo, avrà più o meno 50 anni”, e solamente Leuniju capirà se dico che continuo a sognare i giorni di Multimedia.
Gli “stranieri” si chiamano “immigrati” ed entrano in vila di notte per rubare telefoni e computer, rimanendo però impigliati in un Paese che ancora non riesce a diventare wireless.

Si alzino i calici, si sgozzi l’agnello, Baltic Caribbean Man è tornato nel “primo mondo”.

Black holes


10 Mag

Scendi per strada cercando la tua moltitudine giusta, in quella fiumana di genti diverse diverse da te. Dritto avanti a passo deciso verso la catastrofe. Hasta ahora todo va bien, hasta ahora todo va bien, hasta ahora todo va bien. Il contorno sonoro è insopportabile, respiri e urla di una città qualunque in un momento qualunque, adesso il contorno sonoro è inesistente o il filtro delle tue orecchie ha cancellato il mondo. Un mototaxi impazzito recita contromano il suo dribbling folle sul marciapiede.
Il fischio nelle orecchie lasciato dalla sua voce è forte, gli occhi bruciano e non è il sole dei caraibi, la pelle è gelata di sudore strano, decisamente fuori luogo sotto il sole dei caraibi. Disgraziate anime si riflettono nella miriade di specchi dispersi lungo la strada.
Dritto avanti a passo deciso verso il chissà, scrollando dalle spalle il peso di un anno e mezzo di vita, scrivendo la parola fine proprio lì dove non l’avresti aspettata mai, dopo mesi giorni e millenni di promesse e verità rinnegate nel fondo dell’etere, dopo fellings continuativi che superavano le montagne e asfaltavano gli oceani.
Il telefono squilla e l’istinto lo spegne, il mondo richiama a rumbe elettroniche che da questa sera segneranno l’inizio di nuovi capitoli, pagine bianche e vergini che con consenziente masochismo s’immolano alla consapevolezza di futuri dolori. Quattro operai affaccendati a lavare un semaforo, la città sprofonda nella sua propria vergogna e quelli si inutilizzano nel fondamentale atto di lavare un semaforo. Piovono dal cielo rimorsi di coscienza, effetti collaterali non del tutto previsti e tantomeno illegittimi. Piovono dal cielo e l’istinto li spegne.

Lì vicino, nella polvere dell’ombra sotto un mango, un cane schifoso si morde le costole e regala uno sguardo d’intesa alle bestie sue simili.

You could never be as good as she...

Blowing into the soul


23 Apr

segovia.jpgApro Skype e inizio a raccontarmela con Arno. Mi parla di Russia, si rimpiange la tabula piena di nullo Mongolo di un anno fa, mi racconta che quest’estate dopo esser tornato in Francia e prima di tornare a San Pietroburgo passerà un paio di mesi a lavorare ad Amburgo, e gli preme pianificare un incontro da qualche parte in Spagna o giú di lì, nel frattempo.

Inizio così a scambiare due parole con il brother d’america, disperso nei campi (da calcio) del Texas compie 18 anni si regala il sogno di un futuro a stelle e strisce. Mi racconta cose che già so e nel frattempo lo invidio, lo comprendo, gli auguro il meglio per la sua maggiore età che nel delirio americano non è maggiore età. Vorrei parlagli ancora ma mi scappa nel suo mondo di neogrande, the god-damned.

Passo le notti a parlare con Paolo, estasiato da quelle 12 ore di fuso perfetto che trasformano il canto dei miei grilli stanchi nel delirio del suo traffico a Honk Kong, e insieme ridiamo e insieme piangiamo su quanto è grande e bello e diverso e strano il mondo. Sono conversazioni che sanno al tempo stesso diSvyturys e d’oriente, nel sottofondo delle sue parole milioni di formichine da new-economy.

Dispersa nel nulla vaga Doriana, nella sua costante deriva su un piroscafo reale intorno a un continente irreale e sudamericano. Appare raramente e come appare scompare, ma nel frattempo ha lasciato uno schermo sullo schermo, uno squarcio devastante e aperto, e velocemente tutto si svuota e davanti agli occhi rimane la magia del Fu. Poi tutto si ricuce e appare Cesar da Madrid maledicendo tempi duri e votandosi propenso a un prossimo disordine universale.

Trovo nei pallini verdeskype tutta la Lituania, un paese e tre città che mi scrivono mi ricordano si informano e mi fanno viaggiare fin lassù, insieme a loro, come è giusto che fosse e come un giorno sarà ancora. Uomini donne ragazzi e ragazze che saranno come me per sempre, me li porterò dietro sottoforma di pallini verdeskype. Ragazzi, ragazze e certezze.

Non spezzo il filo che mai si ruppe con il mio pezzo di anima baltica disperso tra i castelli della Loira, parliamo di cose lontane che pure appaiono più vicine, e nitide, e fulgide nell’immaginario dell’un-l’altra lì a viverle. Affido all’etere il compito di trasportare passioni semplicemente accantonate. Nell’incanto dell’illusione, vivo profumi e sapori di labbra lontane.

Di tanto in quanto, ritornano così alla luce pezzi di notti vissute, angoli di Varsavia o di Riga o di Mosca che arricchiscono il tutto della loro indelebile presenza, pezzi di altri pezzi che si ricompongono in un ordine superiore da custodire gelosamente e sotto vuoto. Mancano però troppi tasselli, troppe facce vissute e adorate, frammenti di quella vita avanticristo che fu e che sembra inesorabilmente avviata verso la perdizione nell’immobile oblio del feudo natale.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


Ricerca personalizzata